I forti di ferro nel Mare del Nord

Maunsell Army Forts

“Quando le nebbie di Avalon si diraderanno, gli spiriti degli Angli, dei Sassoni e degli Juti sorgeranno nuovamente dalle acque, per proteggere la terra di Britannia dai suoi nemici stranieri.” O almeno così avrebbe potuto profetizzare, un ipotetico pilota tedesco di ritorno da una missione di bombardamento lungo il Tamigi, dopo essere sopravvissuto per sua fortuna all’incontro con una di queste figure architettoniche, tra le più insolite costruzioni belliche nella storia dell’uomo. Volando a bassa quota sul mare d’inverno del 1942-43, alla ricerca di un qualche punto di riferimento (non c’erano i GPS) soltanto per trovarsi d’innanzi, impossibilmente, alle zampe di un’astrusa cavalletta gigante. Con cinque sorelle. Notare le mostruose antenne che si riorientano, mentre sul dorso dell’insetto già corrono i soldati, ciascuno addestrato a compiere un gesto e quello soltanto. Così: efficienza, operatività, dovere di annientamento. In breve tempo, il cannoni Bofors da 40 mm e le numerose mitragliatrici aprono il fuoco, illuminando la strada all’intera formazione di Messerschmitt Bf 109 e Bombardieri Stuka. Poco prima di rettificare la mira.
Dozzine di aerei. Altrettante bombe volanti V-1, in viaggio sicuro verso la distante città di Londra, fermamente intenzionate a condurre la loro battaglia contro la serenità mentale di un’intera popolazione civile. A questo ed altro furono utili i forti collocati presso gli estuari del Tamigi e del Mersey, fortemente voluti dai vertici militari del paese, al fine di proteggerlo dagli attacchi e soprattutto avvisarlo in anticipo, guadagnando tempo nel caso sopraggiungesse il temuto giorno dell’invasione dal continente. Va considerato del resto come in quei foschi anni, in cui la guerra era uno stato di fatto tristemente accettato, la Francia era caduta, ormai da diversi anni, e l’Inghilterra restava sostanzialmente isolata dal resto dei suoi alleati. Una situazione estrema, che avrebbe condotto alla ricerca di strade mai percorse in precedenza. Ci voleva un’idea. Ci voleva…Guy Maunsell. Molto è stato detto sull’ingegnere civile, nato nel 1884 nell’India inglese e laureatosi in patria, che nel corso della prima guerra mondiale era stato coscritto come ufficiale dei Royal Engineers, ponendo le basi di due importanti progetti per il paese: la progettazione delle Creteships, delle navi da trasporto in cemento, più solide ma anche costose dell’alternativa tradizionale in metallo, ed il piano per la fortificazione dello stretto di Dover, contro il passaggio dei problematici U-Boat.
Ma la sua opera più significativa resta tutt’ora la serie di forti marittimi costruiti, come architetto di fama già conclamata, a partire dal ’42 e inizialmente su precisa commissione dell’Ammiragliato di Sua Maestà. Questa particolare versione era soltanto la prima, che trovò realizzazione presso quattro luoghi distinti e risultava nei fatti alquanto diversa dai forti dell’esercito successivi, di cui uno compare nel video di apertura. L’idea di base era piuttosto semplice: venivano costruite due torri alte sette piani, con un galleggiante di 54×25 metri alla base ed una piattaforma superiore, su cui avrebbero trovato collocazione le armi e le antenne radar. Quindi, dopo un breve periodo in cui l’equipaggio veniva fatto acclimatare in condizioni d’addestramento, la strana imbarcazione veniva trainata fino al punto designato, dove l’apertura di alcuni appositi portelloni causava l’inondazione parziale. Ciò costituiva una sorta di anticipazione di quelle che sarebbero diventate le semisommergibili, odierne piattaforme petrolifere usate negli stessi mari inospitali, senza nessun timore della furia degli elementi. Con una significativa differenza: lo scafo dei forti era stato pensato per raggiungere il fondale marino, dove si sarebbe rotto impattandolo, trasformandosi nelle fondamenta di un guardiano destinato a durare molto a lungo. Le strutture di Rough Sands, Sunk Head, Tongue Sands e Knock John, ciascuna occupata da circa 120 soldati, erano sostanzialmente inamovibili, un nuovo punto d’orgoglio e un sollievo per le menti col quadro tattico chiaro, pienamente consapevoli di quello che potevano fare per scoraggiare i continui attacchi del nemico. Eppure mancava ancora…Qualcosa. Così, nel 1943, si decise di costruire una seconda linea di difesa, più vicina alle spiagge, che fosse in grado d’intervenire tenendo a bada le minacce più persistenti. E anche se questa volta fu l’esercito a commissionarli, invece che la marina, questo fu frutto della stessa premiata matita. Che in quel caso realizzò, secondo l’opinione comune, il suo capolavoro.

Maunsell Forts
Le strutture ancora integre sono oggetto di un turismo occasionale ma entusiasta, con tour guidati presso le strutture costiere ancora accessibili. Una di queste escursioni ha un costo medio di 60-80 sterline a persona, e parte dei ricavi sono spesso reinvestiti per la manutenzione dei forti.

Una fortezza marina di Maunsell della seconda tipologia era costituita da sette ambienti rinforzati, ciascuno sostenuto da quattro piloni di cemento condotti a poggiare sul fondale. Le sei torri periferiche, ciascuna designata all’impiego di un particolare tipo di armamento o strumenti di rilevamento, erano collegati a quella centrale di comando, tramite l’impiego di ponti sospesi. Rispetto alla struttura dei forti di marina, questi edifici avevano uno sviluppo verticale più marcato, e dunque sussistette il dubbio, fino all’ultimo momento, che nel momento della messa in posizione potessero ribaltarsi. Ma questo non avvenne, e ben presto l’Inghilterra ebbe i suoi nuovi giganti fra le onde, questa volta in grado di ospitare fino a 265 addetti alle diverse mansioni di difesa e supporto tecnico, garantendo un funzionamento continuo dei dispositivi di bordo. Di tali complessi ne furono costruiti sei, tre all’uscita del Tamigi ed altrettanti presso quella del Mersey. Il secondo gruppo, tuttavia, fu rimosso poco tempo dopo la guerra, dopo il riscontro di una sostanziale instabilità del fondale. Per quanto concerne gli altri tre, invece, il forte di Nore fu colpito nel 1953 da una nave norvegese di passaggio, portando alla distruzione di due delle torri con tutto il loro contenuto. Nell’incidente persero la vita quattro civili, e la struttura, definita un pericolo per la navigazione, fu immediatamente smantellata. Nel 1963, un’altra imbarcazione colpì una delle torri del forte di Shivering Sands, abbattendola. L’unico forte dell’esercito tutt’ora integro resta quello di Red Sands, che a partire dal 2003 portato alla costituzione del comitato definito Project Redsand, auto-incaricatosi di mantenere integra questa vecchia reliquia, trovandogli, se possibile, dei nuovi ed utili impieghi. Il che potrebbe, in termini assoluti, risultare decisamente meno complesso del previsto, soprattutto quando si considera quanto si è più volte spontaneamente verificato, nel corso dell’ultimo secolo, tra le mura degli altri forti di Maunsell.

Sealand
Un luogo il cui motto recita “E Mare Libertas” (dal mare, la libertà) dotato di un inno, una bandiera, una valuta locale. I passaporti di Sealand, rilasciati a chicchessia dopo un lauto compenso, furono ritirati in blocco nel 1997, dopo essere stati usati per compiere alcuni crimini di alto profilo.

Il fatto è che secondo le leggi inglesi dell’immediato dopoguerra, le acque territoriali della nazione non si estendevano a più di 3 miglia nautiche, ponendo di fatto la maggior parte dei forti Maunsell al di fuori del paese. Inoltre, verso la metà degli anni ’50, le strutture erano state completamente disarmate, e quindi languivano in solitudine, a silenzioso memento delle loro trascorse imprese. Aggiungete a questo il fatto che la loro concezione, elevata e spaziosa nel caso di quelli di marina, e addirittura radiale, con torri ideali alla collocazione dei tiranti di un’antenna, nel caso dei forti dell’esercito; questi residuati bellici stavano diventando, nei fatti, la sede ideale da cui trasmettere radio e/o tv pirata. Nel 1964 il forte di Shivering Sands fu occupato dal sedicente personaggio che si faceva chiamare Screaming Lord Sutch, che da qui iniziò a trasmettere la musica Pop, emergente in quegli anni, inframezzata dalle sue letture del romanzo L’amante di Lady Chatterley, recentemente messo al bando dalla BBC. Nel frattempo, presso Red Sands era sbarcata l’intera equipe di Radio Invicta, una stazione guidata dall’ex spia ed autore letterario di thriller, Ted Allbeury. Presso Sunk Heads nacque invece la Radio Essex, un’organizzazione abusiva attiva 24 ore su 24, che inizialmente voleva trasmettere anche immagini TV ma dovette rinunciare per mancanza di fondi.
Ciò detto, il caso più celebre e duraturo di un’occupazione delle strutture Maunsell resta quello dell’HM Roughs, il più settentrionale dei forti di marina. Qui si era stabilito infatti con tutta la sua famiglia, a partire dal 1967, un’ex maggiore dell’esercito inglese, Paddy Roy Bates, che aveva già in precedenza maturato una certa esperienza nella gestione delle radio pirata, dopo aver preso forzosamente il comando della stazione di Sunk Heads, appena una paio di anni prima. Quando ad agosto di quello stesso anno, tuttavia, il governo inglese varò delle nuove leggi contro le stazioni pirata, Bates decise di ribellarsi, issò una bandiera bianca e rossa di sua concezione e dichiarò che da quel preciso momento, il forte di Roughs riceveva il nome di Sealand ed avrebbe costituito, negli anni a venire, un paese del tutto indipendente. Cosa che incredibilmente, nonostante dei trascorsi travagliati con attacchi da parte dei pirati, incendi ed addirittura un colpo di stato, resta tutt’ora de facto, nella sostanziale assenza di qualcuno che si prenda la briga di far sloggiare i suoi eredi e rappresentanti postumi (R.Bates è morto nel 2012, ma gli succede il figlio Michael, come attuale re del paese).

Red Sands
In questi affascinanti rendering sul forte di Red Sands, vengono fatte alcune ipotesi sul loro impiego futuro da parte degli inglesi. Ciò sarebbe certamente utile ad evitare il ripetersi della situazione di Sealand, anche perché dal 1987 le acque territoriali inglesi sono state estese a 12 miglia nautiche, includendo tutti i forti marittimi della seconda guerra mondiale.

La vicenda di Sealand viene più volte citata nei libri di testo sul legalismo contemporaneo. Secondo la concezione comune una nazione può esistere, soltanto se altri istituti di pari livello sono disposte a riconoscerla. E nonostante quanto si potrebbe pensare, i Bates sono stati legittimati in almeno due casi: la prima volta quando il padre, citato in causa presso un tribunale di Londra per aver fatto fuoco contro degli addetti alla manutenzione di una boa vicina alla piattaforma, convinto che fossero dei potenziali invasori. In quel caso, venne scagionato perché il fatto si era svolto, a tutti gli effetti, in acque internazionali. E la seconda, in un caso decisamente più eclatante, quando la Germania inviò ufficialmente un suo agente diplomatico presso il forte di Roughs, per negoziare la liberazione dal “carcere nazionale” di un suo cittadino, Alexander Achenbach. Costui, infatti, che si era auto-nominato primo ministro di Sealand, aveva tentato di prendere il controllo del paese con la forza, imprigionando l’allora principe Michael. Ma i Bates, coinvolgendo un elicottero di mercenari reclutati per l’occasione, avevano capovolto la situazione, in una vicenda che probabilmente potrebbe diventare la storia di un film. Il tedesco fu presto liberato, ma la via ufficiale scelta dai suoi connazionali per assisterlo costituisce, tutt’ora, un caso unico nella storia del diritto internazionale.
In tempi più recenti, Sealand si era associata ad una compagnia che forniva supporto server per attività informatiche riservate, e si era parlato anche di un acquisto da parte del famoso portale di torrenting, The Pirate Bay, mai concretizzatosi per il poco interesse dimostrato dalla famiglia reale. Da allora, tuttavia, il micro-paese più insolito del mondo è sparito pressoché totalmente dalle cronache, forse nella speranza che le sue gesta vengano restituite all’oblio. I giganti di mare ci affascinano, fin dall’epoca dei miti e leggende dei cavalieri. Tutti vorremmo incontrarli, prima o poi, ma in uno stato di ponderosa immobilità. Soprattutto, in questa generazione di pace apparente tra i popoli d’Europa, privi del dono della parola.

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