Lo chiamavano puffin, il clown dei mari. Oppure “la” Pulcinella, per differenziarlo dal personaggio del carnevale. Forse per analogia con “la” papera, “la” berta… Ma a conti fatti, dal punto di vista aero/idrodinamico, si tratta di una creatura che ha più di qualche cosa a che fare con “il” pinguino. Da cui l’appellativo Fratercula, il piccolo frate (dal piumaggio nero). Fatta eccezione per il ventre bianco, il becco variopinto e le zampe arancioni. Un animale perfettamente in grado di destreggiarsi in aria, nonostante il corpo arrotondato dalla notevole profusione di piume, così come in acqua, una innata prerogativa della sua intera famiglia degli Auk (Alcidae in latino). Poiché essere carini non sottintende alcuna facilitazione nelle avversità del quotidiano, e direi che il suo stile di vita, tra tutti quelli degli uccelli dell’Oceano Atlantico, resta uno di quelli che richiede il maggior grado di coraggio. La sua varietà più famosa vive nei mari freddi, a settentrione d’Europa, sulla cima delle ripide scogliere di Scandinavia ed Islanda. Da dove si tuffa a capofitto, nella ricerca di piccoli pesci e cobepodi, che afferra in grande quantità grazie alla particolare conformazione del suo becco, per riportarli quindi immediatamente al suo singolo pulcino, nascosto in modo particolare nel mezzo di un prato. Giacché camminando, durante un soggiorno turistico tra tali lidi, può capitare di udirne il richiamo: come un lamento penetrante fra il nulla, il suono di un trapano alla potenza minima, che sembra provenire dritto da sotto i piedi. E nei fatti, è proprio così: poiché la piccola Pulcinella di 30-32 cm, al momento della deposizione del suo prezioso uovo, si è messa a scavare assieme al compagno per l’entità di un metro. Per far covare a turno ed in fine nascere il suo erede laggiù nel profondo, lontano dal Sole e dai predatori. Una strategia evolutiva, questa, piuttosto insolita per un volatile, ancor più nel caso in cui si tratti di un uccello marino. Che in effetti risulta essere ben poco conosciuta, nonostante il piccolo in questione compaia spesso come simbolo di luoghi quali la Groenlandia, le Isole Faroe, le Vestmannaeyjar e addirittura il Canada occidentale, dove talvolta si recano per svernare, su francobolli, guide turistiche e banconote. Il che probabilmente, non va molto bene all’uccello, che cerca soprattutto un’irraggiungibile tranquillità.
Lungi dall’essere una creatura rara e pregiata, il puffin esiste tutt’ora in oltre 10 milioni di esemplari, benché il mutamento climatico e la caccia eccessiva ne abbiano ridotto il numero di circa il 40-60% nel corso delle ultime quattro generazioni umane. Il suo problema principale è la temperatura del mare, che dovrebbe rimanere al di sotto di un certo valore affinché possa riuscire a cacciare: circa 10-15 gradi, oltre i quali le sue prede tipo si rafforzano, e diventano in grado di nuotare più velocemente di lui. A quel punto, tutto quello che gli resta da fare è migrare, oppure perire. Ma è comunque una triste scelta, questa, poiché l’uccello in questione è non soltanto monogamo, ma preferisce fare il nido sempre nello stesso luogo esattamente come la rondine, talvolta perché ciò gli permette di sfruttare un pertugio pre-esistente magari scavato da un piccolo mammifero come il coniglio. In ambienti in cui tale possibilità si presenta, è possibile incontrare delle vere e proprie colonie di questo uccello socievole, che preferisce vivere in gruppo e ricerca, più di ogni altra cosa, la vicinanza dei suoi simili. Esattamente come fanno i pappagalli. Probabilmente per un meccanismo evolutivo dell’immunità dello stormo, da predatori che includono non soltanto uccelli rapaci, ma anche grossi pesci e talvolta, persino le foche. Per quanto concerne invece le creature terrestri, generalmente il puffin è piuttosto al sicuro, a causa del posizionamento remoto dei suoi pochi, collaudati luoghi d’approdo. Soltanto una creatura, non sembra intenzionata a lasciargli condurre in pace la sua esistenza. Serve realmente che faccia il nome? Siamo noi, l’uomo. O per essere più specifici i nostri simili di talune terre, dove la carne del volatile in questione viene considerata una vera prelibatezza, e l’attività di cattura costituisce un’eredita tramandata dall’epoca dei più remoti antenati. In modo particolare nel territorio d’Islanda, dove la caccia è permessa ed attentamente regolamentata, preferibilmente da effettuare tramite l’impiego dello strumento di una rete da lacrosse sovradimensionata dal nome di fleyg, da manovrare attentamente presso l’estremità a strapiombo del faraglione. Tanto che nel 2008, in un famoso e criticato episodio del suo show, The “F” Word, il famoso cuoco inglese Gordon Ramsey cadde da un dirupo alto 25 metri delle isole Westman finendo in mare e rischiando di morire annegato. Tra la cruda soddisfazione degli animalisti, rabbiosi per l’aver mostrato anche la scena in cui veniva tirato il collo al grazioso volatile pronto per la padella.
Esistono nel mondo tre specie differenti e non estinte di Puffin, tra cui talvolta si fa figurare anche il quarto incomodo della berta minore atlantica (Puffinus puffinus) in realtà associata alla famiglia unicamente per il nome derivante dalla lingua anglo-normanna che faceva riferimento al suo aspetto gonfio e un po’ tozzo, caratteristico anche della pulcinella/pappagallo dei mari. Oltre alla Pulcinella atlantica (Fratercula arctica) abbiamo quindi quella “dal corno” (Fratercula corniculata) e la versione “dai ciuffi” (Fratercula cirrhata) entrambe sensibilmente più grandi e misuranti all’incirca 38 cm, con un’apertura alare di 60. Questi due uccelli, che vivono nella parte settentrionale dell’Oceano Pacifico ed hanno quindi un areale nettamente distinto, sono piuttosto diversi anche nelle abitudini riproduttive, che non prevedono una così stretta collaborazione tra maschio e femmina, benché venga comunque scavata una buca. Piuttosto che ricavarla nel mezzo di un prato, tuttavia, questi uccelli preferiscono farlo a strapiombo sul mare. In comune a tutte e tre le specie di puffin si trova la struttura in keratina della ramphotheca uno strato superiore e particolarmente variopinto del becco, che si stacca letteralmente nello stesso periodo in cui l’uccello effettua la muta, dopo il periodo degli accoppiamenti. Assumendo un aspetto complessivo che viene definito della fase d’eclissi, molto meno riconoscibile ed accattivante. Durante il quale, forse vedendolo da lontano, i turisti si sentiranno meno in colpa nell’assaggiarne le pregiate carni, normalmente servite in diverse preparazioni tradizionali dei suo luoghi natii.
La F. corniculata riconoscibile per la coppia di protrusioni carnose posizionate in prossimità degli occhi da cui deriva il suo nome, si trova diffusa in Siberia, Alaska e Columbia inglese, arrivando a spingersi durante l’inverno fino alla California e le coste settentrionali del Messico. La vista dei suoi stormi, impegnati nel caratteristico volo da 800 battiti al minuto, costituisce un gradito e spettacolari segno del passaggio delle stagioni. E benché ci sia qualche sovrapposizione dell’habitat con la F. cirrhata, quest’ultima vive tendenzialmente più ad oriente, presentando alcune comunità anche in prossimità del mare di Okhotsk e le isole Kurili, non disdegnando neppure un viaggetto in Giappone o due. Data la dimensione comparativamente maggiore, i puffin del Pacifico si nutrono quasi esclusivamente di pesci, che vanno a cacciare a distanza notevole dalla costa, superiore a quella dei gabbiani e gli altri uccelli marini del loro contesto abitativo.
La conservazione naturalistica del puffin è stata fatta oggetto, negli anni, di numerose emanazioni legali e contro-regolamenti. Tradizionalmente, questi uccelli venivano cacciati senza limiti nell’areale del Settentrione, finché non ci si rese conto che questo stava incidendo in modo sensibile sulla loro popolazione complessiva. Nel 2000, fu registrato che presso l’isola di Lundy (Regno Unito) si era passati da 3.500 coppie nel 1939 a sole 10. Principalmente per la diffusione dei topi comuni, che avevano preso l’abitudine di penetrare nelle buche per divorare i pulcini appena nati, temporaneamente lasciati incustoditi dai genitori. Nelle isole di May e Farne è stato invece stimato che la popolazione stia attualmente diminuendo ad una velocità di 10% l’anno, a causa di un aumento delle piogge che occasionalmente, affoga i piccoli nelle loro tane. In Islanda nel frattempo, dove la popolazione è la più nutrita al mondo, la caccia continua indisturbata: studi di settore sono serviti a dimostrarne la sostanziale sostenibilità, anche per i prossimi anni a venire. Nonostante questo, nel 2015 lo IUCN ha inserito la specie atlantica nell’indice di quelle considerate “vulnerabili” a causa del peso che il riscaldamento dei mari sta avendo sulla loro sopravvivenza futura.
Quasi da sempre il pappagallo, come uccello, è associato alla figura del pirata caraibico di alto grado, che si diceva lo portasse perennemente sulla sua spalla al fine d’intrattenere e far da simbolo alla ciurma di segnati veterani. È in effetti probabile che il tipico uccello parlante, vivendo su una di quelle navi, acquisisse ben presto un colorito e importante linguaggio. Mentre l’antico prototipo del predatore dei mari, il temuto vichingo dell’Alto Medioevo, la corrispondenza locale preferiva invece mangiarsela, trasformandola in energia per le sue prossime scorribande. Probabilmente questo diceva molto sulla valenza della sua spietata cultura. Evidenziando la differenza fondamentale tra chi vive in acque tiepide, e il raggelante mare del vasto Nord.