Il mago delle armi giocattolo costruite in casa

Coat Hanger Gun

“Si lo so, starò attento ai sovietici. L’ho vista anch’io, l’altro giorno, la tv!” Giunto all’uscio di casa, il piccolo soldato Johnny scrutò sapientemente l’orizzonte, prima di fare un passo fra la luce di un tiepido mattino di aprile. Ancora una volta era domenica, e questo poteva significare solamente una cosa: tempo di far la guerra. Naturalmente, dopo la sesta battaglia del quartiere Five Points, la stesura di un piano non era più davvero necessaria. La sua sapienza di un veterano di 13 anni, unita alla visione ripetuta di dozzine di film con Roy Rogers, Hopalong Cassidy e Davy Crockett, gli permetteva di non aveva il benché minimo dubbio sui luoghi in cui aspettarsi agguati, cecchini e il principale schieramento degli indiani, ovvero la squadra scolastica di pallavolo capeggiata dalla bionda guerrigliera della IV C. Inoltre, grazie all’arma segreta ricevuta in dono per il suo compleanno, almeno per quest’oggi non c’era il benché minimo dubbio: avrebbe vinto lui. Socchiudendo gli occhi per schermarsi dal sole, Johnny tirò fuori dallo zaino il plasticoso ma potente fucile che portava il suo stesso nome con la J, altresì talvolta definito in modo più anonimo come l’O.M.A. (One Man Army) della Deluxe Reading. Uno strumento bellico dal peso di quasi due Kg e lungo poco meno di un metro, dotato di sette terribili modalità di fuoco. Era dai tempi della crisi dei missili cubani, risalente a circa un paio d’anni prima, che mandavano a ripetizione la pubblicità in tv. Controllando che le diverse munizioni fossero facilmente raggiungibili dalla tasca frontale, laterale e interna del gilet, fece un sorriso furbo e prese ad avviarsi di buona lena verso il parco cittadino, dietro la scuola media dell’East High.
Il primo assalto non tardò ad arrivare. Mentre Johnny guardava a destra, poi a sinistra prima di attraversare la strada, come gli era stato inculcato faticosamente dai suoi genitori, udì il grido belluino che annunciava l’immancabile assalto del suo vecchio amico e commilitone Kevin Wilson, reduce dal 10 e lode al compito di matematica, premiato con l’acquisto dal “Piccolo fucile spaziale dell’astronauta” che come lui ripeteva ossessivamente dall’altra mattina: “Spara veramente, te lo giuro, spara veramente!” Prima ancora che l’amico potesse balzare fuori dall’aiuola, Johnny si era già voltato, aveva aperto il sostegno pieghevole dell’O.M.A. e si era gettato a terra, alla maniera di Clint Eastwood nel suo ultimo spettacolare film, Per un pugno di dollari. In quel solo fluido gesto, aveva estratto la granata ovoidale e l’aveva collegata all’asticella di lancio, mentre la potente molla raggiungeva in automatico la massima tensione. Kevin, alla sua rapida reazione e soprattutto comprendendo al volo l’amico stesse realmente tenendo in mano, esitò per un singolo momento. Più che sufficiente ad essere raggiunto in pieno petto dal proiettile, in un colpo che ben sapeva essere risolutivo. Le regole del gioco erano scritte nella convenzione: chi non aveva armi giocattolo, come naturalmente le compagne di classe, poteva limitarsi ad usare un vecchio modello, facendo BANG! Con la voce. Mentre un colpo diretto non avrebbe consentito la sopravvivenza.  Il bersaglio non sembrò, tuttavia, risentirne granché: “Ma…Ma… Quella…È…” Johnny sorrise. “…Te lo confermo. Che te ne pare?” Fantastico, rispose lui. Così alleatosi per la giornata, i due proseguirono verso il fronte di battaglia.
I cancelli del giardino si spalancarono come le fauci di un dinosauro giapponese, mentre un lieve vento iniziava a soffiare tra le fronde, silenziosi testimoni dell’evento. Il distante gorgogliare della fontana dedicata ad Alan Shepard, primo astronauta e nuovo eroe americano, non poteva che coprire totalmente i passi del nemico. Tuttavia, ancora una volta, Johnny sfoderò il suo rinomato sesto senso. “Kevin, smetti di gongolare e corri verso a ore 15, mettiti dietro quell’albero. Kevin! Hai capìto? Si. Perfetto. Io le aspetterò qui.” Erano in quattro, dai lunghi capelli per lo più bombati, in un solo caso raccolti in una coda di cavallo. Le larghe gonne alle ginocchia decorate con graziosi fiorellini assumevano l’aspetto di mimetiche militari, mentre l’odiata Susan, vincitrice del trofeo scolastico, sollevava il bastone nodoso che aveva avuto lo spudorato coraggio di chiamare Il suo mitragliatore. “Ah, dannazione!” Mormorò tra se e se il soldato Johnny: “Io non le capisco proprio, le ragazze.”

OTA gun
Strani giochi per una strana epoca. Sarebbe davvero possibile vendere, ai nostri giorni, un simile concentrato di aggressività pseudo-militare?

Ora, come sapeva fin troppo bene qualsiasi bambino dell’epoca, il Johnny Seven O.M.A. è un’arma versatile dai molti calibri a disposizione. Oltre al lanciagranate a parabola posto sulla parte superiore, dispone di una molla per il pesante razzo anticarro rosso, posizionato a lato della canna principale, doverosamente affiancato da un lanciatore per ulteriori due munizioni: il SABOT anti-carro e la granata distruggi-bunker. Inoltre, il suo meccanismo principale ad aria compressa con tanto di caricatore da 12 proiettili era in grado di funzionare sia dal corpo principale dell’arma che senza l’apparato più pesante, in una configurazione che all’epoca veniva definita per antonomasia, per analogia coi sempre popolari film sui gangster degli anni ’30, modalità Tommy Gun. Nel bel mezzo della battaglia, inoltre, detto meccanismo era staccabile anche dal resto del fucile, diventando parte di una maneggevole pistola, facile da nascondere ed usare in caso di necessità.
Quindi, Johnny sapeva di essere in vantaggio. Dopo un primo periodo, in cui le ragazze pretendevano di vincere senza seguire il codice non scritto della guerra-per-gioco, lui, Kevin e il resto del gruppo le avevano convinte alla firma di un preciso trattato, che le costringeva ogni qualvolta venissero colpite, a capitolare. Con sguardo critico, valutò il nemico: Rachel e Kimberly, le sorelle Turner, erano relativamente bene armate, con un paio di pistole da cowboy probabilmente sottratte al fratello maggiore, ormai al terzo anno di liceo. Probabilmente, scariche. La scandalosamente pacifica Melanie, come al solito, sembrava essere lì per caso, e la sua “pistola” ad un’analisi più approfondita, si rivelò essere un semplice bambola piegata ad L, con le gambe rivolte in avanti. Non c’era nulla da temere, lì. Per quanto riguardava Shirley la pallavolista, invece, la situazione armi appariva decisamente poco chiara. Dalla posizione in cui si trovava, Johnny riusciva a scorgere soltanto la cinghia di supporto di un qualcosa…Di strano. Scrutando nervosamente alle sue spalle, vide che Kevin era pronto ad intervenire. Quindi, fece un passo avanti, pronto a prendere la parola. “Quest’oggi…” Ma gli mancò il tempo. Il grido di un corvo, il suono di un autocarro distante. In poco meno di tre secondi, tre delle avversarie si erano già sparpagliate, lasciandolo dinnanzi ai piedi della bambola di Melanie, pericolosamente puntati al suo indirizzo. Ora, le regole prevedevano che se lei avesse esclamato BANG! Per tre volte, la battaglia sarebbe finita prima ancora di iniziare. Così Johnny decise di impiegare subito una delle sue munizioni migliori, che con un tonfo sordo impattò sulla spalla sinistra della bambina. La quale, tutt’altro che impressionata, iniziò a pronunciare la fatidica parola “B…A…N…” Un secondo colpo di granata, in grado di raggiungerla sulla cima dell’adorabile testolina, bastò a farla tacere. Per un attimo sembrò che stesse per mettersi a piangere, poi guardò la bambola e sorrise. “Sei fuori!” Gridò Johnny. La battaglia, tuttavia, era ormai entrata nel vivo.
Si udì un grido alle sue spalle, seguito: “D’accordo, mi arrendo!” Una delle Turner si trovava da una parte, apparentemente messa fuori gioco dal dardo in gommapiuma gialla del fucile di Kevin. Mentre l’altra l’aveva raggiunto alle spalle e lo teneva in scacco, con la canna metallica del suo revolver dolorosamente premuta sull’orecchio sinistro. Spietatamente, quindi, quella fece fuoco: “BANG! BANG!” Dannazione! Tempo di intervenire. “Ma ancora non vedo Shirley…” Pensò l’ultimo superstite dello schieramento maschile. Smontato il ponderoso O.M.A, lo impugnò al fianco e prese a muoversi, veloce. Gettandosi dietro una siepe, mirò attentamente, quindi fece fuoco verso la schiena della ragazzina. Kimberly si voltò, rabbiosa: “Mi hai fatto male, idiota!”

Paper M4
CrazyPT, autore di YouTube che si dichiara unicamente come proveniente dall’Inghilterra, nonostante l’accento straniero, costruisce magnifiche armi sparaelastici o sparapallini utilizzando carta arrotolata e cannucce oppure, come nel caso più recente, stampelle segate ed incollate assieme a bastoncini di gelato. Ma il suo canale è pieno di altre fantastici implementi bellico/giocosi fatti a mano, come spade, coltelli, granate…

E la questione parve per un attimo, finire lì. Con la “coraggiosa” Shirley che si era volatilizzata, forse alla ricerca di un divertimento più adatto ai suoi gusti, mentre il predominio delle armi ritornava nella metà giusta del cielo! Ah, che soddisfazione! Maschi, alla vittoria! Se non che: “Voltati, Johhny, molto lentamente. Getta a terra l’arma e voltati.” Considerando le diverse opzioni a disposizione, Johnny fece dei rapidi calcoli mentali. Lei si trova almeno a quattro metri di distanza. Ho ancora un tre colpi in canna…Prima che riesca a pronunciare la seconda sillaba della parola BANG! L’avrò già sforacchiata per benino. Non è semplicemente POSSIBILE, che le abbiano comprato un fucile. Rilassandosi per apparire sconfitto, ricontrollò le munizioni. Quindi voltandosi, esclamò: “Ho vint..” SPLAT– il tempo sembrò fermarsi. Una poderosa schicchera, come un colpo dato con l’unghia del dito indice della mano sinistra, l’aveva raggiunto in pieno volto, in prossimità del labbro superiore. Un elastico rimbalzava, delicatamente nell’aria. Il colpo non faceva davvero male. Ma l’effetto sorpresa fu notevole, unito a un senso di sbigottimento pressoché assoluto: “Come…Come…” Iniziò a fare lui. Poi, lentamente, capì. Ciò che Shirley teneva in mano, chiaramente un fucile come quello usato dal suo eroe d’infanzia, il cowboy Red Ryder, non era un qualcosa di effettivamente, acquistato. Bensì un semplice pezzo di legno, sopra il quale era stata applicata…Una molletta. Che in qualche maniera, agiva da grilletto. L’ingegno sopra le finanze di una paghetta esagerata? La capacità creativa prima della forza della convezione pubblicitaria? Possibile che una ragazza, quindi naturalmente disinteressata al mondo delle armi, l’avesse SCONFITTO al suo stesso gioco? Questo ed altro, pensò per un attimo fatidico e rivelatorio, il piccolo soldato Johnny. Quindi l’attimo passò e declamò con tono stentoreo: “WAAAH! TUUU. HAI. BARATO!”

Paper Gun
Il sistema del carrello di questa classe di realizzazioni è particolarmente interessante. C’è un’asticella portata avanti da un elastico, che viene agganciata in posizione di tiro al corpo dell’impugnatura. Quindi, la pressione di un vero e proprio grilletto basta a liberarne l’energia potenziale, scaraventando i pallini a una distanza ragguardevole.

Eppure, questo esiste. Perché spendere dozzine o centinaia di dollari, ore o minuti a tentare di convincere i propri genitori, quando è possibile industriarsi in un qualcosa di autoprodotto, così esteticamente funzionale e al tempo stesso incredibilmente soddisfacente. YouTube costituisce la residenza di milioni di tutorial, improntati alla costruzione degli oggetti più diversi. E tra questi, neanche a dirlo, ci sono anche le armi giocattolo di qualità. L’autore qui mostrato in particolare, il geniale giovane di apparente provenienza portoghese che ama farsi chiamare CrazyPT, ha la capacità di crearle a partire sostanzialmente a partire dai princìpi primi, ovvero semplice carta arrotolata, colla a caldo e qualche centimetro di scotch. Gli oggetti risultanti colpiscono per la loro funzionalità e semplicità, soprattutto dal punto di vista di chi abbia mai provato a costruire cose simili, in un distante pomeriggio primaverile della propria gioventù. Finché non sopraggiunga la maturità, sostituendo l’innocenza con un giusto senso di timore, o qualche volta un reverente feticismo per l’idea. Che un semplice oggetto, reale o fasullo, possa essere usato per recare offesa fisica a una persona, qualche volta ucciderla, sia pure, per gioco! Difficile capire se sia ancora giusto, al giorno d’oggi, far divertire i bambini con le armi da fuoco giocattolo, visto come i media moderni siano fin troppo disposti a mostrargli ciò che potrebbero realmente fare simili implementi. Perché i cowboy delle vecchie serie Tv e i protagonisti dei cartoon non sparavano mai con l’intento di uccidere, e alla fine il bene vinceva sempre. Mentre oggi…
Ma chi ha detto che si debba per forza, cambiare? Si cresce come collettività, mentre il divertimento soggettivo resta uguale. Sparare, che bello! Solo, ecco, non mettetevi a farlo dentro un’aula di scuola. I professori non apprezzano sinceramente un tale tipo d’inventiva. E qui parlo per assoluta esperienza personale.

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