Berezniki, un’intera città che rischia di sprofondare nel sottosuolo

La città si staglia in controluce sull’orizzonte, mostrando agli spettatori il suo volto composto di magazzini, abitazioni e altri edifici. Ma la sua essenza, ovvero il significato di quello che abbiamo davanti, non può essere raggiunto altrettanto semplicemente dagli occhi umani. Poiché si trova, a tutti gli effetti, sotto terra. Stiamo parlando per essere chiari di un grande centro industriale nel territorio di Perm, circondario autonomo della Russia Occidentale, grazie ai suoi 156.000 abitanti il secondo più popoloso dell’intera regione amministrativa d’appartenenza. Almeno, fino all’epoca presente. Per il suo immediato futuro, non sono molti a poter fare ipotesi. E se aveste rivolto la stessa domanda a uno qualsiasi dei suoi residenti, all’epoca della fondazione nel 1873, avreste avuto più o meno la stessa risposta. Questo in funzione di un campo di lavoro d’epoca sovietica, costruito secondo il protocollo vigente nelle immediate vicinanze di una risorsa considerata importante per il paese, che si trovava sul più vasto singolo giacimento di potassio minerale scoperto a memoria d’uomo, talmente ricco da poter rispondere, ancora oggi, al 10% dell’intero fabbisogno mondiale. Ma non tutto è rimasto lo stesso, da queste parti ed il senso d’incertezza, che un tempo veniva considerato in positivo, conserva ormai le gravi implicazioni di un disastro incombente. La possibile fine immediata di tutto quello che è stato costruito dai sognatori e amministratori di un tempo… E la gente non può dormire, senza sognare di precipitare improvvisamente per un’estensione di fino a 50 piani, dentro il baratro della vecchia miniera.
Le prime avvisaglie si presentarono verso la fine degli anni ’80, quando a causa d’infiltrazioni d’acqua intere sezioni della fitte rete di tunnel sotterranei collassarono su loro stesse, permettendo l’apertura di alcune voragini nei boschi circostanti la città. Ma allora nessuno volle affermare, in maniera evidente, che lo stesso potesse verificarsi in maniera esplosiva da un momento all’altro, presso qualsiasi quartiere del centro abitato. Spesso càpita: nessuno vuole pensare al peggio, nel timore che ciò possa precipitare gli avvenimenti. Finché non diventa del tutto impossibile conservare l’ottimismo. Siamo a luglio del 2007 quando al centro esatto di una zona industriale cittadina, d’un tratto, inizia a comparire una crepa sull’asfalto. La gente, elaborando un immediato sospetto su quello che possa rappresentare, inizia rapidamente a lasciargli spazio. E questa è l’unica scelta che potesse salvargli la vita; nel giro di qualche minuto, la fessura diventa di forma perfettamente circolare, poi s’ingrandisce in maniera rapida e devastante. L’intera sezione di un magazzino scompare alla vista, mentre i materiali contenuti all’interno precipitano rapidamente verso il basso. Ma chiunque potesse pensare che il baratro fosse destinato a riempirsi immediatamente di tali detriti, ottenendo il risultato paesaggistico di un nulla di fatto, era destinato a venire ben presto a patti con la realtà. Di un letterale canyon largo 310 metri e lungo 393, con una profondità di 257, abbastanza vasto da giocarci dentro una partita di baseball della Major League.
Tale luogo sarebbe stato chiamato il Nonno, ed avrebbe continuato, un poco alla volta, ad ampliarsi con suoni terribili e roboanti, causati dal gas intrappolato sotto la superficie di questa terra, un tempo carica di promesse e possibilità. Nel 2010, quindi, avrebbe ricevuto un degno erede con il cosiddetto Giovane, una voragine meno imponente presso un deposito ferroviario, in grado di devastare un’intera linea di capannoni, lasciare i binari sospesi nel vuoto e costringere le abitazioni negli immediati dintorni ad una frettolosa evacuazione. Per un periodo di 14 lunghi giorni, quindi, ogni trasporto via treno del prezioso minerale di potassio venne temporaneamente arrestato, dando una spinta significativa all’esportazione dello stesso a partire dalle miniere canadesi, principali concorrenti sul mercato globale di questa importante risorsa mineraria, usata come fertilizzante, lubrificante, isolante e in campo medicinale. A partire da quel momento cominciò ad apparire evidente, più o meno a tutte le persone coinvolte, che nulla sarebbe tornato più come prima…

Più volte annoverato tra i più grandi baratri a comparsa istantanea del mondo, il Nonno si è trasformato un poco alla volta in uno strano motivo d’orgoglio nazionale. Chiamatela, se volete, la tipica ironia del pensiero contemporaneo russo.

Secondo i resoconti non propriamente dettagliati reperibili online, quindi, le voragini di Berezniki continuarono ad aumentare, spesso preannunciate da veri e propri terremoti. Talvolta lontano dai palazzi, in altri casi abbastanza vicino da causare alterazioni della conformazione del suolo, e conseguenti crepe nei muri, pavimenti e soffitti delle persone. Attorno alla metà degli anni 2010, quindi, venne stabilito un numero di emergenza e installata una vasta serie di telecamere, allo scopo di monitorare la situazione e prevedere la comparsa di nuovi baratri paragonabili al Nonno e il suo altrettanto devastante erede. A una parte della popolazione maggiormente colpita sono state fornite nuove abitazioni altrove, benché sembra che il governo non abbia provveduto a ricompensare adeguatamente le loro proprietà precedenti. Altri, nonostante il senso di terrore latente, sono dovuti rimanere lì, aspettando di andare incontro a una drammatica fine.
Il problema di questa città, ciò che impedisce ogni tipo d’intervento conservativo, è la composizione effettiva del sottosuolo. Corrispondente, secondo gli studi geologici effettuati, ad un antico mare, i cui minerali residui sono una delle principali ragioni per l’abbondanza di sali di potassio, forma particolarmente vantaggiosa del materiale in questione. All’inizio del Novecento quindi, con l’espandersi delle miniere, venne compiuto un fondamentale errore: fare affidamento sugli antichi depositi dall’alto contenuto di ioni, apparentemente stabili, per sostenere la volta di un simile spazio cavo. Il che avrebbe anche potuto funzionare, se non fosse stato per il momento risalente all’ottobre del 2016, quando una sorgente vena d’acqua sotterranea si trasformò improvvisamente in sorgente, riversando il suo contenuto all’interno di alcuni dei più vasti tunnel, ormai abbandonati. Immaginate, come metafora, quella di un cubo di zucchero immerso in una tazza di caffè: ben presto la cattedrale segreta iniziò a sciogliersi e ripiegarsi su se stessa, dando luogo all’equivalenza creata da mano umana del fenomeno carsico di una dolina. Gli strati inferiori ritrasformati in un tutt’uno compatto, lasciando un vuoto situato in corrispondenza delle fondamenta stessa degli edifici. Ma l’esperienza c’insegna, purtroppo, come nulla di simile possa essere tollerato particolarmente a lungo.
Allo stato dei fatti attuali, a circa 2.000 persone è stata offerta la possibilità di trasferirsi altrove, mentre un effettivo colpevole dell’intera faccenda non è stato individuato. Il precedente proprietario della miniera, parzialmente privatizzata dopo la seconda guerra mondiale e data in gestione alla compagnia Uralkali, il magnate Dmitry Rybolovlev, è stato riconosciuto del tutto innocente in funzione di “pratiche pregresse contrarie alla sicurezza” e subito dopo l’apertura del Nonno, ha quindi provveduto vendere l’intera miniera a svariati azionisti, ancor meno perseguibili di lui. Il sentimento che permea la popolazione nella maggior parte dei documentari ed interviste girate sull’intera questione è a questo punto una comprensibile diffidenza nei confronti del governo e le misure compiute fino ad ora per tutelare chi, senza nessuna colpa, ha finito per rimanere coinvolto nella difficile faccenda.

Da alcune angolazioni, la città di Berezniki sembra lo scenario post-apocalittico di un certo tipo di cinematografia o altre creazioni distopiche d’ingegno. Non sarebbe in effetti difficile visualizzarla in un contesto futuribile e devastato da un’apocalisse ambientale, comparabile a quella di Chernobyl.

Il difficile destino di un luogo come questo parla direttamente a quel senso di responsabilità che in molti, attraverso il trascorrere degli anni, credevamo di aver perduto. Poiché non esistono ragioni di guadagno, per quanto significative, che possano sovrascrivere letteralmente l’esistenza di un’intera città. E quando essa stessa dovesse scomparire, al di sotto dell’erba e la chioma degli alberi, neppure il profitto avrà più un senso; chi resterà, a quel punto, per spendere tutto il denaro? E chi provvederà alle nuove dosi di fondamentale potassio ex-sovietico, un minerale ingiustamente trascurato dalla fantasia popolare, per quanto permea ogni momento della corrente filiera industrializzata della società moderna…
Fisso, immutabile, identico a se stesso per l’intero procedere dell’Eternità: ecco tre definizioni che in nessun modo potremmo sognarci di attribuire al nostro pianeta. E ciò diventa ancor più vero ogni qualvolta si necessiti d’inserire l’ulteriore variabile dell’intervento (fin troppo) operoso dell’uomo. Forse, se ogni evento dovesse procedere nel migliore dei modi, se gli allarmi verranno dati in tempo, se l’acqua smetterà di filtrare… Berezniki riuscirà a salvarsi. Forse al prossimo agglomerato urbano, il cui sottosuolo è stato svuotato come il contenuto di un uovo, non potrà andare altrettanto bene.

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