Date la precedenza a quel pavone

Pavone rabbioso

L’uccello nazionale dell’India è un tipo tranquillo, solo finché non ledi la sua splendida maestà. Questo esemplare di pavo cristatus, la specie più grande e variopinta di questa categoria di animali, un celebrato sottogruppo dei fasianidi, si trova colpito in ciò che ama fare maggiormente. Attraversare la strada; non come il pollo, la cui ragione, come dicono gli indovinelli, è spesso pure troppo chiara. Ma con il fare vagabondo e tracotante, l’arroganza di chi ha l’avvenenza dalla sua. La scena si svolge di fronte all’ingresso del giardino zoologico di Singapore, indicizzato, su Internet, come “il migliore zoo con foresta pluviale al mondo”. Un ambiente niente affatto accogliente, questo tipo di bioma tropicale, usato in qualità d’ispirazione, la cui pioggia cade per oltre 2.000 millimetri l’anno. Sono due metri d’acqua, tanto per dire. E poi fa caldo, ci sono gli insetti…Scimmie urlatrici e serpi mordicchianti. Topi striscianti? Saranno forse queste le cause scatenanti, a conti fatti, dello spiccato nervosismo del pavone. Del suo desiderio di cercare due minuti di relax. Per non parlare del tassì rosso bordeaux!
È una storia tragica e stupenda. L’automobilista, che proveniva da destra, non dimostra alcuna voglia di lasciare il passo. Mentre il pennuto, con il retrotreno delle spettacolari remiganti, gli si para innanzi, becca le gomme e il parafango. Ad un certo punto salta quasi sopra il cofano, fischiando la sua furia distruttiva. A far da contrappunto, la parcheggiatrice del resort, paletta rossa in mano, che tenta in qualche modo di disinnescare l’attimo di crisi. Alla fine l’auto scappa via, inseguita dalla “belva”. Chiunque abbia mai disturbato un cigno coi suoi piccoli, semplicemente stagliandosi contro la luce del mattino, ben conosce la feroce belluinità dei bipedi con le ali. Che del resto, come ormai dimostrano ricerche palentologiche di spicco, derivano direttamente dal tirannosauro o il velociraptor (cinematografico). Immaginatevi questo: i rettili che dominarono la terra, in fin dei conti, non sono poi così diversi dai pappagallini. O canarini, piccoli uccellini. Ma. Questi hanno. Il becco! E nessun timore di ricorrervi, se disturbati. Certo, c’è una curva variabile di forza ed imponenza. E indubbiamente, lo splendido pavone ne occupa la parte superiore. Più di lui, soltanto il casuario, guerriero aborigeno piumato. E lo struzzo, ovviamente. Al peggio non c’è fine.
Ad ogni modo, non è un caso se nella cultura dell’Induismo il dio della guerra Karthikeya, sconfitto il re dei demoni, lo tagliò in due. Per poi usare quelle parti nel divino scopo di creare, rispettivamente, un gallo e un gigantesco pavone. Il primo come insegna, da mettere sulla bandiera. Ed il secondo al posto del cavallo, da condurre galoppando verso gli alti scudi del nemico. Non si scherza, con chi fa la ruota per passione. Neanche dall’alto di un veicolo dei nostri giorni, che ne ha quattro, ma di gomma.

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Florilegio di una mantide spinosa

Spiny Flower Mantis

Due milioni di abitanti, eppure, ai miei occhi di disincantato viaggiatore, c’era solamente lei. Conobbi Pseudocreobotra tra le assolate spiagge di Tanzania, presso il quartiere di Kurasini a Dar es Salaam, uno dei principali centri urbani dell’Africa Orientale. Sono questi, luoghi di feroci giustapposizioni: da una parte gli altri grattacieli dell’economia globale, frutto degli investimenti poderosi delle aziende d’Occidente. In cerca di nuovi trampolini verso le inesauribili sorgenti della manodopera dei nostri tempi: la Cina e l’India e… Dall’altra, ostinatamente in controluce, le piccole canoe di legno dei pescatori, che dall’ombra della disumanizzante bestia grigia di cemento, l’irrespirabile città, pindarici decollano verso la penisola azzurra di Kigamboni, percependo alla lontana l’aria limpida delle foreste del Madagascar.
Lei era lì, coraggiosa come un fiore in mezzo ad una strada trafficata. Anzi, ne aveva proprio preso il posto: in cima ad una rametto, posto dietro ad un cartello, sulla banchina del tragitto verso le periferie poco raccomandabili, si dondolava lievemente, assecondando il dolce vento della tarda primavera. Era giovane e spinosa, lunga due centimetri soltanto. Senza occhi sulle ali. Di certo, il fato aveva predeterminato il nostro incontro: neanche una mosca della frutta, con il suo senso dilatato dei secondi, avrebbe mai potuto percepire quel suo sguardo attento, salvandosi dall’abbraccio più definitivo della vita; l’ultimo sarebbe stato, per quell’imenottero sbadato. Ero davvero stanco, quel giorno, forse per l’effetto del jet-lag. O magari solamente senza fiato, a causa della mia tenuta, più inadatta del costume da bagno a Capodanno, vista l’aria tanto equatoriale: il peso della giacca sottobraccio, i calzoni neri e lunghi, la camicia con cravatta nel taschino, ormai rimossa, eppure non dimenticata. Pronta come il calcio di un fucile, da estrarre innanzi ai miei supervisori. Per non parlare di quei piedi chiusi nelle scarpe lucide, praticamente cementate ai miei calcagni, per l’effetto di cinque riunioni, due incontri, una supervisione in fabbrica e la cena con i manager del business district nel più celebrato ristorante giapponese di Kivukoni. Sushi e sashimi: Africa, che calor! Dunque passeggiavo per un tale lungomare, circondato dai turisti e dai locali, cercando svago prima dell’ennesima Giornata. Quando, oibò. All’improvviso si slacciò la scarpa destra. Dapprima, non feci nulla di affrettato. Non è saggio, in tali luoghi sincretistici, fermarsi in mezzo al flusso della folla brulicante. Troppi vivono in un costante stato di fretta, quel senso di anélito spietato. Non si fermano a guardare i fiori. Lentamente, un passo dopo l’altro, raggiunsi un’oasi calma tra la folla, sotto ad un cartello in arabo che sembrava, all’apparenza, proprio come gli altri: “Benvenuti a Mzizima, la Casa della Pace” E sotto a quello, la trovai…

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Fare il grafico col gufo sulla penna

Satsuma

Sussurra nel mio orecchio, o musa ispiratrice, le parole per descrivere una tale scena. Di una mano giapponese intenta a disegnare con l’uccello della notte sopra, a guisa d’ornamento per-testa-di-matita. Avete presente quegli oggettini gommosi ad incastro, che coprivano perfettamente l'(in)utile gommino? Basta tartarughe ninja! Niente più mini ponies variopinti! Né modellini finemente dettagliati del castello di Osaka all’epoca di Hideyoshi, con 22 feritoie dotate di cannoni funzionanti e minuscole tegole a forma di drago. Sarà meglio metterci, da quest’oggi, trenta centimetri di “gufetto trasformabile” o giù di lì, tanto per usare il termine riconoscibile. Decorazione vivida, quindi capace di spostarsi se sbagliamo, per lasciarci cancellare…Mentre ci osserva coi suoi tondi occhi d’accusa. Una precisazione: le sue ridotte dimensioni, del tutto comparabili a quelle del merlo, basterebbero a classificarlo come assiolo (o assiuolo – otus scops). Assi-ccuro! Non è un pulcino dall’aspetto accidentalmente adulto, questo qui. Resterà così tutta la vita. Con la faccia bianca ed un potere straordinario. Però arriviamoci per gradi, non vorrei diffondere il segreto. Un simile animale, nel bel mestiere di chi produce l’arte digitale, può fornire un servizio di primaria priorità. Per ogni pixel comandato, a seguito di ciascun tratto triangolato, guardandolo per un secondo si può trarre il senso d’armonia della foresta. Quando lo stuzzichi, poi…
Non per niente Harry Potter, oltre alla bacchetta, metteva nella borsa da studente una civetta delle nevi. Dovremmo farlo tutti quanti; ciascuno, sulla base delle sua facoltà di studi. Gli architetti porterebbero un philetairus socius, il passero africano costruttore di svettanti condomini, alti edifici posti sopra i pali della luce. Agli aspiranti filosofi, io consiglierei un sapiente merlo indiano, capace di ripetere il soave verbo degli antichi; per scienze della comunicazione, non saprei. La chiassosa upupa, giornalista delle tiepide mattine in primavera? E a tutti gli artisti…Mah! Direi che dipende, caso per caso. Chi disegna deve scegliere il soggetto, questo è chiaro. La realtà è che questa situazione rassomiglia vagamente a quella tipica del gatto in pieno inverno, che si mette sul PC portatile, al fine di trarne un po’ di amabile tepore. Ma i gatti variano nei casi e nelle case. Ce ne sono di pelosi ed ingrugnati, sottili, rossicci o maculati. Di amichevoli o forastici: i diabolici lesionatori del divano e delle tapparelle. Chi mai ce lo vorrebbe, un animale come quello, a far da contrappeso e filo conduttore! Occorre stabilire un buon rapporto con il proprio sopra-penna, pardon, totem-pennuto. Bisogna sceglierlo con cura.

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Se il maiale miagola con la pianola

Thimble Mini Pig

Non tirategli il salame, a questo strano cane! / Stamattina il contadino /nello spiazzo del pollame / ci ha piazzato un botteghino / per fornire al suo reame / un concerto ammaliatòre /del premiato maialino / trionfatòre dell’esame. Aw, yiss, pura poesia dinamica, nenia saltellante in chiave di violino. Thimble fa di nome, questa artiodattile ungulata, dall’ugola dorata. Ebbene si, sarebbe poi una lei. Peccato non facesse rima, la maiala concertista. Personaggio degno di candidarsi come protagonista del nuovo film Pixar, se non fosse, molto chiaramente, fatta tutta-tutta in carne (mmm) ed ossa. Perché del porco non si butta nulla! Tanto meno l’affetto che può darti e il suo talento, se soltanto gli offri il modo di conoscerti un po’ meglio. Sono animali intelligenti, questi qui, adattabili e testardi. Proprio-come-noi-potenti-umani, sissignore. Che siamo tanto tesi a criticare certe scelte alimentari di paesi assai distanti, da non renderci conto che anche il tipico suino è ricettacolo di un’augusta e magnifica beltà.
Oltre che bontà – per l’appunto, proprio perché impara dalle circostanze. La caratteristica dei video internettiani, per loro immancabile definizione, è la tendenza a scomparire verso il basso delle pagine virtuali. Sempre più lunghi e articolati, blog e siti pluriennali si riempiono di cose nuove, immancabilmente affascinanti e soprattutto diverse, travolgenti, senza veri precedenti. Tutto scorre per sparire, un tragico e spietato giorno dopo l’altro.  Ma, visioni come queste. Restano. Tutta la vita! Thimble zampetta sul suo piccolo strumento, presso il giardino dei Diamond Bar Kennels, istituzione che teoricamente alleva e addestra purissimi labrador di razza. Però ecco, questo particolare esemplare… Potrebbe essergli uscito un pochettino strano. Oppure oibò, sara un incontro non previsto. La titolare del canale YouTube rilevante all’occasione, che per l’appunto si fa chiamare Panzertoo, l’avrà probabilmente adottata per analogia con Paris Hilton, paladina delle cose piccole e pelose. Un’esperienza che oltrepassa il tipico confine del chihuahua, questa qui, penetrando nell’arcano regno delle idee. Chi lo sa. O forse, piuttosto, la venture avveniristica di un nuovo business, ovvero la rivendita di bestie meno inflazionate dal mercato. Meno concorrenza=più guadagno. Ad ogni modo, guardate quanto è brava! Il modo in cui alza il suo musetto – pardon, grugnetto? – Verso l’alto, puntando gli zoccoli anteriori sulle note provenienti dritte dal suo estro musicale. La ridicola coda tronca che si agita nel vento, le orecchie irsute e setose, gli occhi semi-chiusi dal piacere. Chi dovesse innamorarsene, sarà giustificato, anzi! Dovrebbe cliccare sulla pagina Facebook dell’impareggiabile ani-maiale, ormai online da molti anni. Per trasformare un tale fenomeno, come i suoi predecessori canidi e suini, nell’ultima tipologia di eroe dei nostri tempi. Il meme umano-non-umano, galoppatore entusiastico  di valli e villi polmonare. Fin dentro ai nostri cuori spaziosi ed affamati di prosciutto. Sovviene, ad ogni modo, un vago dubbio. Non ci sarà mica, per caso, il trucco?

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