Devastazione quasi apocalittica oltre una scala facilmente descrivibile a parole. E ai margini di tutto questo, l’uomo con l’elmetto giallo situato nel preciso punto da cui può gestirne l’occorrenza e tutto quello che ciò comporta, mediante la semplice omissione di un gesto. Sto parlando di un pulsante, in altri termini, che ha la facoltà di emettere un impulso elettrico. Capace di raggiungere un sistema di raccordo tra i detonatori, per una cifra pari a 4,6 tonnellate di TNT. Utilizzate nel principio e al fine d’eseguire uno spettacolo destinato a rimanere impresso a chiare lettere all’interno dei corsi e ricorsi anti-architettonici del mondo. Anti-archi come anti-materia, ovvero l’essenziale disintegrazione di una cosa in essere, capace di raggiungere la cima della curva in modo graduale, dopo anni di sincera dedizione e da quel saliente punto, rovinare in modo metaforico verso il fondo della pagina mediante l’uso di un singolo segmento verticale (che tenderebbe pure all’infinito, se non fosse letteralmente impossibile dare manifestazione a disintegrazioni complessivamente superiori all’opera precedentemente compiuta). Ed è in questo modo che, alle fatidiche ore 15:30 del 27 agosto 2021, si è raggiunta l’ora ed il momento prefissato, per dare luogo alla trasformazione deflagrante di un intero distretto cittadino. Non in modo migliorativo né, in effetti, necessariamente peggiorativo. Ma provando al di là di ogni possibile dubbio o esitazione che in effetti, errori erano stati commessi, nell’accodare determinati livelli di fiducia a particolari aziende, aspettandosi il mantenimento di promesse implicite nel vasto ed omni-comprensivo patto tra le genti della società contemporanea. Capace di sottintendere, all’interno dei confini di questo specifico luogo, la creazione e futuro utilizzo di un imponente spazio abitativo, chiamato per l’appunto Liyang Star City “Fase” 2 (丽阳星城二期 – Liyang Xīngchéng èr qí) entro cui la brava gente della città di Kunming, capoluogo della provincia dello Yunnan, avrebbe potuto trascorrere le proprie serene esistenze. Ma come in una sorta di parabola sul tema del progresso e tutto ciò che questo tende a comportare, l’effettivo corso di una simile vicenda restava implicitamente incline a deviare. Analogamente a quanto fatto da taluni dei ben 15 edifici lungamente soprannominati dai locali “cicatrice di Kunming” prima di essere fatti coerentemente brillare, nel momento cardine finale della propria stessa esistenza, quasi fossero delle moderne torri di Pisa, inevitabilmente destinate in questo dopo-bomba ad un tipo maggiormente laborioso e meno sicuro di rimozione. Uno scenario senz’altro interessante, ma di certo non tra i più semplici da risolvere, in base alle precise prerogative e competenze delle aziende coinvolte. Il che doveva d’altra parte giungere a costituire, a suo modo, l’unico finale possibile dell’intera vicenda, nel momento stesso in cui a partire dal 2012, momento in cui lo sviluppatore Kunming Xishan Land Housing Development and Management ha iniziato a lamentare l’esaurimento dei fondi a disposizione. Generando un effetto a cascata tale da perdere la maggior parte dei propri investitori, verso l’inizio di quella che possiamo solamente definire come una statica ed irrisolvibile condizione di stasi…
sviluppo
La singolare ragione per far avvolgere un grattacielo su se stesso a Vancouver
Tra gli esperimenti più importanti condotti da Isaac Newton per formalizzare l’innovazione scientifica dell’analisi matematica, viene spesso citato l’argomento del secchio pieno d’acqua, appeso ad una corda e “caricato” ruotandolo per varie volte in senso antiorario. In modo tale che, al rilascio dello stesso, essa tenda naturalmente a ritornare nella situazione originale, ruotando vorticosamente per qualche tempo nella direzione opposta. Ma non venendo immediatamente seguìto, in tale movimento, dal fluido che lo riempie, il quale adattandosi in maniera inerziale dapprima resta immobile, poi accelera in maniera indipendente fino alla velocità del suo contenitore. Ed infine continua a vorticare, per qualche tempo, anche dopo che quest’ultimo si è fermato. Dal che risulta che “Non è possibile misurare il movimento di un corpo in base a ciò che lo circonda.” Ma piuttosto: “Occorre utilizzare un piano di riferimento assoluto.” Quattro secoli dopo l’artista Rodney Graham, essendo stato chiamato dalla società privata di sviluppo immobiliare Westbank per abbellire e in qualche modo migliorare l’estetica di un importante spazio vuoto della città di Vancouver, avrebbe scelto di richiamarsi al famoso momento nella carriera di uno dei più grandi osservatori del mondo mai vissuti mediante la costruzione di un’insolita opera d’arte: l’imponente lampadario rotante da oltre quattro tonnellate di vetro ed acciaio, appeso sotto le architravi del Granville Street Bridge. Contributo di arte pubblica necessariamente incorporato nell’appalto dato alla compagnia per la costruzione di un suo nuovo, eccezionale edificio. L’ultima creazione dell’architetto danese Bjarke Ingels, che sembra sfidare intenzionalmente la forza di gravità ma effettivamente nasce dal bisogno, molto chiaro ed apprezzabile, di creare spazio sufficiente dove molti avrebbero pensato di poter creare, al massimo, un semplice parco o basse case triangolari. Qualcosa che riesce a presentarsi, in un particolare angolazione dell’iconico skyline della città, come un oggetto asimmetrico ed almeno in apparenza impossibile, per la letterale assenza di una parte della sua struttura inferiore tale da renderlo necessariamente instabile e pronto a cadere. Finché girandogli attorno, non si riesce a comprendere l’effettiva natura del suo segreto: la maniera in cui si configura come la forma geometrica di un prisma che diventa parallelepipedo, guadagnando nel contempo circa la metà dei suoi quasi 4.000 metri quadri di superficie abitabile per ciascun piano. Riuscendo a presentarsi, nelle parole del suo stesso creatore, come un “genio che esce dalla lampada” capace di risolvere, a suo modo, un importante problema logistico cittadino.
Sarà evidente a questo punto come la Vancouver House dell’altezza di 155 metri, completata nel 2020 e vincitrice entro l’anno di svariati premi come “miglior grattacielo”, rappresenti un’interpretazione più moderna dello storico Flatiron Building di New York, il palazzo triangolare situato tra la 23°, la Fifth Avenue e Broadway grazie alla sua forma simile a quella di un cuneo (o ferro da stiro). Laddove l’esigenza nasce in questo caso dal desiderio di massimizzare il valore di un lotto strategicamente collocato in centro, ma poco convenientemente situato nel bezzo del “tridente” costituito dalla carreggiata principale e le due rampe del fondamentale viadotto da cui oggi pende quello stesso lampadario. Arteria che collega attraversando l’omonima “isola” di Granville (in realtà collegata alla terraferma) il distretto finanziario a quello per lo più residenziale e commerciale del Westside. Non senza passare e rendere omaggio, a partire dalla nostra epoca, alla più notevole approssimazione di un tornado scolpito nel cemento…
Lakhta Center, la spirale di acciaio e vetro nei cieli di San Pietroburgo
Forse l’avrete sentito nella distanza, durane il corso di quest’estate. Il sibilo del vento costretto a deviare, e il rombo meccanico delle gru, impiegate nell’installazione del complesso sistema modulare, appuntito come la sommità di una lancia, impiegato per coronare il nuovo edificio più alto di tutta la Russia e d’Europa (tredicesimo nel mondo) 462 metri adibiti ad uffici, spazi espositivi, zone panoramiche e sale di rappresentanza. Splendido e solitario, fatta eccezione per il centro congressi alla sua base, come un emblema dinnanzi al golfo di Finlandia, non troppo distante da uno degli stadi dove sono stati disputati gli stessi mondiali di calcio dello scorso giugno…
Quando si osserva la distribuzione progressiva dei grattacieli all’interno di uno spazio urbano, è impossibile non notare una certa somiglianza coi ritmi rigenerativi della natura, per come trovano sfogo a seguito di un incendio nella foresta. Con la città che si sviluppa, dapprima, in maniera per lo più orizzontale (crescita dello strato precoce del sottobosco) per poi trovare il posto, nei suoi quartieri di maggior valore, ad alcuni importanti e svettanti edifici (propagazione degli alberi a grande fusto ) seguìti dalla comparsa, attraverso un percorso che può durare mesi o anni, dei teneri virgulti destinati a colmare lo spazio concettuale intermedio (grandi condomini, centri commerciali, ingombranti uffici governativi…) Sulla base di una tale metafora non può quindi che lasciare stupiti, la lenta crescita a partire dall’ormai remoto 2012, nella zona costiera di San Pietroburgo, di questo monumentale pseudo-cipresso, il più alto che abbia mai fatto la propria comparsa su questa boscosa Terra. Il che lascia soltanto una singola possibilità: che debba essere l’opera, indubitabilmente, dell’infinita creatività umana.
O per essere più specifici, il frutto immanente del commissionamento, ad opera della colossale compagnia russa Gazprom, di un nuovo quartier generale presso la seconda città del paese, e dell’ingegno di almeno due compagnie d’architetti britanniche. La RMJM di Edinburgo e la londinese Kettle Collective, già autrice del magnifico ascensore per barche sul canale della città di Falkirk, dall’iconica forma che ricorda un’ascia celtica, grazie a un’idea del fondatore e attuale capo, Tony Kettle. Ciò detto, nel caso del palazzo di San Pietroburgo la questione diventa più nebulosa, con le due compagnie che si sono scontrate a più riprese, arrivando a minacciare azioni legali, su chi abbia effettivamente il merito di aver concepito l’idea che si trova alla base del Lakhta Center. Che aveva trovato l’ispirazione, in effetti, dallo stesso processo fin qui descritto, con una collocazione concepita originariamente nei pressi del centro storico, di fronte a niente meno che la cattedrale di San Pietro e Paolo, con il suo pinnacolo appuntito da sempre considerato un simbolo della città. Se non che l’UNESCO nel 2016, dimostrando ancora una volta la sua importanza a livello internazionale, non si trovò a minacciare il sindaco di declassare lo stato di patrimonio all’intera capitale di Oblast, se davvero fosse stato compiuto un simile affronto verso il suo patrimonio storico senza prezzo. Parole abbastanza pesanti da far rivedere il progetto, collocando le 670.000 tonnellate di questo gigante, piuttosto, in corrispondenza della zona costiera urbana. Non che ciò sia bastato ridurre il suo fascino, anzi…