Da Dubai, l’innovativo sistema in 3D per salvare lo zoccolo del cavallo

“Possiamo ricostruirlo, abbiamo la tecnologia” non è una frase che si senta spesso in contesti equini, nonostante l’affetto e l’ammirazione reciproca che tende ad unire simili animali coi propri proprietari o cavalieri umani. Semplicemente troppo delicato, irascibile, incontrollabile, nevrotico e incapace di comprendere terapie mediche più complesse di una mera iniezione, risulta essere il più antico dei mezzi di trasporto, anche una volta circondato dall’affetto e tutta la comprensione che si merita per il suo duro lavoro attraverso i secoli e gli Eoni. Così può succedere che anche una semplice crepa nella costituzione dei suoi forti zoccoli, principale interfaccia tra l’animale e il suolo, possa gradualmente peggiorare fino a diventare irrecuperabile, causa la progressione inesorabile di un’infezione fungina, carenza vitaminica o altra leggera disfunzione di genere similare. Giungendo ad un certo punto, nonostante l’apparenza triviale del malanno, ad una situazione di pericolo effettivo per la sua sopravvivenza. E allora Cavallo, ahimé! Cosa fare… Situazioni estreme richiedono soluzioni specifiche, come potrebbe affermare con enfasi qualsivoglia dentista. Ed esistono alcune effettive corrispondenze, tra la parte anatomica della bocca che ci accomuna al nostro amico quadrupede più imponente, ed i quattro piedi di quest’ultimo, strutture massicce prodotte dal corpo ed al tempo stesso (relativamente) insensibili, al punto da infiggervi il numero tradizionale di sette chiodi, attraverso le corrispondenti aperture di uno degli oggetti più “fortunati” al mondo. E se io vi dicessi, adesso, che oltre al ferro, esistono alternative? Costruite in materiale plastico, generalmente, ed assicurate con la colla, forse più costose e meno resistenti, ma altrettanto valide a ridurre lo stress a cui viene sottoposto uno zoccolo già sofferente. Eppure non era possibile, per quanto urgente, sostituire ciò che era già andato perduto, ispessendo letteralmente il piede equino nelle situazioni in cui soffriva maggiormente, al di fuori di quel piccolo strato ultra resistente della più diffusa scarpa al di fuori dei contesti più propriamente umani. Fino ad ora: enters Formahoof, innovativa startup con sede a Dubai, fondata l’anno scorso da Robert Stevenson e con la direzione tecnica di Jimmy Nicolaides, promotrice di una notevole Terza Via, sostanziale frutto delle moderne tecnologie applicate ad un problema vecchio quanto l’addomesticazione degli ungulati. Basato, tra le altre cose, su un polimero innovativo e la stampa digitale in 3D, ma anche il caro e familiare ingegno, frutto della mente fervida applicata al bisogno di aiutare un vecchio amico. Vederlo in funzione, come mostrato nel qui presente video del maniscalco di YouTube Alex Ridgeway, ne chiarisce subito il cruciale funzionamento: tutto inizia, in parole povere, con uno stampo. Ovvero la forma, al negativo e stampata mediante tecniche di prototipazione 3D, dello “zoccolo perfetto” ovvero l’ideale rappresentazione di come dovrebbe essere la forma della struttura concettualmente simile a un’unghia, ma così essenziale a garantire la sopravvivenza dell’animale. Tale oggetto, quindi, viene fatto indossare ad incastro al cavallo, prima di iniettarvi all’interno uno speciale materiale plastico capace d’indurirsi con notevole rapidità. Ciò che segue, se si guarda dall’esterno ed anche in assenza di conoscenze specifiche del settore, può rapidamente portarci al galoppo nelle regioni ultraterrene dello stupore…

Jimmy Nicolaides spiega, con chiara enfasi e passione, l’effettivo principio di funzionamento del Formahoof, per il programma di settore Dubai Racing. Non è difficile immaginare scene simili nella maggior parte delle fiere di settore, mentre rappresentanti della compagnia tentano d’introdurre un concetto tanto diverso da quelli precedentemente dati per scontati.

Non c’è trucco, non c’è inganno, si diceva una volta. Ed in questo caso, è altrettanto possibile affermare che non c’è colla perché tutto si regge ad incastro; niente male, davvero. O forse potremmo dire che la colla è in effetti tutto l’oggetto risultante, da un così innovativo approccio al problema di partenza. Idealmente messo in pratica nonostante la sua relativa semplicità, nella maggior parte delle circostanze, da un maniscalco esperto o vero e proprio veterinario, che dovrà riuscire a mantenere calmo il cavallo per i pochi minuti necessari (missione difficile, ma niente affatto impossibile) affinché la resina simil-plastica assuma la sua forma più solida. Poi sollevargli di nuovo il piede, al fine di rimuovere lo stampo, un passaggio meno immediato di quanto si potrebbe tendere a pensare. A questo punto, mediante l’impiego degli strumenti più familiari tipici dell’antica professione, potrà rifinire il lavoro, rimuovere le imperfezioni e qualora venga ritenuto necessario, scolpire ulteriormente lo zoccolo ricostruito. E giddy-up, su, forza! Siam subito pronti a ripartire. I vantaggi offerti da un simile approccio, anche in assenza di patologie o danneggiamenti, risultano quanto mai interessanti. La scarpa di plastica modellata ad hoc protegge infatti lo zoccolo, senza impedirne in alcun modo la ricrescita e necessaria rigenerazione. Grazie alla relativa flessibilità del materiale, inoltre, si allarga naturalmente in base alla quantità di peso sopportato, aumentando la stabilità dell’animale. Esistono a tal proposito tre principali tipologie di stampi, spediti in tutto il mondo attraverso il sito ufficiale della compagnia: normale, performance e traction, creati per rispondere alle esigenze specifiche di ogni possibile tipo di sport equino: corsa, ostacoli, polo, dressage… A questi si aggiunge una versione più piccola per i puledri che stiano sviluppando un qualche difetto d’andatura, fornita di estrusione correttiva nella sua parte posteriore, capace di garantire lo sviluppo idoneo dello zoccolo in qualsiasi circostanza. Un ulteriore punto forte del sistema Formahoof è la maniera in cui esso forma una vera e propria capsula protettiva per la parte anatomica in questione, impedendo l’infiltrazione di elementi estranei potenzialmente lesivi e permettendo l’applicazione di medicazioni di vario tipo, un po’ come fatto normalmente con le scarpe temporanee fatte indossare all’animale in circostanze dalla comparabile gravità clinica. Un ulteriore strato di rete in plastica può inoltre essere inserito preventivamente nell’intercapedine tra lo zoccolo e la plastica, garantendo imbottitura e ammortizzazione per il cavallo. Ma la cosa forse più notevole sono le scanalature simili a quelle di un cingolo o pneumatico veicolare che trovano posto nelle versioni da competizione del prodotto finito, capaci di garantire una presa persino migliore di quella naturale in situazioni di terreno dismesso o al fine di affrontare tragitti sdrucciolevoli di vario tipo. Coerentemente alle quali, è possibile immaginare un potenziale futuro in cui l’impiego dei ferri possa venire sostituito in toto da soluzioni simili a questa, con un costo relativamente maggiore ma innegabile sofferenza minore per la struttura anatomica che vanno ad assistere, nella sua pluri-secolare e pur sempre difficile interazione con l’asfalto e le altre strutture prodotte dagli umani. Non che una cosa escluda, del resto, l’altra: resta pur sempre possibile, una volta creato lo zoccolo artificiale, inchiodarvi il tradizionale componente in acciaio per un’ulteriore protezione. Una buona soluzione di compromesso, direi…

L’applicazione della resina per lo zoccolo all’interno dello stampo può risultare strana ed innaturale allo sguardo di un non iniziato, ma che dire allora del normale lavoro del maniscalco? Non capita certamente spesso, al di fuori di questo specifico contesto, d’infiggere chiodi all’interno degli esseri viventi per fargli un favore, piuttosto che il contrario!

Prodotti come questo, dunque, vanno spesso incontro ad una naturale diffidenza da parte degli esperti del settore. Ed è possibile rilevare, attraverso la lettura di articoli e discussioni in merito sui forum specializzati, la convinzione sempre latente che i “buoni vecchi metodi” debbano necessariamente risultare, nella maggior parte dei casi, superiori (benché d’altra parte, l’impiego con finalità mediche del prodotto risulti impossibile da criticare). Il costo d’accesso alla tecnologia resta d’altra parte piuttosto elevato, con circa 1.000 dollari per l’acquisto di un singolo stampo, di cui ve ne serviranno un paio (zoccolo anteriore e posteriore) i quali saranno quindi riutilizzabili un numero potenzialmente infinito di volte. Mentre la resina a base di poliuretano necessaria per il trattamento risulta relativamente economica, con circa 30 dollari al barattolo, ciascuno bastante presumibilmente al fine di portare a termine una singola applicazione.
E che dire di questo notevole cambiamento? Il futuro di un simile approccio rivoluzionario a un’esigenza antica, come sempre, dovrà essere deciso entro le prossime generazioni. Non è certo possibile sovrascrivere una pratica vecchia di millenni, messa alla prova attraverso i più diversi momenti della storia, nel giro di una singola generazione! Ma i vantaggi, per questi singoli esemplari equini soggetti a patologie potenzialmente superabili eppur nondimeno gravi, risultano immediatamente chiari, salvandoli dal dolore ed una potenziale improvvida dipartita. Il che, senza alcun dubbio ed ancora una volta, sposta in positivo la lancetta che indica il bene nel mondo.

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