La stella più inaspettata della guida Michelin

Ci sono diversi luoghi affascinanti che un visitatore di Singapore, l’ultima città stato al mondo, non può assolutamente fare a meno d’includere nel suo carnet: gli sfolgoranti orti botanici dei Gardens by the Bay, con i loro enormi alberi artificiali. Il tempio con la reliquia del dente di Buddha nel distretto di Chinatown, notevole esempio di architettura risalente all’epoca Tang. Il parco giochi degli Universal Studios sull’isola di Sentosa, con abbinato acquario dotato di oltre 100.000 animali marini provenienti da tutto il mondo. E il banco del “Pollo brasato alla soia nello stile di Hong Kong, riso e noodles” dello chef Chan Hon Meng, almeno secondo la prestigiosa guida Michelin, che l’anno scorso l’ha insignito, assieme ad un altra location gastronomica di strada, come luogo assolutamente degno di essere sperimentato almeno una volta nella vita. Ma persino rispetto al suo concorrente e co-premiato “Noodles con carne di maiale (da oltre 30 anni) su Hill Street” di Tai Hwa, questo hawker (ambulante) colpisce per la sua modestia, semplicità ed aspetto contestuale del tutto ordinario, qualità tradotte in un prezzo di ammissione che è semplicemente il più basso ad essere mai stato incluso tra i ristoranti degni di questo premio: esattamente un dollaro e cinquanta, praticamente un terzo di quanto costi un panino di McDonalds nella sua città. Detto questo, non c’è assolutamente nulla di comune nella sua sfolgorante attività commerciale. In grado di attirare, già la mattina presto, file di persone talmente lunghe da uscir fuori dall’hawker center in cui opera soltanto dal 2009, pur avendo oltre 35 anni di esperienza nel suo settore. Già soltanto l’insegna del Chinatown Complex, questo luogo gremito di gente in cui è possibile gustare cibi ai massimi livelli della categoria, era un’attrazione in grado di attrarre egualmente visitatori locali e provenienti da fuori. Da quando però gli ispettori, presumibilmente in borghese, dell’istituzione di valutazione dei ristoranti più famosa al mondo, si sono seduti ad uno di questi tavoli ed hanno deciso che meritava l’entry level della loro desiderabile ricompensa (considerate che persino i più importanti chef iniziano con una singola stella) la situazione è nei primi tempi letteralmente sfuggita di mano. Hawker Chan, come hanno iniziato a chiamarlo i suoi clienti più affezionati, aiutato unicamente dai suoi due impiegati, è arrivato a servire anche 180 polli in un giorno, lavorando 17 ore abbondanti e trovandosi costretto, all’ora di tornarsene a casa, a mandare via chi non è riuscito a servire. Finché lo scorso inverno, associandosi con la catena di franchising Hersing, non ha aperto un vero e proprio ristorante di appoggio, dotato anche di aria condizionata, ad affiancare la sua celebre bancarella. Gli estimatori di vecchia data del suo pollo, tuttavia, affermano che il gusto di quello preparato da lui personalmente sia tutta un’altra cosa.
E c’è un’ottima ragione per questo: persino brasare la carne è un’operazione che può nascondere trappole, o vie d’accesso segrete verso l’assoluta eccellenza procedurale. Anni, ed anni nell’uso dello stesso equipaggiamento, con persone che ormai seguono le tue istruzioni in maniera istintiva… Fuori dal Chinatown Complex campeggia una sagoma dell’attore Bruce Lee, che notoriamente disse: “Preferirei affrontare un nemico che conosce 10.000 calci diversi, piuttosto di uno che ha dato lo stesso calcio 10.000 volte” e questo è un motto che potrebbero facilmente adottare anche i proprietari di alcuni dei ristoranti più pregiati di tale zona. Le stelle Michelin, anche nella loro versione più esclusiva a gruppi di tre, sono notoriamente un premio per l’eccellenza gastronomica che non sempre si traduce nella facilità di apprezzamento da parte del pubblico. Essa è anzi un traguardo tra i più difficili, per istituzioni come i ristornati più blasonati che si preoccupano più che altro di servire “un certo tipo” di clientela. Eppure ci sono scuole di pensiero diverse, su quale debba essere il traguardo ultimo di un vero cuoco. Ed è indubbio che Hawker Chan, con il suo capolavoro ripetuto nel quotidiano, sia riuscito a rapire una considerevole percentuale della popolazione di Singapore…

Alla cerimonia di premiazione, l’entusiasmo dell’umile cuoco è stato sopratutto per “Aver contribuito in parte alla fama di Singapore, accrescendo la sua attrattiva come destinazione per gli amanti del buon cibo.” Una sorta di altruismo esteriore in grado di accrescere ulteriormente il suo karma positivo.

È un processo tutt’altro che insolito nel mondo gastronomico, di un sito che accede alla via della fama partendo dal basso, piuttosto che in forza della fama pregressa e i molti diplomi del suo gestore. Luoghi come il normale fast-food in stile americano nel quartiere delle ambasciate di Shiba, in Giappone che dopo essere stato famoso per anni in funzione della qualità dei suoi panini, è stato chiamato sul posto presso il country club dove Donald Trump stava giocando la sua storica partita a golf con il premier giapponese per servire il suo cibo ai presenti, comparendo istantaneamente sul radar degli esperti gastronomi di tutto il mondo. Vedere Hawker Chan al lavoro presso la sua bancarella, del resto, pare sia uno spettacolo che già merita la lunga attesa affinché giunga il proprio turno. Lui che taglia abilmente, e prepara all’immersione, l’ingrediente principe della sua cucina, prelevato esclusivamente presso fornitori di fiducia di vecchia data. Prima di aggiungere il ginger e le spezie, tra cui alcune segrete (“Potrei vendere la mia ricetta per svariati milioni di dollari singaporesi” sembra che abbia detto, in un raro sprazzo di autocelebrazione professionale) e passare all’impiego di una delle più impressionanti pentole per la brasatura. Riempita con litri e litri di salsa di soia, e coperta con un insolito marchingegno per assicurarsi che i polli si cuociano in perfetto stato di immersione. Dopo alcuni minuti, quindi, l’ex-volatile viene estratto perfettamente brunito e con una lucidità simile a quella dell’anatra laccata, pronto ad essere servito al branco di aficionados e foodies convinti dalle auree pagine della guida Michelin.
Perché mai, quindi, premiare il produttore di un cibo talmente semplice, per quanto ben eseguito, piuttosto che ristoranti dal ben più rinomato pedigree e lunghi anni di esperienza? (Tanto più che l’agognata stella, in linea di principio, viene concessa alla location e non a uno chef in particolare, benché poi sia lui a ritirarla) Ci sono diverse teorie, non tutte in grado di considerare il lato più positivo della questione. Si dice ad esempio che mentre nelle principali città turistiche d’Occidente si tenda a premiare l’eccellenza in quanto tale, vedi ad esempio luoghi come New York, dove molte stelle sono state assegnate a ristoranti giapponesi, in Asia gli ispettori della compagnia francese abbiano dato espressamente uno spazio maggiore al cibo locale, con l’apparente intenzione d’incrementare il turismo gastronomico in quanto tale. Una teoria per la quale sarebbe tuttavia difficile trovare conferma, soprattutto in una città già dotata di notevoli attrazioni, come è per l’appunto Singapore. Hawker Chan si è tra l’altro dimostrato molto intelligente, nel suo non montarsi affatto la testa, continuando a servire il pollo allo stesso prezzo presso la bancarella, nonostante i costi in aumento della materia prima, ed aumentarlo soltanto di un appena un dollaro nel nuovo ristorante, per coprire l’affitto e le spese superiori di gestione. A quanto pare, grazie alla collaborazione con Hersing nei prossimi anni dovrebbero aprire anche dei nuovi locali con il suo marchio in Tailandia, a Taiwan e persino in Australia. Trasformando il pollo brasato nello stile di Hong Kong in un vero e proprio fenomeno internazionale.

Il pollo brasato alla soia è uno dei piatti più facili da preparare nella cucina cinese, e forse proprio per questo adatto a mostrare la qualità degli ingredienti in gioco. Non per niente la maggior parte dei ristoranti a Tokyo, la città dell’Asia con il maggior numero di stelle Michelin, non fanno altre che “mettere il pesce sul riso”, come ama dire Jirō Ono, il più influente cuoco di sushi al mondo.

Detto questo, sarebbe un errore tralasciare il fascino innato di un hawker center, questo tipo di istituzione gastronomica nata attorno agli anni ’60 nelle principali megalopoli dell’Asia, come alternativa alle bancarelle disseminate per le strade della città, all’epoca in condizioni d’igiene e controllo tutt’altro che ineccepibili rispetto agli standard internazionali. Mentre oggi lo street food, in grado di costituire una delle correnti gastronomiche più apprezzate dai turisti, risponde a norme qualitative molto più elevante, essendo stato sdoganato anche attraverso i molti servizi di show televisivi come quelli di Anthony Bourdain o Andrew Zimmern (Orrori da gustare) per non parlare degli youtubers del calibro di Mark Wiens o Sonny Side.
Perché anche se in media una volta al mese può esserci spazio per un pasto straordinariamente complesso raffinato, per i rimanenti giorni tutto quello che occorre è cibo sostanzioso, piacevole, che possa effettivamente guadagnarsi la stella della soddisfazione, ancor prima di quella dell’eccellenza. Che poi se è davvero meritata, prima o poi arriverà. Con migliore soddisfazione di tutti, clienti inclusi.

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