In Spagna il ponte più ambizioso costruito prima dell’ingegneria contemporanea

Per gli uccelli migratori che utilizzano il fiume Guadalevín come ausilio alla navigazione verso il centro d’Europa, si presenta a un certo punto la necessità di una scelta. Per un ostacolo che sorge, imponente, lungo il corso di quel cammino: si tratta del tajo di Ronda, una gola profonda 120 metri il cui superamento tende a prevedere, in circostanze normali, l’imbocco dell’angusto spazio con le ali dispiegate al fine di stabilizzarsi, gli occhi intenti a giudicare la distanza delle due pareti mentre si procede fino al termine della spelonca. Il che pur permettendo di risparmiare una considerevole quantità d’energia, evitando di librarsi sopra quel prodotto dell’erosione millenaria andalusa, appare insolito a chi si troverà a guardarli dall’alto. Perché c’è un’intera cittadina, sulle elevate sponde, e un angusto ponte con l’arcata massima di appena 15 metri che agisce come una porta verso il centro del canale profondo. Ed automobili che marciano, chiassose, sopra il grido dei gabbiani indefessi.
Come c’era stato per sei anni, a dire il vero, fino a quel fatale giorno nel 1741, quando il peso di 50 persone situate in tale punto di passaggio innaturale, non causò il crollo dell’arcata, con conseguente e inevitabile perdita delle loro vite. Un punto di svolta per la storia di qualsiasi cittadina rinascimentale, costoso non soltanto in termini sociali ma produttivi, organizzativi e relativi al corpo principale delle conoscenze ereditarie e artigiane. Benché scegliendo di non perdersi d’animo, il paese suddiviso in parti eguali dal burrone scelse allora di creare l’impensabile: un secondo, questa volta indistruttibile ponte nello stesso sito. Che si sarebbe dimostrato in grado di sopravvivere, allo stato attuale, al passaggio dei tre secoli successivi. Impresa degna di richiedere, fu ben presto compreso, l’investimento di fondi considerevoli, che furono stanziati prelevandoli dalle somme accantonate per la fiera prevista ogni anno per il mese di Maggio. Ci vollero ben 10 anni, fino all’inizio del 1751. Trascorsi i quali l’ordine di cavalleria della Real Maestranza, con sede in quel di Ronda, ritenne di esser pronto a chiamare per il progetto uno degli architetti più collaudati del paese, quel Martín de Aldehuela (1729-1802) che aveva recentemente completato la costruzione del complesso sistema di approvvigionamento idrico di Malaga, l’acquedotto di San Telmo. Il quale dopo una rapida presa di coscienza della situazione vigente, ideò la soluzione ideale per quello che avrebbe preso il nome imperituro di Puente Nuevo, un letterale doppio grattacielo costruito con la pietra prelevata dal fondo stesso del burrone antistante. Sotto ogni aspetto, la sovversione pratica di tutto quello che dovrebbe essere un tipico attraversamento fluviale, tradizionalmente concepito al fine di permettere il passaggio libero e privo di conseguenze delle acque periodicamente impetuose nel corso d’acqua sottostante. Ma pensato piuttosto per incapsularlo e coprirlo in maniera quanto meno parziale, con quelle che potrebbero essere le torri principali di una svettante fortezza risalente all’epoca medievale. Ed un arco centrale conseguente, con l’effettiva capacità di estendersi oltre uno spazio pari a metà del salto sottostante…

Straordinariamente distintiva nella sua composizione urbanistica, la cittadina di Ronda vanta un altro punto di riferimento nella sua arena per la corrida, la più spaziosa in termini di diametro al mondo. Che si dice essere stata edificata anch’essa con l’aiuto di Aldehuela, benché non esistano prove di tale affermazione.

Il Puente Nuevo rappresenta in tal senso l’evidente realizzazione di un’epoca in cui, per qualche anno ancora, a nessuno era venuto in mente di poter calcolare con precisi conteggi matematici i calcoli strutturali di un’opera architettonica pensata per l’impiego civile. In un’epoca pressoché coéva, ma ancora non pronta a cogliere l’influenza della celebre École Royale des Ponts et Chaussées di Jean-Rodolphe Perronet a Parigi, considerata un punto di svolta nelle metodologie progettuali capaci di garantire la comprovata sicurezza di un attraversamento stradale. Così inducendo i committenti, e lo stesso architetto Aldehuela, assieme agli altri colleghi coinvolti, a non lesinare in alcun modo sulla spesa e accumulo di materiali utili allo scopo. Verso la creazione di un qualcosa che apparisse totalmente indistruttibile, nella speranza di riuscire in questo modo a conquistare di nuovo la fiducia degli abitanti. Ed in effetti va sottolineato come la struttura, oggi una delle principali attrazioni turistiche e punti di riferimento dell’intera regione, presenti un aspetto straordinariamente distintivo quando la si osserva da uno dei numerosi belvedere antistati, o le stesse finestre degli edifici posti fin quasi al limite dell’alto burrone che divide in due parti Ronda. Per il suo aspetto simmetricamente elegante ma anche il colore del tutto uniforme rispetto alle pareti da cui si estende, importante componente dell’illusione ottica che induce gli uccelli a passarci attraverso. E non c’è un carico né sollecitazione, ragionevolmente immaginabili, che potrebbe indurlo a farlo sgretolare come avvenne per l’arcata singola del suo predecessore lungamente dimenticato. Il che non vuole dire, d’altra parte, che la sua maledizione avesse terminato di mietere vittime tra la gente. Come tragicamente avvenne per una grave frana del 1917, quando pesanti macigni rotolarono giù dalle pendici, schiacciando alcuni mulini posizionati lungo il corso del fiume e le 15 persone che ci dormivano all’interno. E poi di nuovo durante la guerra civile del 1936-39, quando secondo dati storici ragionevolmente affidabili, entrambi gli schieramenti che si succedettero nel controllo di questa roccaforte naturale, erano soliti imprigionare i propri nemici politici nella camera situata sopra l’arcata principale della struttura. Per poi condannarli a morte gettandoli verso il fiume sottostante, in maniera destinata ad ispirare una delle vicissitudini più inquietanti estensivamente narrate nel romanzo di Ernest Hemingway del 1940, Per chi suona la campana. Lo stesso destino che secondo una leggenda sarebbe toccato (in maniera decisamente contraria ai fatti facilmente verificabili) allo stesso architetto Martín de Aldehuela, che il folklore locale narra essersi suicidato saltando dallo stesso Puente Nuevo, per non trovarsi a costruirne un altro che potesse “superarlo in bellezza”. Una soluzione alquanto drastica, per un problema di portata alquanto trascurabile, nello schema generale dell’intera faccenda.

Lo scorso marzo, con il prevedibile patrocinio di Red Bull, l’evento: l’atleta della wingsuit Dani Román che attraversa l’arcata centrale del Puente a 280 Km orari, dopo esserci passato sopra a volo radente. Un’impresa tanto complicata e pericolosa, da sembrare attentamente concepita al fine di coinvolgere un pubblico ormai del tutto desensibilizzato al rischio.

Detto questo, resta d’altro canto impossibile da mettere in dubbio che questo ponte, progettato in modo atipico e senza le consuete considerazioni di efficienza e conservazione dei materiali, appaia a buon merito uno dei maggiormente singolari e distintivi dell’intero territorio europeo. Avendo condotto a questa meta centinaia di migliaia di turisti ogni anno, inclusi nomi celebri tra cui Orson Welles, Rainer Rilke, James Joyce, Jorge Luis Borges e in tempi più recenti la cantante Madonna, oltre naturalmente allo stesso Hemingway, che aveva soggiornato qui durante la preparazione del suo romanzo. Un’opportunità oggi facilmente replicabile mediante la prenotazione degli innumerevoli, imprescindibili Bed & Breakfast situati lungo l’estendersi del grande vuoto, a strapiombo sull’esperienza di un panorama quasi del tutto impossibile da replicare. E che sta per portare l’amministrazione cittadina a scelte difficili, come quella recentemente portata innanzi di vietare totalmente il traffico veicolare sull’antico ponte, per l’effettivo e progressivo sprofondamento di quest’ultimo per alcuni centimetri al volgere di ciascun anno. Il che richiederà una deviazione di oltre un chilometro lungo una tangenziale dal costo complessivo di 4,5 milioni di euro, tagliando effettivamente in due il paese fino alla costruzione di un ponte moderno di rimpiazzo dal costo assai probabilmente ancor più elevato. Il che costituisce l’evidente prova di come non sia sempre facilissimo sostituire l’opera dei nostri insigni predecessori. Anche potendo fare affidamento, grazie al calcolo matematico, alla regola utilmente propedeutica di “Buona la prima”.

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