Chiunque abbia frequentato per un tempo sufficientemente lungo certi distretti di Internet avrà familiarità intrinseca con la coscienza videografica, pulsione collettiva che allontana l’istintiva percezione del pericolo ogni qual volta si stringe saldamente in mano il cellulare, puntando l’obiettivo della videocamera verso qualcosa di unico, meraviglioso e dunque memorabile per chiunque potrà osservarlo in differita, sui social o altrove. È il segreto pretesto dietro al tipico comportamento di coloro che scavalcano i parapetti del Grand Canyon, o si sdraiano agli estremi margini della Trolltunga, pietra norvegese in bilico sopra l’ondoso abisso del fiordo antistante. Eppure esistono dei luoghi, presso alcuni dei siti turistici potenzialmente più pericolosi al mondo, dove simili comportamenti vengono sapientemente veicolati. Tramite l’installazione d’infrastrutture che paiono soltanto all’ultimo stadio di precarietà evidente; ma costituiscono, in ogni loro singola parte, l’espressione di uno studio ingegneristico davvero approfondito. Offrendo il massimo della sicurezza possibile, considerato un contesto come il colossale ferro di cavallo scrosciante di Iguazu, al confine esatto tra Brasile e Argentina. Per coloro che, atterrati al vicino aeroporto eponimo e saliti sopra il treno dei visitatori che accompagna le persone all’ottava cascata del mondo per flusso idrico complessivo (e certamente una delle più spettacolari, assieme a Niagara e Victoria) ogni predisposizione all’effettivo sdegno del pericolo parrebbe allora realizzarsi, nel momento in cui mettono il primo piede sul cosiddetto Circuito Superiore, una rete d’interconnesse passerelle, costruite primariamente sul lato di Buenos Aires, capaci di condurli a pochissima distanza da un balzo di 40 metri giù nel colossale inferno bianco di schizzi e gorghi fluviali. E fin qui nulla di strano, finché non si guarda verso il basso per prendere atto del flusso medio di 1746 metri cubi al secondo, che in determinati momenti parrebbe concentrato concentrato in buona parte contro quei piloni ben piantati nel suolo basaltico sottostante. Soprattutto quando nel periodo della stagione delle piogge, il livello delle acque s’innalza ulteriormente, evocando l’immagine esecrabile degli abitanti di un centro abitato, che si affollano per raggiungere attraverso un battistrada instabile l’altro lato di un precario attraversamento prossimo alla chiusura. Nulla di più diverso potrebbe d’altronde costituire la realtà, vista la lunga storia ed i trascorsi di acclarata sicurezza degli stretti corridoi, esistenti ormai in diverse iterazioni da un periodo di quasi cent’anni a questa parte…
cascate
L’oscuro dedalo della città di Minneapolis e il rischio che costituisce per i suoi abitanti
Due città gemelle lungo il corso del Mississippi. Il suono dei secoli riecheggia sotto il guscio urbano, quello strato d’asfalto eccessivamente sottile. Ma non sono catacombe o fognature, tunnel dei contrabbandieri, scantinati a sostenere l’ombra inversa della megalopoli del Minnesota, circa tre milioni di persone raggruppate in senso amministrativo nei centri abitati Minneapolis e St. Paul. Bensì un grande vuoto che ha creato la natura, al termine dell’ultima glaciazione, quando i ghiacci quasi-eterni sono stati liquefatti dalle mutazioni della temperatura terrestre. Lasciando spazi cavi nella pietra d’arenaria americani, lungamente inesplorati da anima viva. Finché millenni a questa parte, gli antenati dei gruppi tribali degli Ojibwe e Dakota non si stabilirono al di sopra di essi. Associandoli al regno del sovrannaturale, poiché se un segreto risiedeva in tale labirinto, esso non poteva che essere appannaggio del divino. Giunti presso tali lidi quindi gli Europei gettarono le fondamenta di una nuova e inconsapevole realtà. Mentre il sottosuolo, gradualmente, finiva per essere dimenticato. Tranne per qualcuno che, persino oggi, corre il rischio necessario per scoprire sopite verità. Ed il risveglio ancora possibile, di un grande male.
La caverna di Satana, come viene chiamata dai locali, è un pertugio con l’ingresso situato presso l’isola di Nicollet, terra emersa circondata dai palazzi in mezzo al fiume nordamericano più famoso, concettualmente non così diversa dalla nostra isola Tiberina. Un lungo tunnel riscoperto ufficialmente nel 1989, quando un gruppo di coraggiosi esploratori, sollevando il tombino in un giardino privato, si inoltrato con la schiena curva per molte centinaia di metri, fino alla camera segreta dove qualcuno, in passato, aveva scolpito dozzine di volte il volto del malefico Avversario e ribelle dei Cieli. Forse per goliardia, magari per fede, quando ancora la pressione negativa dei tubi fognari adiacenti risultava sufficiente a mantenere le acque nere lontane da quel mondo sotterraneo, oggigiorno fetido al pari dell’Inferno che avrebbe dovuto idealmente rappresentare. Nulla più che un misero antefatto, dinnanzi a ciò che il più famoso membro della spedizione, l’idrogeologo del Servizio Parchi Greg Brick, avrebbe considerato per gli 11 anni successivi la missione più importante della sua carriera: ritrovare la quasi-leggendaria fonte della piccola cascata di Minnehaha, una risorsa potenzialmente utile, indubbiamente affascinante, di cui aveva parlato un articolo di giornale risalente al 1931, ponendola in fondo a quella che all’epoca veniva definita la Farmers & Mechanics Bank Cave, uno spazio sotterraneo “con la forma di una ciotola invertita” successivamente mai più discusso, poiché le autorità temevano che tra gli abitanti, sapendo quanto fosse vuoto il suolo sotto le proprie dimore, potesse diffondersi un senso di disagio o persistente terrore. Per non parlare del rischio, sempre presente, che giovani scapestrati perdessero la vita, nel tentativo di destare gli antichi segreti…
Magica Detian, mistica Ban Gioc: la spettacolare convergenza delle acque sul confine Vietnamita
Invero il paesaggio non possiede alcun concetto della propria bellezza. Neppure una traccia della consapevolezza che caratterizza i membri di categorie viventi. Esso abita e sussiste le sue circostanze, come mera conseguenza dei fattori ambientali di sviluppo, erosione e incontro geologico tra i flussi convergenti della materia. Solidi, gassosi e… Scorrevoli. Scroscianti! Come il suo che riecheggia tra le valli verdi situate a 270 Km a nord di Hanoi, la capitale. E ad un lancio di frisbee dal punto fatidico in cui ogni cosa cambia, pur restando essenzialmente la stessa. Là dove le mappe cessano di dire “Paese del Meridione” sostituendolo con “Terra di Mezzo”, uno dei territori nazionali più vasti e potenti al mondo. I cui confini, fin dall’epoca della Grande Muraglia, non permettono di transitarvi facilmente all’interno. Ma alle acque non importa tutto questo; esse transitano, con assoluta e preponderante indifferenza, là dove le pieghe del terreno tendono ad indirizzarle. Oltre il paesaggio carsico e dentro un vasto bacino. Quello degno di accogliere, in parole povere, la quarta cascata transnazionale al mondo, dopo quelle d’Iguazu, Victoria e Niagara. Un flusso d’acqua pari a 55,20 metri al secondo, con una larghezza di 100 metri per un’altezza di 90. Benché sarebbe più corretta forse definirla un sistema. Essendo essa composta da due diramazioni distinte del fiume con origine nella regione del Guanxi, il rapido, ma non grandissimo Quay Son. Così da creare, differentemente dagli altri luoghi citati, due spettacoli dalla portata comparabile, ma dimensioni non identiche, da un lato all’altro della saliente demarcazione. Uno è quello della vasta e ponderosa cascata di Detian, così chiamata fin dai tempi dell’antica letteratura cinese. Coerentemente contrapposta alla sua “sorella” sensibilmente più minimalista, il grande balzo che i vietnamiti definiscono Ban Gioc. Due realtà distinte in grado di convergere nelle stagioni della pioggia eccezionalmente intensa, creando un fronte d’acqua indiviso che si estenderà per 208 metri. Facendo scomparire i versanti verdi dell’intero balzo, ricoperti di una significativa quantità di piante la cui resistenza alla possenza di quel flusso non può essere chiamata niente meno che leggendaria. Eppure non è solo nel sussistere di tali circostanze che la gente viene a visitare questo luogo, più volte incluso negli elenchi dei siti turistici e panoramici più belli di tutta l’Asia Orientale, ancorché non si conosca in modo particolare fuori dalla vastità geografica di quel continente. Forse a causa della grande attenzione riservata negli studi di cultura, storia e società di quei popoli, tendente a sovrascrivere una consapevolezza cognitiva globalizzata dei luoghi dove questi scelsero d’insediarsi. Parte di un ambiente, a conti fatti, non meno eccezionale o notevole di qualsiasi altro continente…
Lo spettro della sposa disegnato nello scroscio delle acque in Perù
L’immagine con cui comincia questa storia è assolutamente terribile: due giovani innamorati, in bilico su rocce umide e scoscese, aggrappati in modo instabile all’interno di una caverna. Sotto di loro, la furia rombante del fiume Pachachaca, destinato a diventare a valle il più vasto e placido Rio Tallambo. Come sono arrivati in questa situazione? Il padre di lei, potente nel piccolo villaggio lagunare di Huauco, li ha costretti a fuggire, dopo aver ordinato la cattura dello spasimante proveniente da Oxamarca. Forse appartenente a una famiglia rivale, magari poco raccomandabile per nascita o reputazione. Ma ora una vittima, assieme a lei, delle circostanze. Una sola persona potrà salvarli e quella persona, al momento, è in ritardo. “Sei sicura di aver lasciato il biglietto nella stalla? E che nessuno potrebbe averlo trovato e rimosso, o peggio, portato a tuo padre?” Dice lui, le dita doloranti infilate ormai da trenta minuti nelle fessure della roccia carsica resa sdrucciolevole dagli spruzzi della corrente. “Oh, non dirlo neanche! Quenti SARÀ qui con i cavalli. Gli ho raccontato tutto e lui già sapeva dei tuoi parenti a Vigaspampa. Avrà senz’altro capito il bisogno che abbiamo di allontanarci.” È una situazione piuttosto difficile, ma lei non disperava. Dopo tutto, gli appropriati sacrifici erano stati fatti alla Pachamama prima dell’alba, assicurando il sostegno della grande Madre Terra. E d’un tratto, il servo fedele oscura le stelle sull’imbocco della caverna: “Ecco, gli vado incontro.” Le garantisce; “Tu non muoverti per il momento, tornerò a prenderti.” La fiducia in un domani migliore a questo punto aumenta, mentre l’amore della sua vita si dirige in direzione della figura sul ciglio della cascata, volendo controllarne l’identità. Dieci, quindici minuti dopo, infreddolita e stanca, ancorai in attesa di una chiamata, lei decide di seguirlo. Lentamente, un piede alla volta, inizia a percepire la luce soffusa della luna di metà del mese. Ed in quel momento, lo vede: l’anziano, il gentile ed affidabile Quenti, la persona che conosceva fin dalla nascita ed aveva sempre avuto parole di gentilezza, riverso a terra vicino al baratro e con un’evidente ferita da zoccolo sulla testa. Che faticosamente si volta e la guarda con un’espressione… Sconvolta. Quindi un grave sospetto inizia a farsi strada nella sua mente. Il cavallo, dov’è il cavallo? Si sporge dalla rupe dove l’acqua compie il possente balzo, vede un’ombra indistinta ma non riesce a comprenderne pienamente l’identità. Non può semplicemente elaborare, con lo strumento dell’analisi, ciò che parrebbe essere capitato. Che l’uomo con cui aveva progettato un’intera vita assieme, per placare l’animale prossimo alla follia, aveva finito per venire spinto di sotto, seguito pochi secondi dopo dall’equino incapace di comprendere la precarietà del luogo. Cercando di smentire le indefinibili impressioni, si allunga ulteriormente verso il grande balzo. E sente la roccia, sotto di se, scricchiolare abbastanza forte sopra il rombo della cascata. Ormai è troppo tardi, per tornare indietro!
Nell’ultimo atto di una tragedia che potremmo definire a suo modo Shakespeariana (o quanto meno riconducibile al suo dramma, forse, più celebre di Romeo e Giulietta) gli abitanti del villaggio, al seguito di un crudele lord Capuleto di questa comunità degli altopiani raggiungono il ciglio delle colline di Cumullca. E con occhi increduli, scorgono un immagine del tutto priva di precedenti: guidata da una forza oscura ed inconoscibile, la maniera in cui la cascata ricade sembra aver assunto la forma di una donna in abito bianco. Capendo la portata e gravità del presagio, egli si getta in ginocchio presso le acque turbinanti del Pachachaca. E lascia che le sue lacrime si uniscano al grande flusso.