Il miglior autobus che corre sui “binari” di cemento australiani

L’oggetto dalla forma di un grande rettangolo continua a transitare lieve lungo il grigio viale del suo percorso. Veleggiando in discesa, nessuna mano utile a stabilizzare quel volante, che incredibilmente curva ed accompagna in automatico le svolte necessarie di volta in volta. Quando al suono di un momento pre-determinato, il conduttore influisce finalmente sugli eventi. Preme il freno e ferma la sua corsa, in corrispondenza dell’apposita pensilina. Uno dopo l’altro, i passeggeri scendono/salgono in base ai rispettivi bisogni. Quindi l’assolutamente insolita vettura circolare della piacevole città d’Adelaide, se veramente siamo inclini a definirla tale, accelera di nuovo verso le sue invariabili destinazioni a venire.
Inaspettata può essere la metodologia mediante cui, nei diversi luoghi e paesi del mondo, vengono affrontati gli stessi problemi facenti essenzialmente parte dell’imprescindibile condizione umana. Uno di questi: il trasporto pubblico urbano, strumento necessario a semplificare la logistica degli spostamenti casa-scuola-lavoro e verso qualsiasi altro tipo di destinazione in base alle volubili necessità delle persone. Il che significa che non può esserci alcun tipo d’esigenza superiore alle altre, nella realizzazione totalmente democratica di un servizio che possa dirsi effettivamente utile allo scopo predeterminato. Soltanto metodi configurati in base alle rispettive sfide contrapposte all’ottimale funzionamento. Così treni e metropolitane, dove il c’è la possibilità di costruirle. E per tutte le altre situazioni, il caro vecchio approccio del trasporto gommato. Autobus, in altri termini, grandi veicoli strutturalmente non dissimili da una versione sovradimensionata dell’automobile di proprietà dei privati. Ma una creatura come questa, nello stratificato ecosistema cittadino, non possiede inerenti vantaggi, presupposti di semplificazione, sistemi funzionale per poter dire di aver dato soddisfazione ad effettivi margini di ottimizzazione… Nella maggior parte dei casi. Così come avevano fatto notare, poco prima degli anni ’80, i sostenitori nel rilevante ministero del progetto per la costruzione di un sistema di tram leggeri su rotaie destinato a raggiungere la settentrionale King William Street, dall’allora ultimo terminal nel centro cittadino di Victoria Square. Ostacolati dai soliti detrattori, pronti a promettere battaglia qualora il suono del passaggio dei treni fosse risultato fastidioso per il proprio vulnerabile senso dell’udito. Dal che l’idea proposta dal nuovo ministro dei trasporti in Australia del Sud del 1980 Michael Wilson, che scelse di guardare con precipuo interesse verso il mondo agli antipodi, ed in modo particolare a una nuovissima tecnologia proveniente dalla Germania…

I conduttori degli autobus vincolati devono frequentare un corso di preparazione speciale, che illustri la necessità di mantenere sempre alto il livello dell’attenzione. Pur potendo sterzare da soli, infatti, gli autobus modificati secondo il progetto tedesco richiedono un uso del tutto consapevole di freno ed acceleratore.

Il neologismo ad uso commerciale O-Bahn risulta dunque essere la commistione di due parole prese in prestito dalla comunicazione tedesca: omnibus (un tipo di BRT o Bus Rapid Transport) e bahn (“tragitto”, “percorso”). Così unite nei materiali a supporto offerti dalla Daimler-Benz, per la proposta di una rivoluzionaria tipologia di autobus capaci di sfruttare senza rischi gli angusti tunnel della metropolitana precedentemente costruiti nella città di Essen. Laddove l’utilizzo del prodotto prospettato ad Adelaide, è importane sottolinearlo, sarebbe risultato molto più preponderante ed in effetti parte di una soluzione a tutto tondo letteralmente priva di apprezzabili ed equivalenti esempi nel coevo ed attuale panorama globale. Per cui le vetture, appositamente attrezzate con un sistema meccanico consistente di ruotine-guida, situate strategicamente in senso perpendicolare agli pneumatici principali, sono indotte ad appoggiarsi sulle sponde ai lati del percorso largo esattamente il necessario. Agendo in modo rapido ed autonomo sul meccanismo dello sterzo e permettendo in questo modo al veicolo di effettuare in maniera spontanea le opportune manovre. Con un coraggioso investimento iniziale di 98 milioni di dollari australiani, le autorità governative decretarono quindi che la metropoli dovesse cominciare con un tratto iniziale di 12 Km di piste ottimizzate a tal fine (tra il centro cittadino e la zona di Paradise) costruite in calcestruzzo e dotate di traversine stabilizzatrici del tutto paragonabili a quelle dei treni. Una spesa che includeva anche l’acquisto di 41 autobus rigidi e 51 articolati, appartenenti a modelli di un tipo assolutamente convenzionale ma individualmente modificati dalla Mitsubishi Motors di Clovelly Park, in base ai parametri perfettamente definiti dal sistema tedesco della O-Bahn. A seguito dell’inaugurazione effettuata nel 1986, i risultati ottenuti tramite questo significativo cambio di paradigma si dimostrarono fin da subito incoraggianti. Con oltre 4 milioni di passeggeri evidentemente soddisfatti il primo anno, aumentati di un ulteriore 17% entro il 1989, all’implementazione della fase 2 con la costruzione di un secondo tratto tra Paradise e Tea Plaza. Privatizzato nel 1990, il sistema dei treni-bus di Adelaide avrebbe quindi raggiunto sei anni dopo la cifra notevole 7,13 milioni di passeggeri l’anno. Per molte valide, condivisibili ragioni. Prima tra tutte la velocità raggiungibile durante la marcia, inizialmente pari a 100 Km/h, successivamente ridotti a 85 per evidenti ragioni di sicurezza. Comunque esponenzialmente superiore a quella di un autobus di tipo convenzionale, per di più nella totale assenza di semafori, incroci o altri ostacoli tipicamente facenti parte del paesaggio urbano. Con un rischio d’incidenti, in conseguenza di ciò, significativamente inferiore. Mentre dal lato dell’amministrazione pubblica, l’O-Bahn si è dimostrato conveniente per la facilità con cui nuove vetture possono essere adattate a utilizzarlo, rivendendo quelle ormai desuete dopo una semplice procedura di ripristino delle condizioni operative di partenza. Una storia di successo, dunque, là dove nessuno si aspettava di trovarne l’esempio. E che ancora oggi manca, alquanto sorprendentemente, di comparabili proposte in luoghi alternativi del mondo…

Sorprendentemente nonostante la quantità di segnali ed avvisi, i binari dell’O-Bahn vengono imboccati da vetture private almeno due volte l’anno. Il che porta all’immediata rottura della coppa dell’olio e successivo incastro in mezzo alle traversine, con disastroso blocco del traffico spesso in entrambe le direzioni. Un apposito treno soprannominato Dumbo, assieme a manodopera competente, dovrà dunque occuparsi della rimozione.

Pur esistendo, resta necessario sottolinearlo, alcune alternative simili ma su scala più ridotta, vedi gli autobus a guida vincolata di alcune città inglesi tra cui Cambridge e Leeds o la Yutorito Line della città di Nagoya, in Nagoya. Laddove ad ogni modo in alcuno di questi luoghi l’effettiva dislocazione dei binari gommati possa dirsi aver condizionato nella stessa maniera l’espansione cittadina, che sembrerebbe aver creato nuovi blocchi residenziali e commerciali proprio lungo il corso della sua singolare dimostrazione d’efficienza in materia di spostamenti, oggi soggetta ad ulteriori propositi d’ampliamento, con l’ultimo tunnel inaugurato nel dicembre del 2017 nella zona di Botanic Road. Essendo dunque evidentemente riuscito, grazie a meriti e caratteristiche del tutto inerenti, a sfuggire al progressivo reimpiego delle corsie preferenziali costruite in altri luoghi come parte di un sistema BRT, spesso dolorosamente fraintese dai loro stessi committenti e subordinate alla viabilità cittadina di tipo convenzionale. Qualcosa di decisamente più difficile da fare, quando risulta fisicamente impossibile per le automobili fare un utilizzo improprio di questi binari. Per cui dovremmo forse individuare il merito della O-Bahn proprio nella sua immutabilità fossilizzata per gli anni a venire, capace di attraversare le generazioni senza essere sottoposta a compromessi di natura progressivamente entropica e deleteria? Forse. Probabilmente. Il che non spiega perché a nessun altro sia venuto in mente, in altri luoghi, di percorrere lo stesso serpeggiante sentiero di risoluzione. Potenziale luce in fondo al tunnel catastrofico del traffico contemporaneo. E tutto ciò che questo comporta.

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