L’oblungo insetto nero che infigge la sua testa nel cuore della lumaca

In un sistema di valori basato sulla ricompensa delle buone azioni, e la commisurata punizione dei gesti malvagi, può sembrare necessaria l’elaborazione della dimensione parallela definita con il termine di “Aldilà”, dotata di un davanti ed un dietro, dove ciascun individuo può essere smistato in base al sentiero che ha percorso fino all’ultimo dei propri giorni di esistenza terrena. Accanto a un tale approccio alla questione, in Estremo Oriente, sussiste d’altra parte il valido sistema che prevede l’utilizzo della vita stessa per gratificare i viventi, o in casi alternativi confinarli nel recinto dell’estrema punizione simile a un supplizio che neppure Dante, nei suoi giorni migliori, avrebbe saputo tradurre nelle armoniose terzine della origini della letteratura italiana. Sto parlando a voler essere specifici di una casistica del tutto giapponese, così come a un simile contesto nazionale appartiene la più prossima equivalenza terrena di un demonio cornuto, l’affilato forcone stretto tra le sue mandibole e impiegato per trafiggere instancabilmente le anime di quelli che dovrebbero in teoria aver fatto qualche cosa per meritarlo. Un legge soggettiva ed altrettanto universale, questa del contrappasso karmico delle culture parallele, che in qualche modo ci consola ed al tempo stesso rassicura. Poiché come potremmo spiegare altrimenti, il comportamento del Damaster blaptoides?
Terrena manifestazione dell’odio per tutto ciò che ha un guscio e striscia sul terriccio umido alla ricomparsa dell’astro solare. Tormentatore di quelle creature semplici, ermafrodite, perennemente alla ricerca di melmose o marcescenti fonti di cibo. Inoffensive, tranquille, silenziosissime lumache. Il cui grido di terrore, se soltanto potesse essere udito da orecchio umano, congelerebbe e addenserebbe il sangue stesso nelle nostre vene. Come dolorosa conseguenza di molti millenni d’evoluzione, sufficienti a renderle comparativamente impervie all’assalto di una vasta gamma di predatori. Finché nella continua corsa agli armamenti perseguita dalla natura, qualcuno di sapientemente attrezzato non si presenta nel mezzo del cammino scelto di una semplice giornata di primavera. Per compiere sprezzantemente il singolare gesto, che gli riesce meglio di qualsiasi altra cosa al mondo. Dopo tutto, ad osservarlo, nessuno potrebbe dubitare che lo scarabeo carabide di terra noto in termini informali come “mangiatore di lumache” o “cappello di lumaca” (maimaikaburi/マイマイカブリ) sappia rendere perfettamente omaggio ai suoi soprannomi. Rapido ed affusolato con la forma vagamente simile a una zucchina, le lunghe zampe abili a manovrare un corpo della lunghezza di fino a 7 cm sormontato da mascelle a tenaglia, tranquillamente sufficienti a farne un potenziale predatore per una larga maggioranza degli insetti del suo ambiente di provenienza. Ma perché, in definitiva, faticare, quando l’effettivo corso delle circostanze pregresse si è dimostrato abile a fornirgli un pasto niente meno che perfetto e significativamente più semplice da consumare? Colei o colui che inconsapevolmente striscia, sperando di essere del tutto impervia ai rischi di una simile portata situazionale. Benché l’inclinazione dell’ago della grande bilancia che regola l’interazione tra i viventi, in quel fatale giorno, sembri avere un’opinione ben precisa sul suo domani…

Alquanto prevedibilmente, l’impressionante mangiatore di lumache è un soggetto preferito dei numerosi collezionisti d’insetti giapponesi. Rappresentazioni immaginifiche della creatura compaiono inoltre nella cultura mediatica e come sorprese nelle onnipresenti macchinette distributrici degli onnipresenti capsule toys.

Volendo utilizzare paragoni riconducibili alla nostra fantasia dell’incubo, il carabide damaster potrebbe rappresentare al tempo stesso il vampiro, il ghoul, il lupo mannaro e il chupacabra di un articolato sistema di leggende dei molluschi di terra. Per la maniera in cui non soltanto è solito nutrirsi di siffatte vittime, ma pare trarre un qualche tipo di cupa soddisfazione nel farle a pezzi in maniera particolarmente spietata e priva del concetto di misericordia che proviene dall’empatia. Una mera… Illusione? L’iniziativa mal guidata di un pensiero derivante dai fraintendimenti umani sul funzionamento basilare della natura? Perché in ultima analisi, questo insetto non può essere chiamato “malvagio”. Fa soltanto quello per cui il proprio istinto l’ha programmato. Perseguendo, come tutti, l’unico sentiero veramente abile a garantire l’individuale sopravvivenza.
Diffuso dunque anche nella Russia Estremo-Orientale, oltre al Giappone dove si trova più frequentemente a contatto con ambienti urbani o semi-rurali, il mangiatore di lumache è un rappresentante a pieno titolo della vasta famiglia di coleotteri che hanno perso l’abilità di volare, da noi chiamati brachitteri o atteri, mentre da queste parti si preferiscono espressioni come osemushi o gomimushi -オサムシ・ゴミムシ (insetti della polvere o spazzatura) più facilmente riconducibili al tipo di ambienti in cui vengono comunemente individuati. Pur non avendo adottato nella maggior parte dei casi la vita di creature spazzine, preferendo piuttosto l’ebrezza della caccia e cattura di altri esseri viventi, come dei veri e propri predatori carnivori del mondo sotto-dimensionato ai margini delle nostre coscienze. Il che tende a prevedere degli adattamenti specifici, come quelli posseduti per l’appunto dalle varie sottospecie del D. blaptoides, per lo più differenziate dal colore delle proprie elitre e pronoto dalla forma approssimativa di un cuneo. E per l’appunto utilizzato, in una sinistra quanto spontanea rappresentazione di un assedio medievale, al fine d’incunearsi nella chiocciola dei gasteropodi capace di tenere a bada l’assalto a tenaglia di qualsiasi formica o insetto equivalente, incapace di accedere all’interno senza rischiare di restare intrappolato dal muco appiccicoso dell’abitante, in quella che potremmo definire come una rara rivincita della preda ai danni dei suoi nemici. Tutti tranne uno, chiaramente, per cui superare tale tipo di difesa può essere paragonato a un insignificante apostrofo tra le parole “ti” e “mangio”.
Assolvendo inerentemente e fin da tempo immemore a una funzione di controllo della popolazione delle lumache estremamente apprezzata dagli agricoltori, tanto da aver favorito l’introduzione intenzionale di questa specie in vari territori delle quattro isole principali del Giappone, Hokkaido, Honshu, Kyushu e Shikoku, oltre all’introduzione più recente e certamente antropogenica nel territorio di Taiwan. Diverso il caso delle isole Kurili, da oltre un secolo oggetto di un contenzioso territoriale con la Russia, dove una versione particolarmente appariscente dai riflessi verdi e bronzei dello scarabeo, D. b. rugipennis, riesce a riprodursi fin da tempo immemore, risultando tra l’altro l’unica variante dalla popolazione potenzialmente a rischio della sua intera discendenza genetica d’appartenenza. Benché non tutti, soprattutto tra i possessori di un guscio, sarebbero inerentemente convinti di volerne preservare l’inquietante e spietata presenza.

In un’interessante ricerca di università russe e giapponesi, nel 2016 Mori, Prozorova e Chiba hanno provato l’esistenza di un meccanismo di difesa percussivo elaborato da particolari lumache contro l’assalto dei loro predatori, come questo scarabeo Ezohelix gainesi. Che forse essendo più piccolo del damaster, risulta temporaneamente scoraggiato dalla maniera in cui la pesante chiocciola viene trasformata in arma dalla vittima designata.

Biologicamente parlando, nel frattempo, lo stile di vita del damaster non presenta particolari tratti distintivi rispetto alla maggioranza degli altri carabidi studiati dalla scienza. Amante dei terreni boschivi, esso li percorre soprattutto dalla primavera all’autunno, potendo trarre nutrimento anche da vermi, cervi volanti e scarafaggi. È stato tuttavia dimostrato in laboratorio come la consumazione delle lumache da parte sua sia tutt’altro che facoltativa, risultando una condizione necessaria per un sviluppo adeguato delle ovaie da parte delle femmine, passaggio essenziale per riuscire a riprodursi. La fagocitazione del gasteropode avviene dunque in maniera rapida ed efficiente, dapprima afferrando direttamente il guscio (una pratica particolarmente associata alla sottospecie con testa più grande dell’isola di Sado) e poi iniettando all’interno i propri liquidi digestivi, utili a dissolvere il mollusco prima d’iniziarne a fagocitare la carne. Una volta accumulate sostanze nutritive a sufficienza, quindi l’insetto provvederà ad accoppiarsi, evento culminante con la deposizione di una considerevole quantità di uova bianche e gelatinose piuttosto grandi, paragonabili a quelle di un’ape legnaiola. La larva, successivamente alla schiusa, ha una forma sfrangiata e vagamente preistorica con mascelle già perfettamente formate. Tanto da essere direttamente associata, fin dai suoi primissimi giorni, alla ricerca ed occasionale fagocitazione delle lumache. Fino al superamento di una coppia di stadi successivi, culminanti con la sepoltura autonoma diversi centimetri sotto il livello del terreno. Ove avverrà la necessaria metamorfosi, per il raggiungimento dell’età adulta e maggiormente abile alla predazione.
Implicitamente tenebroso, il carabide carnivoro ci ricorda che la pietà non ha un ruolo significativo nell’influenzare il corso dell’evoluzione delle creature. Costruite, in qualche maniera, al fine di compiere un’impresa costi quel che costi, senza il tipo di rallentamenti che derivano dal possesso di un’eccessivo livello di consapevolezza. L’altruismo, d’altra parte, è un concetto complicato che deriva dall’interferenza operativa di strutture pensanti complesse. E sistemi di assistenza reciproca creati dall’installazione di ereditarie logiche di collaborazione e reciprocità. Ma su questo, neppure la più sapiente delle lumache potrebbe elaborare una dialettica utile ad allontanare il proprio fato nefasto. Né la controparte avrebbe il merito di prestargli orecchio, a discapito della sua grande fame.

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