Sublimazione casalinga della plastica da buttar via

Bottle caps

Il riciclo è un concetto moderno che permette di andare oltre l’apparenza delle cose inerti. Questo senso inesatto che la materia prima, una volta lavorata, sia del tutto fissa ed incapace di mutare, priva della scintilla sacra naturale. Ciò che era, era. Non sarà mai più! È andato perso il gusto di chi distillava il fluido mercuriale. E supervalutiamo, da entusiasti ecologisti, la potenza delle nostre fabbriche e tecnologie. Per ogni albero che cade, muore e si decompone, sorge dalle sabbie una bottiglia in plastica. La quale, una volta svuotata dei suoi contenuti, resta vuota “spazzatura”. Ma ebbene ciò che la compone, il succo solidificato del petrolio che si chiama plastica, non è tanto diverso, nei suoi presupposti, dall’essere vegetativo deceduto. Può fare o dare ancora molto, questa vera linfa trasmutata.
Porre le fondamenta di una simile rinascita, purtroppo, non è affatto facile. La maggior parte delle volte, forti dello spirito d’appartenenza, ci affidiamo al nostro netturbino di fiducia. Buon per noi. La raccolta differenziata, come dimostrano gli studi di settore, può fare veramente molto. Quattro secchi dentro casa, ciascuno destinato ad altrettante Provvidenze: plastica, vetro, carta e il Nulla (ovvero l’umido, che si spera possa evaporare senza troppi danni, almeno lui). E da lì quaderni, elastici, vestiario, barattoli e…Tutte le altre innumerevoli creazioni della nostra economia di scala. L’industria, dopo la fine dell’impiego, che ritorna nuovamente tale, in un circolo senza via d’uscita. Il quale ricorda l’immagine del gran serpente Ouroboros, eternamente condannato a mordersi la coda. In quanto se pure la ricicli, quella bottiglia lì, non ritorna certamente albero. Ma darà vita a un’altra, quasi uguale a lei! Finché un giorno, prima o poi, qualcuno dallo scarso senso civile (giammai!) Non finisca per gettarla dentro a un cassonetto per il vetro. E allora, la catastrofe. L’inesorabile dannazione: uno spreco che si verifica, alla fine, senza via di scampo. Nessuna speranza, dunque? Senz’altro. Se si seguono le strade della consuetudine.
Per sfuggire a quel destino esiste, tuttavia, una strada del riciclo Superiore. Maggiormente degno di essere stimato: fatto in casa, per creare oggetti dal sentire personale. Ciò che è stato messo insieme dalle macchine, può disfare la sapiente mano umana. Immortale. Specialmente se aiutata da strumenti di lavoro, come il principe fra questi – la fiamma purificatrice. Questa ragazza, nota con lo strano nome internettiano di “The Art of Weapons” tale cosa l’ha scoperta, ormai da molto tempo. Perché lei produce fionde, incredibilmente, dalla plastica dei tappi di polietilene ad alta densità. Che dapprima squaglia dentro al forno. Dunque, avvolta dagli aromatici fumi della termoplastica liquefatta, prende quell’ammasso come fosse l’amalgama di un dolce, lo intreccia, spiana e mette dentro ad una morsa. Per lasciarlo indurire in una bitorzoluta mattonella che già da se, in particolari case post-moderne, potrebbe ben fungere da arredo stravagante. Ma come facilmente potrete immaginare, non finisce qui. Perché a quel punto taglia, fresa e lima, fino all’ottenimento di una caratteristica forma ad Y, usata fin dai tempi degli antichi nella caccia e per il tiro d’intrattenimento. Manca solo il sassolino. Chissà se le lattine sforacchiate avranno anche loro… Nuova vita.

Leggi tutto

Il microscopio fatto in casa con l’iPhone

Microphone

Sembra quasi di toccarlo, questo canticchiante, danzante brulichìo. Nel nuovo video di kmyoshino ci viene mostrato un possibile uso alternativo per il nostro cellulare, basato sull’apporto funzionale di una lastra di compensato, due riquadri di plexiglass, qualche bullone, una torcia e una lucetta laser di poco prezzo, sacrificabile all’occorrenza. O per meglio dire, alla SCIENZA. Perché l’obiettivo, come da titolo del post, è quello di creare un microscopio del tutto utile allo scopo, non potentissimo, forse, ma sufficiente per individuare gli ammalianti abitatori del favoloso brodo primordiale, queste amabili amebe, protisti e protozoi, che felicemente nuotano nell’acqua stagnante dei giardini, nei bicchieri lasciati incustoditi e qualche volta anche fra le stesse pieghe di un organismo multicellulare. Come noi, gli umani, per l’appunto. Colonie, città semoventi su due torreggianti gambe, questo siamo. A ben pensarci. E purché si abbia voglia di osservare l’infinitamente piccolo, prosaica controparte della materia filosoficamente pura, di polvere galattica o idrogeno stellare, si riscopre questo mondo strano, quasi una dimensione parallela, per quanto pare distante dal nostro ingombrante quotidiano. Di bestie o bestioline, zampettanti, rapide, operose, simili a pesci o formiche. Basta, guardare sempre più lontano! Bambini entusiasti, da che la tecnologia ha pervaso la moderna società urbanizzata, puntano i loro rudimentali telescopi verso i pianeti di questo sistema, le nebulose multiformi e gli astri più lontani, oltre il barlume un po’ incolore della monotona Alpha Centauri. Se costoro, prima di annoiarsi, fossero stati forniti di un più costoso microscopio e instradati in quell’altra direzione, dell’osservatore di materia vivida, piuttosto che di ammassi stellari stolidi e indolenti, forse ne avrebbero tratto maggiore giovamento. E noi con loro, benedetta micro-biologia. Questa soluzione, dunque, pare davvero a buon mercato. Con poco più di 10 euro, puntatore incluso, si può costruire uno strumento d’osservazione in grado d’ingrandire 175 volte, abbastanza per individuare il nucleo di una cellula vegetale. Avendo pure la possibilità, non da poco, di scattare foto o realizzare un video del soggetto. A patto di disporre già dello smartphone pronto all’uso (altrimenti, è ovvio, il prezzo lieviterebbe meglio di una cellula eucariota).

Leggi tutto

1 8 9 10