È un video interessante perché non siamo abituati a vederli così: al centro di un’immagine perfettamente stabile, inquadrato di profilo. Dalla piattaforma di un veicolo altrettanto veloce, ma non dotato delle stesse prestazioni. Per il semplice fatto che sta viaggiando su strada. La velocità media di uno di questi bolidi esteticamente affini al concetto di pick-up (o come li chiamano in patria, trucks) si aggira in effetti sui 150-180 Km/h; niente che un’auto sportiva di classe media non possa raggiungere, dietro adeguato spazio per accelerare. Ma è dove riescono a farlo, a costituire il tratto definitivo dell’intera questione: sopra i sassi, le buche, i dislivelli dei deserti nordamericani. In Arizona, California e Messico, ad esempio, dove quelli che a noi sembrerebbero degli ostacoli importanti, vanno considerati come poco più che un ciottolo finito sull’asfalto. O a Plaster City US-CA, la patria nazionale dell’intonaco per le pareti delle abitazioni. Esatto, proprio così. Perché qui si trova, fin dal secolo scorso, una delle miniere più importanti al mondo di gypsum, minerale evaporitico anche noto come plaster of Paris, per la sua patria tradizionale europea in prossimità della capitale francese. E qui viene individuato, nell’estremo meridione dello stato di Los Angeles e San Diego, anche un tracciato particolarmente popolare per testare le sospensioni, gli pneumatici e il motore prima di partecipare ad una delle gare più importanti al mondo: la Baja 1000 di Ensenada, Mexico, nella penisola della Bassa California. Tecnicamente definibile come un raid rally, ma dal punto di vista delle passioni umane, più che altro un’avventura, un viaggio epico, una corsa contro il tempo e le illusioni. Ora, la differenza tra questo e un rally secondo il concetto europeo, potrebbe esservi già nota: per il Campionato del mondo WRC si corrono una serie di prove speciali lungo dei tratti chiusi al traffico, quindi si sommano i tempi per ottenere il risultato finale. In America, invece, si parte da un punto e si mira ad un altro, ad 800, 900, 1000 miglia di distanza. L’intera gara, rigorosamente ininterrotta, può durare anche più di 24 ore. Il che, ovviamente, pone sotto uno stress notevole piloti e navigatori (quando presenti) ma anche e soprattutto i loro mezzi di trasporto. Che possono appartenere ad un vasto ventaglio di classi. L’ente organizzatore della SCORE International (Sanctioning Committee Off Road Events) riconosce allo stato attuale oltre 40 tipologie diverse di mezzi di trasporto, tra cui figurano automobili quasi-di-serie, grossi fuoristrada, dune buggies, motociclette, ATV… E poi ci sono loro. I trucks. I più impressionanti fulmini che abbiano lasciato l’approdo sicuro delle strade costruite dall’uomo.
Quello che avete visto nel video di apertura appartiene al team relativamente piccolo degli Psychotic Racing, che in quanto tale partecipa alle gare della SCORE nella categoria 14 di livello semi-pro, la cui definizione risulta essere “Sportsman Unlimited Open Truck”. Il che si riferisce a dei fuoristrada alterati in maniera significativa, ma non costruiti appositamente da zero per massimizzare la velocità e stabilità di gara. Il risultato finale non viene in alcun modo compromesso da ciò. Poiché l’auto in corsa sembra, piuttosto, una nube di tempesta, in cui il caos e i venti si scatenano al di sotto della linea di divisione. Mentre la parte sovrastante al corpo macchina, la scocca che corrisponde all’empireo del Paradiso, resta perfettamente stabile ed immota. Si potrebbe quasi prendere un caffè, durante questa breve passeggiata di salute. Si potrebbe dipingere un quadro o fare pratica nella calligrafia. Poiché è un viaggio che ci ricorda, in modo molto esplicito, come la forma più naturale delle gare motoristiche non debba necessariamente prevedere alcun tipo di curva. Un concetto, quello, che si origina dall’idea di mettere alla prova dei piloti nella guida “su strada”. Mentre quando si viaggia nell’ambiente del puro ed assoluto deserto, le uniche deviazioni che contano sono quelle di natura verticale. Ed anche loro, possono essere eliminate…
Passiamo, dunque, alla roba davvero forte. C’è un confine concettuale ed invisibile, oltre cui il premio di qualche decina di migliaia di dollari concesso ai vincitori cessa di fare in alcun modo la differenza. Lo spazio operativo dei team maggiori partecipanti alla Baja, per cui la spesa si misura in quarti, o metà del singolo milione di dollari. Esistono due sole categorie riconosciute dalla SCORE che vengono giudicate degne di occupare la prestigiosa classe 1: la ruote scoperte Veh #100-199 ed i pick-up Veh #1-99. Persino tra queste due, viene concesso un distacco di 60 secondi, per evitare pericolosi ingorghi data la velocità superiore del possente gruppo di quelli che prendono il nome di trophy trucks. Stiamo parlando, tanto per metter in chiaro le cose, della più veloce categoria motoristica fuoristrada al mondo. Occupata, nello specifico, da veicoli con motore per lo più a benzina dotato di aspirazione naturale sugli 800-850 cavalli, scocca tubolare in acciaio chromoly ed un peso che si aggira sulle due tonnellate. È prevista anche un’alternativa con sistema turbo, ma soltanto per i motori a diesel. Questo perché, vista la lunghezza minima di una di queste gare, va considerato anche il consumo di carburante.
Diversi altri accorgimenti perfezionano i propositi di vittoria dei corridori infernali: il più visibile sono le sospensioni assolutamente fuori misura, con una corsa di circa 66 cm davanti ed 81 per il retrotreno. Essenzialmente, guidare uno di questi mezzi è un’esperienza unica perché in fase di frenata, ci si ritrova letteralmente a puntare con il cofano verso il suolo. Ed in curva ci si piega su un lato, come a bordo di un motoscafo. Il produttore più diffuso di tali componenti è la King Shocks. Gli pneumatici da gara misurano in media 98-100 cm e vengono montati su cerchi in lega di 43 cm. Un cambio costa all’incirca 1200 dollari, e il mezzo trasporta tipicamente almeno un paio di ruote di scorta, nel caso probabile in cui debba forare durante la corsa brutale tra la sabbia ed i sassi messicani. Per quanto concerne la trasmissione, alcuni team impiegano un cambio sequenziale a sei marce senza frizione, ma lo standard più diffuso prevede (molto appropriatamente, visto che siamo in America) la soluzione dell’automatico a tre marce. In questo caso il fornitore è in genere la Novak con la sua TH400, definita sul sito ufficiale “trasmissione estremamente durevole e leggendaria”. Esistono anche, contrariamente alla Formula 1, produttori di Trophy Trucks fatti e finiti costruiti su misura, come Jimco, Geiser Bros, Racer Engineering, ID Designs… Che in determinati casi competono direttamente in qualità di team di gara. Ma non solo. Potremmo chiamarlo, se vogliamo, come un aspetto della tipica mentalità imprenditoriale statunitense. Niente decide chi debba vincere, come può farlo il dio denaro!
Quale potrebbe essere, dunque, il costo complessivo di uno di questi ineccepibili mezzi di trasporto. La risposta necessariamente vaga è che naturalmente può variare in modo sensibile, soprattutto durante la fase di ricerca e sviluppo dei singoli componenti creati ad-hoc dalla squadra di gara. Quella che punta a voler fare una stima, invece, si aggira sui 750.000/un milione di dollari, senza considerare la spesa per equipaggiare la squadra di supporto ed intervento di recupero in gara (circa 250.000) ed i costi di manutenzione, ripristino e rifornimento prima di ciascuna gara. Il solo carburante da alta gradazione di ottani impiegato da questi veicoli, per fare un esempio, ha un costo di circa 13 dollari a gallone. Il trophy truck medio può arrivare a bruciarne uno ogni 4 Km di tragitto percorso a regime. Volendo effettuare un’ipotesi conservativa, potremmo a questo punto decidere di mettere da parte altri 30.000-40.000 dollari per ciascuna gara a cui intendiamo prendere parte nel corso della stagione. Non proprio bruscolini. Ma neanche un prezzo così fuori misura, per potersi mettere al volante del più potente mezzo fuoristrada mai concepito nell’intera storia dell’ingegneria umana.
Esiste questo preconcetto, probabilmente legato all’origine dell’intera branca del concetto di sport a motore, secondo cui le gare su di un tragitto siano naturalmente più prestigiose. Perché prevedono l’impiego di auto speciali, su tragitti “difficili” con alcuni dei piloti più famosi e pagati al mondo. Mentre il vero e proprio fuoristrada è inerentemente subordinato, legato all’attività d’imprudenti scavezzacollo che vanno da un punto A verso il B. Ma l’evidenza ci dimostra che è la necessità stessa di una strada, ad essere arbitraria. E guidare su un singolo, infinito rettilineo, non sia affatto meno interessante dell’alternativa citata. Tutto risiede nell’acquisizione del giusto stato mentale. E l’accumulo di conoscenze pregresse per poter dire, davvero, di comprendere ciò che si sta guardando.