La strana nascita del pollo dei vulcani

Un litro d’acqua gassata all’interno di una bottiglia da mezzo litro, questo è la Terra. Pianeta i cui stessi sconvolgimenti, attraverso gli eoni, hanno posto le basi per la nascita della vita e la deriva dei continenti. Che cosa saremmo, oggi, se tutta l’energia a nostra disposizione dovesse provenire dal Sole e dalle maree? Nessun fuoco interiore, niente venti, né terremoti. La vita animale, tra cui quella umana, non è che un aspetto della sua controparte minerale, il residuo di quel grande boato primordiale che si oppone naturalmente al processo dell’entropia. Vi sono creature che lo comprendono. Vi sono esseri che devono la loro stessa sopravvivenza a questo particolare barlume di saggezza. E qualsiasi simile recipiente, ciò è inevitabile, presenta un qualche tipo di valvola di sfogo. Normalmente, le chiamiamo “tappi” ma i geografi preferiscono definirli Islanda, Etiopia, Filippine, Giappone… Indonesia, in particolare presso l’enorme isola di Sulawesi. Una confluenza serpentiforme di territori abitabili, fatta di quattro penisole e diversi centri abitati e costellata di vulcani. Ma forse, descrivere questo luogo a partire dalle sue zone urbane sarebbe alquanto riduttivo. Poiché è proprio dalla vasta giungla centrale, che emergono alcuni dei più strabilianti capolavori dell’Evoluzione.
Può capitare di vederlo succedere in qualsiasi periodo dell’anno, come è consueto negli ambiti climatici tropicali: uno stormo, se così scegliamo di definirlo, composta da uccelli lunghi all’incirca 60 cm ciascuno, il dorso nero come il carbone ed il ventre rosa, color di una pesca matura. Con gli occhi cerchiati di giallo e qualcosa di strano sopra la testa: ciò che in gergo aviario incontra il nome di casco, ovvero una struttura semi-solida e bulbosa, simile a un elmetto da football. Ma che è stato anche descritto come una zecca gonfiatasi fino alla dimensione di una noce. Ed è forse proprio questo elemento a donare in massima parte l’aspetto marcatamente alieno dell’animale, un’impressione ulteriormente supportata dagli strani versi che emette, simili a un stridulo tacchino. Per non parlare del suo impossibile comportamento. Una volta raggiunta la spiaggia antistante la propria foresta, infatti, il gruppo di Macrocephalon male (Comunemente detti maleo) inizia immediatamente a scavare, facendo uso delle potenti e spesse zampe ricevute in dono dalla natura. Il proseguire di questo episodio, se non vogliamo definirla una vera e propria scena, progredisce quindi verso il regno dell’impossibile, con le diverse coppie di maschio e femmina che collaborano nel sollevare un impressionante nube di polvere, mentre manciate di sabbia vengono gettate in ogni direzione, incluse le buche dei propri colleghi. Di tanto in tanto, gli uccelli immergono il becco nella sabbia, nell’apparente tentativo di sentirne il sapore. In realt, ne mettono alla prova la temperatura. Nasce qualche lite, gli spazi vengono definiti, il vortice del Caos impera in un favoloso congiungimento di turbinii. Una volta tornata la calma, le femmine si accovacciano sopra i rispettivi buchi e depongono un singolo uovo. Enorme ed oblungo, grande fino a cinque volte quello di una gallina. A questo punto lo ricoprono completamente e con apparente soddisfazione, spiccano il volo per fare ritorno ai boscosi territori di provenienza.
Se ci fossimo trovati in un qualsiasi altro paese, probabilmente, tutto questo non avrebbe portato ad alcunché di fecondo. Privo di calore sufficiente a raggiungere la schiusa, il pulcino sarebbe morto in totale solitudine e oscurità, senza mai sperimentare l’ebbrezza del sovrastante cielo. Ma poiché il suolo di Sulawesi, come per l’appunto dicevamo, è connesso ai condotti che si diramano dal grande mare di magma nelle profondità del mondo, e grazie all’attenzione prestata dai suoi genitori, il suo pertugio irraggiungibile dai predatori potrà vantare una temperatura che si aggira attorno allo sweet spot dei 33 gradi netti. Sufficiente affinché, dopo il trascorrere di 60-90 giorni, il neonato possa rompere il guscio, mettendo piede in quella che potrebbe assai facilmente costituire la sua stessa tomba. Il fatto, vedete, è che il piccolo di maleo può facilmente trovarsi anche ad un metro di profondità. Ragione per cui è biologicamente concepito, fin dal primissimo attimo di libertà, per affrontare le imprese e le fatiche di un esemplare adulto, fatte le debite proporzioni. Ed a quel punto, con rapida rassegnazione, non potrà far altro che mettersi a scavare.

Come cani che seppelliscono l’osso. La pratica dei maleo è in realtà diffusa tra tutta la loro famiglia dei Megapodiidae, uccelli che seppelliscono generalmente le uova sotto uno strato di foglie verdi, che marcendo generano calore. Soltanto lui domina il potere e l’efficienza del grande vulcano…

Becchi arancioni che sbucano tra la sabbia, seguiti da una testa non ancora bulbosa, il corpo a forma di bottiglia ed infine, la piccola coda nera. Dopo un alacre lavoro di almeno due giorni, senza aver ancora bevuto o mangiato., Per noi mammiferi, una scena inconcepibile: quale cucciolo da svezzare, in effetti, può fare a meno delle amorevoli cure dei suoi genitori, per affrontare immediatamente le più pressanti necessità della vita… In quel momento culmine della loro fatica, i pulcini di maleo sono completamente allo scoperto, perfettamente visibili ad un qualsiasi predatore, inclusi quelli (terribili) introdotti nei secoli dagli abitanti umani, quali cani, gatti e topi. Essi non pensano, dunque, alla prossima mossa: semplicemente spiegano le ali e si mettono a volare. In formazione perfettamente ordinata, come una punta di freccia, puntata accuratamente verso i margini del sottobosco. Sarà soltanto allora, con un brusco atterraggio, che gli uccelli potranno iniziare a rilassarsi, e mettersi a frugare tra l’erba alla ricerca di cibo.
I benefici da un punto di vista evolutivo sono, direi, piuttosto importanti: il fatto di poter produrre il piccolo di vertebrato più indipendente al momento della nascita nell’intero ambito dei vertebrati, significa per questi uccelli risparmiare fino all’ultimo ritaglio di energia, per le cose più importanti della vita, come scavare altre buche, premurandosi di deporvi ulteriori uova. Non doverle covare, poi, è una vera e propria benedizione. Pensate se noi umani potessimo mettere al mondo i nostri eredi senza alcun tipo di gravidanza. Se poco tempo dopo il concepimento essi semplicemente apparissero, perfettamente formati e in salute, e il governo iniziasse spontaneamente a provvedere ad ogni spesa connessa alla loro crescita ed educazione. Probabilmente, a questo punto della nostra storia, vivremmo seri problemi di sovrappopolazione. Ma poiché nel caso del maleo “il governo” è la dura legge della sopravvivenza, non credo ci sia alcun pericolo per la verdeggiante isola di Sulawesi. In particolare per la spietata caccia delle uova, considerate una prelibatezza, e la progressiva riduzione degli habitat, a cui è andata incontro questa affascinante creatura nel corso delle ultime generazioni. Iscritta alla lista rossa della IUCN all’interno della sezione delle specie a rischio, oggi ne restano soltanto 4.000-7.000 coppie fertili in grado di riprodursi, per di più concentrate tutte in una singola area geografica, con massima vulnerabilità ai disastri ed ai mutamenti sempre più gravi del clima. Il problema principale è il disboscamento, conseguenza inevitabile del tipo di industria ed agricoltura praticata sull’isola, con un progressivo allontanarsi dei confini delle foreste dalle spiagge storiche presso cui gli uccelli depongono le loro uova. Mano a mano che queste ultime diventano troppo remote perché un pulcino possa percorrere il tragitto in volo e mettersi in salvo, i maleo smettono di visitarle, riducendo sempre di più l’areale della propria operatività. In tempi recenti, tuttavia, si sta facendo molto per tentare di riportare agli antichi fasti questo importante simbolo nazionale dell’intera Indonesia.

Presso lo zoo del Bronx è stato scoperto un metodo infallibile per comprendere quando la femmina di maleo è prossima a deporre l’uovo: la cosiddetta prova della nocciolina. Questi uccelli infatti, che ne vanno ghiotti all’inverosimile, potranno sognarsi di rifiutarla solamente quando distratti dalla più pressante necessità biologica della propria esistenza.

Tutto questo, grazie principalmente grazie all’operato dell’Alleanza per la Conservazione di Tompotika, partnership nata da una spotanea popolare e finalizzata a tutelare la sopravvivenza dell’uccello maleo con tutti gli strumenti, sistematici e amministrativi, di cui il loro paese li ha insigniti. Si è così iniziato, tra il 2001 e il 2004, ad istituire una serie di divieti di raccolta delle loro uova in tutte le regioni dell’isola, incrementando così drasticamente le probabilità di sopravvivenza della prossima generazione. Centri specializzati sono inoltre stati istituiti, per prelevare l’involucro dei nascituri e portarli presso dei centri specializzati d’incubazione. La percentuale di nascite riuscite in natura per i maleo supera in effetti di poco il 50%, facilmente aumentabile in situazioni controllate. Prima che possano abituarsi alla vita in cattività, quindi, i pulcini vengono rilasciati, affinché possano procreare essi stessi permettendo al ciclo di continuare. Nel 2008 uno di questi centri, il Pelestari Alam Liar dan Satwa (PALS) ha addirittura acquistato un’intera spiaggia, affinché i loro protetti possano recarvisi a deporre indisturbati dai molti pericoli causati dall’uomo. Un’altra storia di successo è quella dello zoo del Bronx negli Stati Uniti, che a maggio nel 2013 è riuscito per la prima volta a far nascere degli esemplari di questo uccello lontano dall’isola di Sulawesi. Un evento che ha dimostrato come la vita in cattività sia in effetti possibile, e possa risultare utile a garantire la continuativa sopravvivenza della specie.
Pur appartenendo ad una famiglia con ampia diffusione, quella dei Macropodidi, i maleo sono gli unici rappresentanti del proprio genere, e per questo un misterioso ramo dell’albero della vita, la cui discendenza fossile non ci appare del tutto evidente. La loro storia più remota, assieme alle specie da cui hanno tratto l’origine, restano un mistero che affascina e rende perplessi gli scienziati ormai da diverse generazioni. Fossero i soli… Forse davvero, come sembrano suggerire la testa bulbosa e l’idioma incomprensibile che fuoriesce dalle loro bocche, sono visitatori di Terre, o dimensioni lontane. Riusciremo probabilmente a comprenderlo, quando finalmente sarà completata la costruzione del sistema di traduzione simultanea uccello-uomo. Prima, tuttavia, bisognerebbe inventarlo.

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