Non è un pipistrello, è Taro lo scoiattolo volante siberiano

Pteromys Volans

Soffice batuffolo biancastro con la striscia sulla schiena, gli occhi vasti e neri come biglie della notte. Tra i primi mammiferi che vissero l’estasi di camminare fino in fondo al ramo dell’albero, per fare quindi un altro passo e…Ritrovarsi in mezzo al nulla che precede l’attimo finale dell’apprendimento: cadi, cadi verso il suolo, oppure via, verso i remoti orizzonti della gloria. I roditori vivono ad un ritmo differente. Per molti ottimi motivi. La bocca spalancata di un serpente russo oppure gufo dei granai, la distante essenza di una fascinosa femmina sulla corteccia di altre circostanze, la fame delle ghiande sulla quercia più vicina. Il bisogno, insomma, di spostarsi senza perdere del tempo, cosa che immancabilmente può implicare un ottimo significato. Non è sufficiente un’ottima ragione, per volare! Però aiuta, soprattutto tutti quei piccoli roditori che non amano attardarsi sulle strade della vita, siano queste disegnate virtualmente su di un essenziale sottobosco, oppure vivide nella mente dell’esploratore, colui/lei che ragiona tanto spesso in termini di rotte, ma soltanto verso il desiderio. Corridoi del tutto affini a quelli di un velivolo di linea, sulla pista d’aeroporto, benché sia difficile giungere a definire la corrispondenza arborea del piccino in questione con il termine “decollo”. Ciascuna delle specie animali rientranti nella sotto-famiglia degli Sciurini e che sia in effetti anche dotata della tipica membrana del patagium, o paracadute naturale (ovvero non tutte) più che altro plana, verso l’obiettivo. Benché il più delle volte, osservandone un rappresentante da lontano, sia molto difficile rendersene conto, visto come uno di questi esseri possa facilmente raggiungere anche i 100 metri per un solo lungo balzo, con ratei del rapporto tra la conservazione della planata e la distanza percorsa anche al di sopra di un corposo 3.31. Ah, scoiattolo volante: tutti lo desiderano, vorrebbero poterlo amare, lievemente accarezzare. Soprattutto nel caso, particolarmente grazioso ed attraente, delle uniche due specie diffuse nel Vecchio Continente, gli appartententi alla famiglia degli Pteromys: splendido Volans ed ottimo Momonga.
Sono animali tanto simili tra loro che in effetti, almeno in un paese, vengono definiti collettivamente con lo stesso nome: scoiattoli di Ezo, ovvero di quelle terre innevate che vanno dall’Hokkaido giapponese fino alla media Siberia, antico punto d’incontro tra culture tanto differenti. E fa una certa impressione pensare a simili graziosi esserini così sperduti tra le nevi senza tempo, nascosti nel cavo di alberi semi-ghiacciati. Sono infatti abituati a climi così impervi e terre talmente remote, tali ispiratori di almeno un Pokémon o due, che la maggior parte delle persone li ha potuti conoscere soltanto all’interno di un luogo come questo: lo zoo per bambini di Maruyama, dove viene ospitata, ormai da anni, un’intera famigliola della genìa fluttuante, i cui membri più cresciuti sono assurti ormai da tempo al rango di celebrità. Il protagonista del video in questione, guarda caso, vanta un tipico nome da eroe da romanzo: quel Taro o Tarō che significa letteralmente “primo figlio” (della foresta? Del cielo e della terra?) Ma che può anche essere scritto, liberamente, con i caratteri usati per i termini: forte, coraggioso, infuso del principio ultimo della virilità (太郎) Melodioso e prolifico, armonioso (多朗) oppure alto (quanto) una cascata. Il che naturalmente, poco si addice a una creatura che misura appena una ventina di centimetri, dalla punta del suo naso fino alla sua folta, piumosa e lunga coda.

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Il problema del ponte Quasi galleggiante

Pontoon Bridge

Dire che guidare nel Circondario Autonomo di Jamalo-Nenec richiede coraggio è come affermare che il mare è umido, o il miele appiccicoso. Già si perpetra quotidianamente, per il tramite d’innumerevoli commenti ai video realizzati sul campo, lo stereotipo delle strade russe come luoghi d’incipiente perdizione, ove i cinghiali attraversano fuori dalle strisce, i carri armati non danno la precedenza, i meteoriti arrivano soltanto quando meno te lo aspetti. Aggiungi a tale serie di possibili disgrazie, tutt’altro che immateriali ed anzi riccamente documentate, la naturale inospitalità della Siberia, terra di gas e petrolio ma anche ghiacci eterni e nebbia semi-permanente per…Dare un significato nuovo alla condizione del mal d’auto! Indotta questa volta, oltre che dalla frequenza delle buche in strade troppo utilizzate, da quel sentimento incontrollabile che ha il nome di paura. Così capitava, nell’ormai distante 2013, che uno di cotanti eroi del quotidiano (abitanti di simili lidi preoccupanti) si avventurasse sul tragitto niente affatto insolito del ponte sopra il fiume di Nadym, presso l’omonima comunità di quasi 50.000 forti anime di latitudini remote. Stiamo parlando, d’altra parte, di un grande centro abitato fondato nel 1967, come ausilio e base di partenza verso tanti pozzi d’estrazione di risorse energetiche preziose. Costui naturalmente e per nostra estrema fortuna, disponeva della canonica telecamera da cruscotto, necessità acclarata di ogni automobilista che si trovi ad Est di Smolensk, tra le valli, i fiumi e le montagne del paese più vasto e misterioso al mondo. Perché ciò che gli stava per succedere era già destinato a trasformarsi in un grande successo internettiano, uno di quei video che trascendono il contesto nazionale diffondendosi grazie al sentito dire, fino a ricevere dei brevi articoli sui principali siti dei giornali. Riguardiamolo oggi: possibilmente senza trattenere il fiato.
Esistono tre modi per raggiungere la remota e relativamente popolosa cittadina di Nadym: utilizzando la notevole creazione ingegneristica della ferrovia di Salechard-Igarka, 1297 km di metallo assemblati assieme tra il 1949 ed il 1953 verso la Siberia settentrionale con un investimento di oltre 260 milioni di rubli ed il sudore sulla fronte dei 120.000 prigionieri di un gulag locale, felicemente reclutati a vantaggio dell’allora nascente industria d’estrazione e dei trasporti preter-contemporanei. Un impianto senza pari per collocamento e funzionalità, definito ancora e alquanto suggestivamente, e non è difficile capire la ragione, “Il binario della morte” o “Strada della perdizione”. In alternativa si può prendere la comoda via del cielo, direttamente dagli aeroporti moscoviti di Domodedovo e Vnukovo, fino ad uno scalo civile sito ad appena 5 km dalla metà, che non sarà un La Guardia di New York, ma presenta assai probabilmente un certo grado di praticità situazionale. O per lo meno, un impianto di riscaldamento funzionante durante una buona parte del tragitto. Entrambe scelte valide, queste, ma certamente non adatte a chi abita in Siberia tutto l’anno, e il cui l’essere pendolare non potrà prescindere dal mettersi al volante…

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