La fortuna di una casa infestata dai rondoni della Malesia

Ogni vicinato in cui si viva a stretto contatto con i propri simili conosce il problema di “quella” persona. Non ci sono tratti specifici che permettano di definire “quella” persona, eppure nessuno esiterebbe nel puntare il dito verso la sua abitazione: un luogo che esiste nello spazio del vivere civile eppure occupa, nel contempo, una sorta di dimensione parallela. In cui tutto è lecito, qualora personalmente gradito, e nessuno può penetrare coi propri problemi nello spazio di una vita che ha raggiunto i suoi massimi termini presenti o futuri. Nella comunità municipale di San Pascual, sull’isola di Burias nelle Filippine, “quella” persona è probabilmente Eddie “Macoy” Espares, uno degli individui più straordinariamente fortunati, e nel contempo noncuranti, che abbiano calcato il suolo di queste terre. Perché nel primo piano della sua spaziosa proprietà immobiliare a bordo strada, vivono a intervalli regolari fino ad 80.000 cinguettanti creature, generosamente invitate ed accolte nonostante il guano e il rumore causati dalla loro presenza. La ragione è presto detto: propositi di guadagni stratosferici, grazie alla produzione di una delle sostanze più costose mangiate dall’uomo. Che prima che proviate a pensarci, no, non è la carne di questi uccellini. E neppure le loro uova. Ma qualcosa di molto più insolito e per certi versi, poco invitante…
Come diceva il filosofo Nietzsche, chi lotta spesso con qualcosa deve guardarsi di non diventare, prima o poi, anche lui lo stesso. Il che vale per i demoni dell’abisso del Nichilismo, esattamente quanto gli insetti volanti del nostro pianeta. Così nonostante la superficiale rassomiglianza, gli esponenti della famiglia Apodidae hanno ben poco a che vedere con un uccello, per così dire, comune. Piccoli (tra i 10-20 cm di lunghezza in media) leggeri e straordinariamente aerodinamici, i rondoni rappresentano una commistione di tratti evolutivi perfettamente calibrati per dare la caccia agli insetti in volo: le loro sottili ali a falce, perfette per manovrare agilmente nel cielo diurno e crepuscolare, gli permettono di agire alla maniera di un piccolo falco pellegrino. Almeno se detti uccelli, piuttosto che ghermire la preda, la trangugiassero intera spalancando semplicemente il becco mentre lo raggiungono a 250 Km/h. Un approccio alla ricerca di sostentamento che condividono con gli Hirundinidae, comunemente detti rondini, dai quali non potrebbero tuttavia essere più geneticamente diversi. Come esemplificato, in primo luogo, dalla lunghezza molto minore delle loro zampe, che gli impedisce di posarsi agevolmente su superfici orizzontali, facendogli preferire il punto di vantaggio di pareti pressoché verticali, preferibilmente di tipo roccioso o artificiale, come le pareti delle case. Ma anche, e aggiungerei in maniera molto più rilevante, dal modo in cui preferiscono fare il nido: non più raccogliendo soltanto rami o foglie ed intrecciandole tra loro come avviene nel ben distinto ordine dei passeriformi,  bensì tramite una speciale secrezione delle loro ghiandole salivari, in grado di solidificarsi a contatto con l’aria nella stessa maniera della plastica di una stampante tridimensionale. Un po’ calabroni, un po’ falene, un po’ ragni che tessono la loro stessa casa, questi uccelli esistono in varie versioni attraverso i diversi continenti della Terra, benché la più celebre in senso internazionale resti sicuramente quella del gruppo di specie note con il termine generico di salangane, diffuse principalmente nei paesi del Sud-Est Asiatico, il Borneo, l’Indonesia e le Filippine, che hanno la caratteristica di crearsi un nido ancor più speciale, in cui il rapporto tra materiale raccolto e secrezione collosa è particolarmente a vantaggio di quest’ultima. Soprattutto nel caso dei cosiddetti rondoni bianchi (non per il colore) quelli mantenuti in più alta stima da tutti i nativi e gli estimatori della cucina cinese.
Ora, non è semplicissimo immaginare chi, per primo ed in che momento, abbia pensato ad arrampicarsi fino alle sommità delle loro caverne e gli altri luoghi di procreazione, per sottrarre il candido costrutto creato dalla saliva, e quindi usarlo come ingrediente principe di un nuovo concetto di zuppa definitiva. Ma il particolare impiego si è ritrovato ben presto dell’attenzione dei gourmand e non solo, principalmente in forza della credenza tipicamente orientale, secondo cui determinati tipi di cibi rari sarebbero portatori di un particolare benessere sistemico dell’organismo umano, in grado di superare la degenerazione cellulare e persino, in casi estremi, arrestare il processo d’invecchiamento.

Vedere un asiatico che usa la forchetta è piuttosto raro. In modo particolare quando lo strumento serve ad agganciare, tramite i suoi denti appositamente ripiegati, i grumi di saliva solidificata dei rondoni sul tetto di una grotta millenaria.

Quale sia la specie esatta mostrata nel video di Little Big Story su Mr. Espares non viene esplicitamente specificato, benché sia ragionevole pensare che si tratti proprio dell’Aerodramus fuciphagus, il rondone all’origine dei nidi più pregiati, proprio perché composti nella massima parte dalla sola saliva, senza troppi ausili strutturali raccolti in giro ed incorporati dall’uccello durante la sua creazione. La caratteristica dominante di questo uccello è quindi proprio la sua natura gregaria, che lo porta generalmente a farsi la casa all’interno di grosse caverne, assieme a letterali migliaia dei suoi simili, ciascuno in grado di volare al buio grazie all’impiego di un senso di ecolocazione, non troppo dissimile dal sonar dei pipistrelli. Tranne che per il fatto di trovarsi all’intero della gamma udibile dall’orecchio umano, nascendo quindi da una serie di schioppi ed emanazioni nette, inviate a rimbalzare contro le pareti distanti. La raccolta di questi nidi quindi costituisce, da tempo immemore, un particolare e difficile mestiere portato avanti da una specifica categoria di arrampicatori, che recandosi presso simili luoghi al termine della stagione riproduttiva, devono arrampicarsi su scale e cavi precedentemente disposti, per poi raschiare via dal muro i nidi tramite l’impiego di appositi bastoni appuntiti (o strumenti similari). Particolarmente celebre, e spesso mostrato nei documentari, è lo stile di vita degli abitanti di Sandakan, cittadina nella Malesia insulare, sita in prossimità delle vaste caverne di Gomantong. Dove ogni anno, schiere di esperti raccoglitori si arrampicano in condizioni precarie, rischiando letteralmente l’osso del collo mentre preparano un prezioso raccolto, che dovrà quindi essere inviato puntualmente verso la città di Hong Kong, da dove verrà smistato in tutta la Cina. Un’attività talmente redditizia che in tempi recenti si è trasformata in un’esportazione significativa di questi paesi, responsabile per un PIL paragonabile o superiore a quello di attività più convenzionali, come la pesca. È un fatto acclarato, del resto, che la zuppa di nidi di rondine possa arrivare a costare fino a 2.000 dollari al Kg, in base alla rarità del suo livello qualitativo. Una situazione che potrebbe, presto  o tardi, radicalmente cambiare.
Secondo uno studio dell’Università Malese di Sarawak è infatti almeno dal 1990 che viene praticato l’allevamento sistematico delle salangane, a seguito di un anno particolarmente sfortunato in cui un grave incendio dovuto alle attività di deforestazione causò la migrazione di massa dei rondoni dall’isola di Kalimantan a quella di Sarawak, seguìto da una crisi economica che avrebbe raggiunto il suo culmine nel 1997-98. Negozi e interi edifici rimasti sfitti, quindi, vennero riconvertiti dal popolo in cerca di nuovi metodi di sostentamento, scoprendo che non era poi così difficile attirare gli uccelli ed indurli a fare il nido nella propria esclusiva giurisdizione. Tutto quello che occorreva fare, e viene tutt’ora fatto (anche se forse non nel caso di Espares) è disporre degli altoparlanti che emettano continuamente il richiamo degli uccelli, talvolta coadiuvati da richiami olfattivi come la “pozione d’amore” un aroma che imita i feromoni emessi naturalmente da questa specie. In tempi recenti, quindi, tale attività è stata paragonata a quella dei cercatori del Far West americano, arrivando a definire la preziosa secrezione aviaria come “Oro bianco del cielo”, in modo particolare a seguito di alcune ricerche scientifiche recenti, che hanno dimostrato l’esistenza all’interno dei nidi dell’EGF (Epidermis Growth Factor) una sostanza in grado di stimolare la rigenerazione delle cellule umane. E immaginate dunque la gioia di svegliarvi la mattina, scoprendo che ospiti inaspettati si sono in qualche modo insinuati tra le travi del vostro soffitto, deponendo le uova che maschio e femmina dovranno quindi covare a turno, per le prossime settimane a venire…

La preparazione dei nidi di rondine alla consumazione è un processo estremamente difficile, che consiste nel rimuovere ogni traccia di piume e altre scorie dalla pura e limpida secrezione salivare. Come nel taglio di un diamante, occorre trovare il giusto equilibrio tra ciò che viene tolto e quanto finirà invece nella zuppa, pena una drastica riduzione del valore dell’oggetto sottoposto al trattamento.

È inutile sottolineare come, in un’attività di raccolta che attacca direttamente lo strumento riproduttivo di un’intera specie, la coscienza ecologica diventi assolutamente primaria. C’è una diretta corrispondenza, in effetti, tra la quantità di nidi raschiati via troppo presto, e quanti uccelli potranno effettivamente giungere l’anno prossimo a rinnovare un particolare luogo riproduttivo, con conseguente guadagno dei raccoglitori umani. E benché in alcune comunità tale senso di responsabilità sia stato trasmesso attraverso le generazioni, grazie alle usanze di un popolo, questo non è sempre vero nell’intero territorio abitato dalle salangane. Dove può sussistere, anzi, la tendenza a pensare che una volta che l’uccello è venuto a riprodursi dentro una proprietà privata, esso diventi la proprietà esclusiva di colui che possiede le mura. Il che non tiene conto del fatto che la quantità degli uccelli è pur sempre un numero finito, e per ciascuno di essi che preferisce l’alternativa artificiale alla vecchia solida caverna, ci sia un’immediata diminuzione di quelli del tutto autosufficienti.
Ed è per questo che allevatori “per caso” come Espares, non condizionati da logiche di commercio e sfruttamento ai massimi termini, diventano preziosi per la Natura: persone che, nelle sue stesse parole, considerano i propri benefattori alati come “ospiti” e non delle proprietà. Che pagano l’affitto, esattamente come farebbero gli umani, attraverso il prodotto della propria fatica ed attività quotidiana. Fiumi interi di saliva appiccicosa in grado di rendere giovani, facilmente trasformabile in vil denaro. E chi mai vorrebbe, davvero, vivere in eterno?

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