La singolare ragione per far avvolgere un grattacielo su se stesso a Vancouver

Tra gli esperimenti più importanti condotti da Isaac Newton per formalizzare l’innovazione scientifica dell’analisi matematica, viene spesso citato l’argomento del secchio pieno d’acqua, appeso ad una corda e “caricato” ruotandolo per varie volte in senso antiorario. In modo tale che, al rilascio dello stesso, essa tenda naturalmente a ritornare nella situazione originale, ruotando vorticosamente per qualche tempo nella direzione opposta. Ma non venendo immediatamente seguìto, in tale movimento, dal fluido che lo riempie, il quale adattandosi in maniera inerziale dapprima resta immobile, poi accelera in maniera indipendente fino alla velocità del suo contenitore. Ed infine continua a vorticare, per qualche tempo, anche dopo che quest’ultimo si è fermato. Dal che risulta che “Non è possibile misurare il movimento di un corpo in base a ciò che lo circonda.” Ma piuttosto: “Occorre utilizzare un piano di riferimento assoluto.” Quattro secoli dopo l’artista Rodney Graham, essendo stato chiamato dalla società privata di sviluppo immobiliare Westbank per abbellire e in qualche modo migliorare l’estetica di un importante spazio vuoto della città di Vancouver, avrebbe scelto di richiamarsi al famoso momento nella carriera di uno dei più grandi osservatori del mondo mai vissuti mediante la costruzione di un’insolita opera d’arte: l’imponente lampadario rotante da oltre quattro tonnellate di vetro ed acciaio, appeso sotto le architravi del Granville Street Bridge. Contributo di arte pubblica necessariamente incorporato nell’appalto dato alla compagnia per la costruzione di un suo nuovo, eccezionale edificio. L’ultima creazione dell’architetto danese Bjarke Ingels, che sembra sfidare intenzionalmente la forza di gravità ma effettivamente nasce dal bisogno, molto chiaro ed apprezzabile, di creare spazio sufficiente dove molti avrebbero pensato di poter creare, al massimo, un semplice parco o basse case triangolari. Qualcosa che riesce a presentarsi, in un particolare angolazione dell’iconico skyline della città, come un oggetto asimmetrico ed almeno in apparenza impossibile, per la letterale assenza di una parte della sua struttura inferiore tale da renderlo necessariamente instabile e pronto a cadere. Finché girandogli attorno, non si riesce a comprendere l’effettiva natura del suo segreto: la maniera in cui si configura come la forma geometrica di un prisma che diventa parallelepipedo, guadagnando nel contempo circa la metà dei suoi quasi 4.000 metri quadri di superficie abitabile per ciascun piano. Riuscendo a presentarsi, nelle parole del suo stesso creatore, come un “genio che esce dalla lampada” capace di risolvere, a suo modo, un importante problema logistico cittadino.
Sarà evidente a questo punto come la Vancouver House dell’altezza di 155 metri, completata nel 2020 e vincitrice entro l’anno di svariati premi come “miglior grattacielo”, rappresenti un’interpretazione più moderna dello storico Flatiron Building di New York, il palazzo triangolare situato tra la 23°, la Fifth Avenue e Broadway grazie alla sua forma simile a quella di un cuneo (o ferro da stiro). Laddove l’esigenza nasce in questo caso dal desiderio di massimizzare il valore di un lotto strategicamente collocato in centro, ma poco convenientemente situato nel bezzo del “tridente” costituito dalla carreggiata principale e le due rampe del fondamentale viadotto da cui oggi pende quello stesso lampadario. Arteria che collega attraversando l’omonima “isola” di Granville (in realtà collegata alla terraferma) il distretto finanziario a quello per lo più residenziale e commerciale del Westside. Non senza passare e rendere omaggio, a partire dalla nostra epoca, alla più notevole approssimazione di un tornado scolpito nel cemento…

Il lampadario di Graham effettua il suo show tre volte al giorno, scendendo verso il basso, accendendosi e iniziando a girare. Dialogando idealmente con lo spazio “maestoso” del sotto-ponte ma anche l’edificio attorcigliato che gli sorge accanto.

Per rispondere perciò all’oggettiva obiezione, già fatta presente da molti, secondo cui la futuribile costruzione dello studio BIG (Bjarke Ingels Group) parrebbe risultare per sua natura evidentemente instabile, sarà opportuno a questo punto menzionare uno degli aspetti maggiormente curati del suo progetto. Quello ingegneristico e di stabilizzazione, frutto di un accurato processo di ricerca e sperimentazione tale da rendere la Vancouver House, effettivamente, uno degli edifici più antisismici di tutta Vancouver. Un presupposto niente meno che primario per le grandi opere completate in tal contesto, data la ben nota frequenza dei terremoti in tutta la parte ovest del continente americano, ma di cui creatore e committente si sono occupati con particolare attenzione in questo caso elevando l’edificio a standard ben al di sopra di quelli previsti dalla legge. Grazie all’accorgimento particolarmente innovativo di una doppia struttura portante a forma di C interconnesse, posta “fuori centro” in modo tale da poter salire verticalmente dentro il corpo dell’edificio. Cui si aggiungono lastre di cemento rinforzato situate in corrispondenza di ciascuno dei 60 piani sopraelevati dell’edificio e trattati per ridurre al minimo le spaccature, in modo tale da massimizzare la resistenza alle sollecitazioni orizzontali oltre che verticali. Completano il quadro gli 11 pilastri principali in acciaio che ancorano il palazzo al resistente suolo della baia, definendo ulteriormente quella che costituisce una letterale fortezza contro l’ipotetica, ma sempre possibile furia geologica della natura.
Una vetta ingegneristica mirata a coadiuvare, nel suo complesso, una creazione che è stata definita preventivamente come un tipo di Gesamtkunstwerk o “opera d’arte totale” in base alla terminologia creata dal filosofo Trahndorff, che lo stesso Ingels o il suo team citano nello slogan “Vancouver’s got to gwerk it.” Aspirando essenzialmente a quella che dovrebbe essere una scultura abitabile, come anche esemplificato dallo spazio espositivo dell’androne principale del condominio, in cui figurano monumentali oggetti creati ad-hoc, quali la forma simile ad un ipercubo delle cassette della posta e un vasto pianoforte futuribile creato dalla compagnia italiana Fazioli. Un filo conduttore destinato a proseguire nei singoli appartamenti ai piani superiori, i più prestigiosi dei quali adattati alle effettive esigenze dei diversi proprietari grazie ad un programma di collaborazione in fase progettuale, ma anche numerosi “pezzi” su misura e diversi in ciascun caso, quali le isole delle cucine con elettrodomestici di gran pregio. Mentre la caratteristica più notevole resta, nella stragrande maggioranza dei casi, la vista sopra la città fornita da ciascuno dei balconi modulari, che contribuiscono a donare un’aspetto caratteristico alla facciata ricordando vagamente un qualche tipo d’alveare. Come pochi altri luoghi al mondo…

L’appartamento medio all’interno della Vancouver House ha molto prevedibilmente un costo ai massimi vertici di un mercato immobiliare già piuttosto elevato. Non che l’elevata qualità delle rifiniture ed arredi inclusi in ciascun caso manchino di evidenziarne la ragione.

Altrettanto importante, nell’idea dell’amministrazione cittadina che ha collaborato con al Westbank per rendere possibile l’edificazione di un così notevole punto di riferimento, è stata dunque la creazione di un vasto spazio pubblico, per negozi, eventi e raduni, nel podio di quell’area destinata a diventare il cosiddetto Beach District, ennesima espressione di quella scuola urbanistica che viene definita localmente il Vancouverism. Essenzialmente dislocata, nel caso specifico, entro i 30 metri lineari di distanza espressamente richiesti rispetto ai viadotti del Granville Bridge, con una serie di palazzi incuneati come i pezzi di un titanico puzzle incastrato nella logica urbanistica pre-esistente. Con numerose finestre verso l’alto al fine di ridurre il consumo elettrico, così come i validi accorgimenti nell’isolamento termico dell’edificio soprastante gli sono valsi la prestigiosa certificazione di efficienza LEEDS Platinum, ormai perseguita dalla maggior parte delle grandi opere su scala globale. Un passaggio particolarmente importante per l’architetto creatore del termine Worldcraft, che ispirandosi al videogame creativo quasi omonimo ha voluto individuare nell’integrazione tra uomo e natura un principio generativo fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che non può semplicemente sussistere, in assenza di un appropriato equilibrio tra questi due concetti tanto spesso in opposizione. Come il tensionamento improbabile, ma particolarmente tangibile, che mantiene in posizione il suo ineccepibile contributo “sbilenco” alla grande metropoli di Vancovuer.

Lascia un commento