Colpi di frusta e motorini: una tradizionale tecnica per far correre le trottole cinesi

Nel secondo giorno del torneo, piazza Jinyuan a Taiyuan risuonava del rombo di mezza dozzina di tempeste. Da un lato all’altro del vasto spazio pubblico, fino agli alti muri dei più vicini hutong residenziali, giovani ed anziani colpivano ritmicamente con la loro arma oggetti turbinanti sull’asfalto pianeggiante e battuto dal sole del primo pomeriggio autunnale. “Avanti, avanti!” Gridava semplicemente qualcuno. “Fatti sotto, se hai coraggio” e qualche volta il più tradizionale: “Prendi questo, traditore!” Stagliati verso il cielo azzurro, gli scudisci apparivano in tutta la magnificenza della loro pluralità di stili: con il manico di legno o in metallo ricoperto di pregiate strisce di cuoio, oppure semplice plastica rinforzata. La parte usata per colpire fatta col cotone o il nervo, o ancora fini quanto resistenti catenelle di splendenti anellini d’ottone. Tutte pronte ad abbattersi egualmente, nel momento culmine della competizione, sull’oggetto al tempo stesso di un così grande anelito ed apparente ostilità collettiva… Da Tuoluo (打陀螺) l’oggetto tondeggiante da una parte ed appuntito dall’altra, facente parte come in molti altri luoghi dell’ancestrale cultura ereditata dagli antichi abitanti del territorio. Ma inserita nel tessuto della società ad una pluralità di livelli più trasversale, come largamente esemplificato dai gruppi di persone di ogni età che s’incontrano ogni settimana per “fare attività fisica” mettendo in pratica le tecniche affilate nei molti anni di pratica pregressa dell’antica tecnologia rotante. E fino a casi estremi come l’attuale torneo “in stile libero” dove ogni metodo era ammesso, purché si riuscisse a mantenere in movimento il proprio attrezzo nei cerchi designati più a lungo dell’avversario. Un’approccio tanto aperto da essere potenzialmente pericoloso, come era fermamente intenzionato a dimostrare l’outsider di turno, il misterioso campione di luoghi lontani Wen Chiong. “Avanti ragazzi, mettetelo giù.” Disse all’indirizzo della sua crew, quando completato lo sgombero dell’area designata dai precedenti partecipanti, fu possibile procedervi agilmente con il lo scooter giallo canarino, portato a braccio dai suoi due sicofanti di molteplici battaglie. Che adagiato con appropriata attenzione il veicolo su un fianco, si posizionarono strategicamente in prossimità della ruota posteriore. Affinché lui, appoggiando a terra lo zaino, potesse tirarne fuori l’eccezionale Excalibur di una siffatta tenzone: 4 Kg di legno di canfora, perfettamente cesellato al tornio del suo villaggio. Con un mezzo sorriso, diede quindi il segno che accendessero i motori. Comunque fosse andata, ci sarebbe stato da divertirsi…

La trottola cinese tradizionale per l’uso esterno è naturalmente più piccola di quella mostrata in apertura, sebbene sappia difendersi grazie al peso del suo materiale di costruzione. Non sono rari, d’altra parte, i giochi in cui si tenta di far cadere quella dell’avversario, utilizzando la propria frusta solo per accelerare il processo.

Tralasciando evoluzioni moderne e decisamente fuori dal coro come quella esibita dal gruppo di apertura, potenzialmente proveniente, a giudicare dal formato verticali, dai capienti archivi di servizi come Instagram, TikTok o Weibo, la trottola tradizionale cinese è un passatempo che può inconfutabilmente vantare almeno cinque millenni di storia. In quanto ritrovato più volte, tra ceramiche, attrezzi e i chiari segni di sepolcri ed abitazioni tra i reperti tangibili della cultura neolitica di Yangshao, particolarmente nel sito archeologico della contea di Xia, nello Shanxi del settentrione cinese. Il che sembra denunciarne una diffusione piuttosto cosmopolita, se è vero che le prime attestazioni databili successivamente, risalenti a frammenti letterari e oggettistica della dinastia Song (960-1276) trovano una collocazione geografica primariamente nella parte meridionale del paese, in provincie come quella del Sichuan, lo Yunnan e lo Hunan. Dove sappiamo essere diventato un divertimento molto popolare, particolarmente tra le dame di nobili natali ed altre classi privilegiate, mantenere in movimento rotativo piccoli oggetti dalla forma simile a quella di un fuso, in situazioni per lo più informali e prive d’implicazioni competitive. Questo almeno finché il gioco non filtrò alle giovani generazioni, che lo modificarono fino al punto in cui ancora si trova collocato nell’odierna evoluzione dei giorni. Riconoscibile e distintivo, quanto può esserlo soltanto un oggetto roteante dal peso in genere di circa mezzo chilogrammo, benché esemplari più imponenti siano tutt’altro che rari e diffusi a più livelli di una pratica inserita dal 24 maggio del 2021 nel novero dei patrimoni tangibili della provincia dello Yunnan. L’osservazione del suo utilizzo risultava già essere, d’altronde, un’attività frequentemente osservabile nelle piazze ed altri luoghi pubblici, particolarmente come passatempo per le persone avanti con gli anni, in maniera analoga al Tai chi chuan, il Qi gong ed altre forme di discipline marziali “gentili” per l’affinamento del corpo e della mente. A partire dal boom in epoca moderna collocabile attorno all’inizio degli anni ’40 dello scorso secolo, quando durante il periodo dell’occupazione giapponese la fustigazione della trottola veniva usata come una sorta di metafora, per sfogare la frustrazione nei confronti dei militari occupanti e coloro che li avevano fiancheggiati. Dal che il soprannome per l’attività, attestato primariamente nell’area di Pechino, di Chou hanjian (抽汉奸) indicativamente traducibile come il “turbine traditore”. Frequentemente affiancato a quello molto più pacifico di Zhuan er (转儿) per analogia con l’omonimo dolce dall’impasto arrotolato su se stesso nella come una perturbazione ventosa dell’atmosfera terrestre. E ben nota risulta essere, in materia, la vigente contrapposizione tra le Da Tuoluo o trottole urbane costruite interamente in metallo e quelle di concezione tradizionale, ricavate da un singolo blocco di materiale ligneo come la già citata canfora, la guava o il longan, fornite all’apice inferiore di una resistente punta ferrosa.

Ah Haishi è il famoso “maestro della trottola” che ha fatto di questo semplice strumento il simbolo di un’arte complessa e sofisticata. Inclusiva di opere di equilibrismo, giocoleria ed immancabile utilizzo di esemplari sovradimensionati, da far girare con una rapida manovra culminante in una vera e propria corsa di srotolamento del filo.

Tra i più antichi e universali giocattoli creati dall’umanità, in ogni luogo e cultura del mondo, la trottola è stata impiegata per spiegare istintivamente molti dei fenomeni e i processi della fisica applicata alla natura. Fino a quando fu il fisico francese Léon Foucault a perfezionarla con il suo lavoro verso la metà del XIX secolo, creando il primo esempio apprezzabile di un giroscopio, accompagnato da una lunga serie di calcoli matematici e possibili applicazioni all’interno del campo ingegneristico dei nostri giorni. In cui forse quel vetusto oggetto potrà aver perso parte del suo fascino, rispetto ai potenti smartphone e versatili tastiera e mouse, sebbene sia ancora possibile ottenerne un certo senso di stupore e meraviglia oltre i confini spesso invalicabili delle generazioni.
Possibilmente grazie alla creazione di esemplari sovradimensionati. O l’utilizzo di applicazioni motoristiche di tipo tangente e imprevedibile, trasformati in ausilio robotico al trionfo apocalittico in determinate circostanze. Poiché la rotazione è un importante sinonimo, a più livelli, della nostra semplice quanto transitoria sussistenza. Diversificata tra le moltitudini, soltanto dalla velocità e capacità di mantenersi all’interno del suo cerchio assegnato dove tutto appare possibile, finché si prolunga la rotazione di quel sublime attimo vivente.

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