La saggia tradizione del sistema per depurare l’acqua nei deserti mediorientali

Sfondo scuro e privo di elementi, contenuti verticali perché adatti ad essere visualizzati sugli smartphone. Pochi commenti rispetto al numero d’interazioni, una preponderante maggioranza di video fondati sul facile umorismo e l’aderenza a linee comportamentali comuni. Semplicemente non ti aspetteresti, mentre vaghi nel deserto alla ricerca di un’oasi, che TikTok possa riuscire a salvarti la vita. Non tanto grazie a un post coi tag #salvatemi o #stomorendodisete (a tal fine, sarebbe stato meglio utilizzare una storia geolocalizzata di Facebook) quando in funzione del novero di dati e nozioni, acquisiti quasi accidentalmente nei lunghi pomeriggi trascorsi a cliccare, scorrere verso il basso ed aggiungere il segno di spunta, nell’ideale catalogo delle esperienze “fatte” di seconda, terza e quart’ultima mano. Cose come l’ultima proposta virale dell’utente di cultura araba q8ping (vedi) collocabile grazie ai suoi tags nell’emirato del Kuwait, da dove ha scelto di renderci partecipe di un’antica usanza ereditaria della sua gente. Quella che potrebbe rendersi fondamentale, in determinati frangenti, dopo lunghe ore trascorse a vagabondare sotto il solleone, tanto che neppure il candore del lungo thawb ed il cappello kefiah, che abbiamo visto recentemente fluttuare come un fantasma gigantesco sopra il pubblico dell’inaugurazione dei mondiali di calcio, appaiono essere più sufficienti a mantenere entro i margini di tolleranza termica i nostri delicati organi interni. Situazione in cui generalmente, la disidratazione può avere conseguenze gravi. Perciò ecco palesarsi, lungo il tragitto della nostra faticosa camminata, quello che potrebbe essere a tutti gli effetti il letto prosciugato di un torrente, forse residuo paesaggistico di una delle apocalittiche piogge che sono capitano saltuariamente da queste parti. Fornito completo, il caso vuole, dal residuo sfolgorante di una vera e propria pozzanghera, potenziale ausilio ad allungare il nostro stato di arsura agonizzante fino all’auspicabile arrivo dei soccorsi. Se non che, problema non da poco, il fluido in questione appare di un evidente color ocra a causa delle impurità presenti all’interno, con l’aggiunta di un preoccupante numero di macchie galleggianti di… Schiuma? Ora ciò che insegnano, nei veri corsi di sopravvivenza, è che bere acqua contaminata è sconsigliabile nelle situazioni al limite, proprio perché conduttivo a condizioni di salute che contribuiscono grandemente alla disidratazione (vedi per l’appunto la dissenteria). Ma q8ping, così come generazioni di arabi prima di lui, sembra avere un’altra idea in materia: “Vedete questo?” Afferma nel commento sottotitolato su Reddit alle circostanze “Questo grande ammasso sabbioso che chiamiamo la terra?” E qui ne prende una manciata, cominciando delicatamente ad allargare il buco della pozzanghera “Si tratta del più grande filtro per l’acqua del mondo. Basta sapere come utilizzarlo, inshallah! (se Dio vuole)” Ed è qui che le cose si fanno decisamente più interessanti, quando lui assieme al suo compagno di disavventure prendono l’inquinato liquido, usando una bottiglia, una ciotola e le mani stesse, per farlo ricadere ai margini della depressione concava. Lasciando che scivoli nuovamente all’interno, dopo essere passato all’interno della sabbia del deserto. Con l’avanzamento rapido a qualche minuto più tardi di questa gestualità ripetuta, se ne scopre finalmente la ragione: l’acqua della pozzanghera è diventata limpida come uno specchio e aspetta, almeno in apparenza, di essere trangugiata. Un passaggio preventivamente al quale, è importante notarlo, i tradizionali viaggiatori del deserto avrebbero comunque provveduto a bollirla, nella preparazione del caffè o del tè, ben sapendo come l’uso di una tale metodologia risulti purtroppo insufficiente a eliminare fonti patogene di malattie particolarmente resistenti agli agenti esterni. Pur costituendo un significativo passo avanti, verso l’acquisizione della preziosissima sostanza che dà la vita…

Animazioni come queste, stravaganti ed a tratti umoristiche, possono servire a rendere accessibili concetti complessi. Uno dei meriti meno celebrati di Internet, d’altra parte, è la divulgazione scientifica. Per cui rimane lo strumento maggiormente significativo dall’epoca della pressa per la stampa.

Per comprendere in termini scientifici la vera natura di questo suggestivo life hack dell’ultima, riarsa spiaggia sarà opportuno quindi risalire alla figura del polimata ed ingegnere francese dell’epoca dell’Illuminismo, Henry Darcy che fu in grado di creare un avveniristico sistema di distribuzione dell’acqua pressurizzata nella città francese di Dijon della prima metà del XIX secolo. 28.000 metri di tubi, riforniti da alcune cisterne posizionate strategicamente in punti sopraelevati rispetto alla città, in maniera non dissimile da quanto fatto nella soluzione araba dei qadi, gli antichi acquedotti del deserto. Un meta raggiunta, incidentalmente, a seguito del contributo alla fisica teorica della legge che porta il suo nome, consistente della descrizione del moto di un fluido all’interno di un materiale poroso. Come la sabbia, per l’appunto, con modalità riassunte da un’equazione di flusso capace di determinare la rapidità di scorrimento in base allo spessore granulometrico della suddetta, il che comporta un importante implicazione funzionale. Poiché qualora la finezza delle particelle risultasse sufficientemente microscopica e compatta, come nel caso dei suoli argillosi, essi sarebbero del tutto permeabili impedendo all’acqua di penetrare (vedi il fondo della pozzanghera trovata da q8ping). Se eccessivamente grossi, come dei letterali sassolini, essa vi passerebbe attraverso abbastanza rapidamente da restare del tutto uguale a se stessa. Ma poiché il suolo soprastante ed appropriatamente smosso del deserto è composto da granelli di opportuna grandezza, essi permettono all’acqua di passare solamente ad un ritmo rallentato. Tale da permettere a un proficuo processo di raggiungere l’opportuno coronamento: sto parlando, per l’appunto, della depurazione. Dovete considerare a tal proposito come le impurità nocive per la salute all’interno di una pozza d’acqua possono includere sostanze come il calcio, il magnesio, il potassio ed altre simili, tutte accumunate dalla loro natura salina e conseguente carica ionica fortemente positiva. Ovvero letteralmente all’opposto rispetto a quella della sabbia, che contribuirà in questa maniera a rimuoverli prima del ritorno all’interno del suo improvvisato “recipiente”. Il che non fa del resto nulla, come dicevamo, per le fonti biologiche di contaminazione, a meno che siano presenti nel sostrato anche batteri e funghi benigni, inclini a catturare e fagocitare le forme di (pseudo)vita decisamente lesive per la salute umana. È poco realistico pensare che tale passaggio risulti possibile nell’arida biosfera del deserto. Ma forse, in determinate condizioni, risulta preferibile ammalarsi domani piuttosto che morire oggi stesso di sete.

Il semplice sistema di filtratura basato sui sedimenti può essere un progetto interessante per il fai-da-te autogestito. Anche se resta sconsigliabile impiegarlo come unico ausilio di depurazione all’acqua non potabile, vista la possibile presenza di virus capaci di sfuggire all’attrazione delle sue particelle.

L’utilizzo dei filtri a base di terra o apposite ceramiche abbastanza porose da lasciar passare il quibus è dunque un importante ausilio per i paesi disagiati finalizzato all’essenziale acquisizione di acqua potabile, lungamente studiato e discusso nei documenti atti a pianificare una metodologia d’intervento. Simili apparati ,conformi ad un progetto di epoca vittoriana proposto per la prima volta nel 1857 da Henry Doulton, possono oggi venire prodotti ad un costo unitario inferiore alla cifra di 5 dollari, raggiungendo una capacità di filtratura di 1-2 litri l’ora. Ovvero più che sufficiente per un’intero nucleo familiare, anche in condizioni di clima arido e temperature particolarmente elevate. Benché purtroppo, sussista una cognizione acquisita secondo cui simili approcci dovrebbero essere considerati primitivi ed insufficienti, al punto da peggiorare le cose inducendo a diffuse casistiche di contaminazione a medio e lungo termine. Il che può anche avere una base oggettiva in determinate casistiche o circostanze.
Ma ci sono luoghi, soprattutto in Africa, in cui l’assenza di acqua potabile per ampie fasce di popolazione è una semplice ed orribile realtà dell’esistenza. Contro la quale ogni strumento, per quanto rudimentale, può dimostrarsi dotato di un impatto positivo sulla vita delle persone. Così come TikTok, che in quanto social network si trova costantemente escluso dalla maggioranza nei sondaggi sulle compagnie che hanno messo in opera un lascito positivo per la collettività. Una maggioranza che di contro, non si è (ancora?) trovata priva di acqua e prossima alla disidratazione nel profondo cuore arido dei deserti. Un’esperienza che può riuscire, nella stragrande maggioranza dei casi, a trasformare le tue opinioni in merito ad una pluralità di cose. Ivi inclusa la tua sete e quello che saresti disposto a fare, per tentare in qualche modo di placarla.

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