A nascoste arachidi, sapienti marchingegni: un epico passaggio per disseppellire il domani

Il mostro meccanico avanza senza remore nel campo del colore smeraldino di un tramonto visto tramite la lente dell’atmosfera venusiana. Ruote imponenti che trascinano lo sferragliante rimorchio, costituito in egual misura da ricurve protrusioni ed ingranaggi roteanti, all’interno di spazi chiaramente definiti dalle paratie metalliche che proteggono l’ombra del suo passaggio incessante. E dove questo passa, solchi nascono dal suolo, molto più ampi di qualsiasi campo usato per la coltivazione di un differente raccolto. Ai lati dei quali, le copiose moltitudini, cumuli d’oggetti oblunghi dal profumo che pervade totalmente l’aria tersa di un silente mattino…
Nocciole o noccioline, parole simili per indicare frutti della terra il cui utilizzo può essere configurato in circostanze simili dell’industria gastronomica contemporanea. Entrambe frutta “secca” ma con genesi radicalmente differenti, giacché la prima cresce sopra gli alberi mentre la seconda, originaria del contesto sudamericano, si configura come un basso vegetale cespuglioso, la cui caratteristica di maggior spicco è un comportamento simile al proverbiale struzzo che nasconde la sua testa nei momenti d’introspezione. Ogni volta in cui l’arachide, detta per l’appunto “ipogea”, raggiunge la maturità, fiorisce e quindi getta i suoi peduncoli del tutto perpendicolari verso il suolo friabile del campo di appartenenza. Perforando verso l’area sottostante per poi giungere in maniera prevedibile a dar forma al suo ambizioso lomento. Geocarpia, in una singola parola, per proteggersi dalla voracità di erbivori e la grande fame degli artropodi (per non parlare dei molluschi di terra) ed un effetto… Meramente collaterale, nei confronti degli agricoltori che perseguono la commercializzazione seriale. Vedi la maniera in cui, fino alla fine del XIX secolo, l’ambìto prodotto sotterraneo del nuovo mondo comportava il faticoso impiego di affilate vanghe da conficcare con impostazione obliqua nei campi, al fine di tagliare al tempo stesso terra ed il fittone di radicamento del più ampio quantitativo di piante. Per poi procedere nel modo lungamente collaudato nel ribaltare uno ad uno i vegetali recisi, affinché il calore diurno si occupasse di seccarne la parte maggiormente desiderabile e preziosa. Un’arachide umida costituisce, d’altronde, un supporto fertile per muffa velenosa e il fungo Aspergillus flavus, la cui ingestione è stata collegata negli studi di laboratorio con l’insorgere di varie tipologie di cancro. Apparirà evidente a questo punto che siamo al cospetto di una serie di gestualità ripetitive, la cui automazione potenziale iniziò ad essere individuata come un margine importante di miglioramento fin dalla fine dell’Ottocento. Quando i primi vomeri trainati da cavalli, adeguatamente modificati, iniziarono a tirare fuori in modo sistematico quei frutti, senza tuttavia riuscire a scuoterli, per separarli dalla terra. Ci volle dunque ancora qualche decade, perché le cose cominciassero a cambiare in modo realmente significativo…

La meccanizzazione del raccolto delle arachidi, così come l’impiego di quest’ultime all’interno di un ampio e diversificato ambito gastronomico di riferimento, vede generalmente la citazione della figura epocale di George Washington Carver, l’agronomo afroamericano, nato schiavo nel Missouri del 1864 ed adottato l’anno successivo dal suo padrone, causa il concludersi proficuo del sanguinoso quanto inevitabile conflitto civile statunitense. Iniziando un’esperienza di vita, fortemente segnata dalla fede religiosa, che l’avrebbe portato a muoversi attraverso lo stato, quindi il paese nella ricerca d’istituzioni scolastiche disposte ad accettare la sua etnia, fino al tentativo di conseguire una laurea presso l’Università di Highland in Kansas, che tuttavia lo rifiutò portandolo a continuare i propri esperimenti in autonomia. E fu così che coltivando un campo autogestito di 17 acri, egli elaborò una serie di metodi impostati con la chiarezza della scienza procedurale, che poi avrebbe insegnato agli agricoltori in tour itineranti ed attraverso la pubblicazione di un prontuario di norme chiaramente delineate. Famoso in modo particolare per il proprio pragmatismo sociale (“Se il lavoratore dev’essere tenuto all’interno di un buco, questo significa che il sorvegliante deve risedere anche lui là dentro. Ed a chi andrebbe il beneficio di questo?”) la sua figura è anche associata all’ampia diffusione del burro di noccioline, già noto nell’America precolombiana ma che non aveva avuto precedentemente una comparabile diffusione ad ogni strato spalmabile della società dei moderni. Una spinta in grado di portare, in quegli anni successivi alla Rivoluzione Industriale, verso l’adozione su larga scala di apparati trainati da trattori a vapore e poi benzina, capaci di sollevare, scuotere e pulire le arachidi direttamente sul campo di lavoro, lasciando poi che fosse un altro tipo di macchina ad occuparsi della loro raccolta. L’ulteriore crescita dell’industria meccanizzata a cavallo delle due guerre mondiali, ma soprattutto dagli anni ’50 in poi, avrebbe conseguentemente visto l’introduzione di marchi e modelli che continuano ad essere impiegati tutt’ora, con aziende come la Amandas Industries e la Kelley Manifacturing Co.
Il tipico estrattore-ribaltatore di arachidi, potenzialmente integrato in un ancor più complesso e compatto combine trae dunque beneficio da una serie di meccanismi capaci di cooperare nella realizzazione dell’obiettivo chiaramente determinato. A partire dalla lama tagliente regolabile, che colpisce esattamente alla profondità desiderata, mentre il sollevatore di vegetazione si occupa di trasportare le piante recise fino all’opportuno setaccio di scuotimento. Là dove , nel giro di pochi attimi, essa verrà separata dalla terra intrappolata tra i rami ed i baccelli dissepolti, affinché la raccolta possa proseguire verso due sentieri paralleli possibili: l’essiccatura tradizionale al sole in attesa del successivo passaggio di raccolta, piuttosto che il trasferimento lungo un apposito nastro trasportatore e conseguente inserimento nella filiera artificiale di essiccatura a stretto giro nell’opificio appositamente adibito a tal fine. Passaggio intermedio come dicevamo necessario, prima che il prezioso ingrediente possa essere instradato nel preciso ambito della propria commercializzazione finale.

L’osservazione dei macchinari agricoli all’opera è un’attività che suscita un senso di soddisfazione primordiale, poiché mette in prospettiva le convenienti conseguenze del Progresso nei confronti del miglioramento delle condizioni stesse del quotidiano. Un frutto a suo modo deiscente, come l’arachide, nella misura in cui riesce a frammentarsi verso moltitudini di conseguenze operative, tutte parimenti conduttive nei confronti della suddivisione fondamentale. Tra ciò che diamo per scontato e tutto quello che invece ha saputo diventare, con l’incedere dei secoli, niente meno che indispensabile dal punto di vista della soggettiva percezione umana. Ancorché le priorità, come spesso avviene, siano per lo più condizionate dai confini culturali vigenti. A chi la Nutella, in altri termini, ed a chi il Jif. Alla base di ogni cosa commestibile che nasca dalla terra stessa, d’altra parte, resterà sempre il trattore. Come potrebbe essere altrimenti?

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