L’epica impresa della macchina del ghiaccio umana

Extreme Ice Cube Stunts

Ad Aprile, con il progressivo scaldarsi del clima italiano, tornano le rondini dai paesi più caldi dell’Africa equatoriale. Percorrendo all’incirca 10.000 chilometri, ciascun volatile ritrova il nido in cui era nato, per dare un suo personale seguito al patrimonio genetico della specie. La capacità di orientarsi è il bene più prezioso della rondine. Togli le piume all’uccello, scambia i tropici con il frigorifero e il nido con un bicchiere di Coca-Cola per ottenere Shane e Collin che preparano i drink per una festa con gli amici. 63 cubetti di ghiaccio in bilico, sospesi tra un capitombolo e il teatro di un fantastico accoppiamento; oggi, comunque vada, si farà la storia. È tutta una questione di reazioni a catena. Stiamo assistendo alla messa in opera di una complessa macchina di Rube Goldberg, l’invenzione che consiste nell’impiego dei fattori più disparati ed inutilmente scenografici al fine di ottenere un risultato piuttosto semplice. In questa qui però, l’abilità umana trova uno spazio molto più significativo della media. Alla fine, le leggi della fisica ti portano solo fino ad un certo punto: l’inerzia sussiste, la gravità attrae e l’applicazione di una forza crea un singolo vettore direzionale. Così, gli amici finiranno per morire di sete. Rinfrescare le bibite richiede sveltezza di mano, prontezza mentale e un alto grado di astuzia; soprattutto, ci vuole una preparazione estremamente accurata. I sessantuno boccali (ci sono due cubetti in più, dove siano finiti non ne ho idea) sono stati disposti ad arte lungo una serie di tavolate parallele e aspettano pazientemente, con il coronamento addizionale di vari tipi di oggetti. Alcuni sorreggono tubi di cartone, altri confezioni vuote dei panini del fast-food, nel caso più singolare c’è tutta una fila di pirotecnici bastoncini da gelato. E sopra a ciascuna di queste improvvisate basi di partenza, c’è il ghiaccio, l’agognata freschezza potenziale dei sublimi liquidi festaioli. Un colpetto lì, un preciso lancio da speciali scivoli costruiti in legno, due o tre pattini e una cannuccia roteante più tardi, l’impresa s’è compiuta. Resta solo da versare la Coca-Cola. Hai detto niente!

Ben poche aziende, nel mondo, hanno creato più pubblicità di successo dell’eterna Coca-Cola. Il colosso dei soft-drink, un marchio che ebbe origine nel 1886 come cura per il mal di testa, brevettata dal farmacista John Stith Pemberton, ha saputo fare del suo nome un’antonomasia stessa del concetto di bibita analcolica, anche grazie alla forma delle sue bottiglie tradizionali, rastremate e un po bombate, ma non tanto da risultare instabili su di un nastro trasportatore. Oggi, in uno sketch come questo, non ci sarebbe nemmeno bisogno di specificare il prodotto reclamizzato, per il semplice fatto che tutti lo riconoscerebbero immediatamente dall’aspetto dei bicchieri. Scegliendo di presentarsi con nome e cognome, in questa circostanza fondamentalmente priva di un messaggio propagandistico, la compagnia dimostra quindi, ancora una volta, l’interesse a proporsi come producer di una serie di video pensati per il web, analogamente a quanto sta già facendo da anni la sua rivale Red Bull. Il campo tematico però, in questo caso, sembrerebbe essere il divertimento puro di certi nonsense internettiani, totalmente scevri delle implicazioni più estreme o spericolate preferite dall’energy drink austriaco.
I due protagonisti, youtuber consumati, ispirano subito simpatia, persino negli appena due minuti di presenza su schermo. Piuttosto che aver perso il mordente, come successo a certi loro “colleghi” nel momento in cui sono entrati all’interno della logica dei virali pubblicitari, potrebbero essere all’inizio di una svolta di carriera, alla stessa maniera di Babbo Natale e degli orsi polari rilanciati con le precedenti campagne Coca-Cola.
Peccato per quella cannuccia finale (1:35) che nel bicchiere non ci voleva proprio stare.

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