Esploratori di un diverso tipo di Città Proibita, poggiata sopra il grigio asfalto di Shijiazhuang

La più drastica connotazione dell’urbanistica, antica, moderna e contemporanea, può essere individuata nel concetto di enclave. Una città nella città, per così dire, all’interno della quale non sussistono le stesse regole, né geometrie, né applicazioni del concetto di valore di mercato. Racchiusi spesse volte da alte mura, piuttosto che più o meno invalicabili recinzioni, simili quartieri sono sempre appartenuti ad un’elite, o comunque le alte personalità depositarie di un qualche tipo d’importante dissonanza, rispetto alla restante collettività degli abitanti “comuni”. Sebbene in epoca moderna, l’appiattimento per lo meno a parole della segmentazione demografica, secondo l’idea esclusivamente filosofica che ogni singolo individuo rappresenti un potenziale equivalente, abbia eliminato le suddivisioni ereditarie, riservando tali privilegi abitativi in base al flusso di un diverso tipo di risorse: quelle interconnesse ai persistenti vezzi del dio Denaro. Ed è una narrativa così tremendamente affascinante, per i commentatori e gli economi dell’Occidente alle prese con la Cina, rilevare il modo in cui le straordinarie infrastrutture costruite dal più potente paese comunista al mondo restino talvolta totalmente inabitate, causa l’evidente ed altresì probabile cattiva gestione amministrativa delle circostanze. Così che fiumi di parole, nel corso delle ultime due decadi, sono stati spesi per luoghi come Pudong, vicino Shanghai, o gli svettanti grattacieli “vuoti” di Ordos City, nel Kangbashi al confine con la Mongolia. Il che permetterebbe di qualificare un’altra cattedrale nel deserto come quella dell’ancor più recente Xiangyun International Project, complesso residenziale e commerciale di 1800 acri costruito all’interno della capitale della provincia dello Hebei, la città di 14 milioni di abitanti Shijiazhuang, come l’ennesimo capitolo di un tale dramma al rallentatore, costruito solo al fine d’incassare grandi somme di denaro per le commissioni, senza che alcun tipo di bisogno comprovato della sua esistenza. Laddove la grave realtà dei fatti, com’è possibile apprezzare da una rapida ricerca in materia, deriva dal fallimento di un sistema diametralmente opposto: quello di un’azienda detentrice di un capitale che, senz’apparente coerenza di causa, ha improvvisamente deciso di dichiarare bancarotta. Esattamente 8 anni fa…Il suo nome: Hebei Real Estate Development Group. Con il risultato che possiamo ad oggi ammirare nell’esplorazione di urbex selvaggio (e un po’ spericolato) del giovane gruppo di avventurieri The Proper People.
La visione è di quelle che parrebbero effettivamente appartenere a un certo tipo di cinematografia di genere, incentrato sulla fine dell’attuale civiltà terrestre a seguito di una spropositata catastrofe generazionale; con i numerosi grattacieli ed edifici in ogni stile immaginale, tra cui europeo, arabesco e vagamente russeggiante (qualcuno l’ha chiamata, persino e con ben poca originalità, Venezia d’Oriente) utilizzati a confluire in un’amalgama priva di limiti o mancanze, fatta eccezione per il piccolo “dettaglio” di rifiniture come porte, finestre o altre amenità di simile portata. Poiché tutto resta, senza valide esclusioni, essenzialmente incompleto e sospeso nel tempo, costituendo il chiaro esempio non di quello che era stato un tempo, ma che avrebbe potuto essere se soltanto le stelle fossero riuscite ad allinearsi. Ovvero se i pianeti, dall’alta volta cosmica, avessero irrorato della buona sorte questa terra strategicamente valida, proprio perché situata a poca distanza dalla principale stazione per i treni ultrarapidi di una delle maggiori metropoli cinesi. Mentre l’evidenza non può fare a meno d’insegnarci che ben poco importa possedere un ottimo Feng shui, quando manca un altro tipo di risorsa, molto più importante nelle cognizioni insuperabili del sistema odierno…

Spazi vuoti ove riecheggia un senso inevitabile di smarrimento. Unito a considerazioni come: sarà sicuro avvicinarsi tanto al parapetto? Costoro non dovrebbero portare il casco protettivo? E sarà davvero il caso di aggrapparsi al ferro arrugginito del cemento armato, senza neppure l’accenno di un paio di guanti?

L’esplorazione dei Proper People, parzialmente ripresa e dimostrata al pubblico in epoca più recente anche in un video girato coerentemente dal celebre filmmaker e loro collega Chris Luckhardt, prosegue quindi tra scenari di un’inusitata magnificenza, unita al senso derelitto di quello che tende a succedere nel giro di circa una decade, quando vengono mancare le più basilari opere di manutenzione in un’ambiente urbano caratterizzato da una simile imponenza. Tra mura di mattoni mai coperti dallo stucco ed alte scalinate, poste a ripiegarsi su se stesse fino ad ampi spazi sopraelevati battuti dalla forza inarrestabile del vento. Mentre fuori dai riquadri di quei punti d’osservazione, a poche centinaia di metri, le strade di scorrimento della metropoli continuano ad essere battute con trasporto, da persone necessariamente inclini ad ignorare quello che succede oltre gli spazi definiti del “nuovo” luogo. Spingendosi oltre quelli che parrebbero ponti pedonali incompleti, o veri e propri contrafforti derelitti, i possessori della telecamera procedono perciò all’interno di uno dei presunti centri commerciali futuri, dove si trovano a discendere nel mezzo di un cortile dagli spazi e proporzioni letteralmente spropositate. Ed è proprio qui, mentre si preoccupano di essere stati visti da un distante gruppo di bambini del posto, che a circondarli si ritrovano piuttosto alcuni cani (fortunatamente) di media e piccola taglia, i cui latrati riecheggiano insistentemente tra le superfici roboanti di pareti tanto aggressivamente disadorne. Una via d’accesso ulteriore a quel senso vagheggiante di essere arrivati a passeggiare non soltanto “dopo” ma anche “prima” di un processo imprescindibile di trasformazione. In cui, tempo permettendo, tutto quello che doveva essere integrato nel sistema urbano pre-esistente si ritroverà piuttosto a fare parte di una vera e propria giungla di ferro e cemento, ove il sistema dei valori in essere possa tornare a quello dell’ormai distante Preistoria.
Il fato precauzionale dello Xiangyun International Project, chiaro monito verso un’eccessivo investimento di fondi senza precedente acquisizione di una cognizione di causa, è sembrato poter guadagnare un presupposto di rinascita all’inizio del 2020, con il coinvolgimento di un diverso gruppo di sviluppo edilizio, la Harbin Aida Real Estate, occupatosi di mandare avanti dietro lauto compenso e sovvenzioni alcuni degli edifici ormai prossimi all’abitabilità. Sebbene già notizie risalenti a settembre dell’anno successivo, coadiuvati da diversi video anche prodotti da esploratori di nazionalità cinese, hanno lasciato intendere una situazione complessivamente invariata, mentre il comportamento della nuova ditta sembrerebbe dare a intendere un sopraggiunto disamore nei confronti dell’idea di partenza. Il che lascia, in altri termini, il più vasto e vuoto iper-canile di tutta la Cina nello stato a cui potrebbe ormai essere destinato ancora per lunghissimo tempo. Costringendo le persone ancora interessate a volgere i propri propositi di trasferimento altrove. Verso enclavi dal diverso aspetto ed un accumulo meno significativo di passi falsi.

Osservati dall’alto, taluni edifici del Xiangyun International Project assomigliano vagamente a delle colossali casse da morto. Il che appare stranamente appropriato, per mettere giacere i sogni in apparenza irraggiungibili di una collettività ormai sopita.

La cattiva riuscita di questo tipo di progetti è sempre una catastrofe di media entità, non soltanto per il potenziale mai andato a meta ma anche e soprattutto per lo spreco d’importanti risorse, che avrebbero potuto assolvere a funzioni decisamente più benefiche per il progresso collettivo di una nazione. E questo anche dal punto di vista dei semplici cittadini privati, per quanto benestanti, trovatosi in diverse centinaia di casi acclarati ad aver speso ingenti somme per appartamenti che potrebbero anche non prendere forma, oggi, domani o mai più. Per la maniera in cui il progetto di Xiangyun appare sostanzialmente diverso da quello di un luogo come Ordos City, le cui case tardavano a riempirsi causa l’acquisto ai margini di un cambio generazionale, e che nonostante i presupposti d’origine può attualmente vantare una popolazione che si aggira tra le 100.000 persone al conteggio della seconda decade degli anni 2000. Un’opportunità di riscossa, quest’ultima, che appare molto più distante quando mancano d’altronde i presupposti pratici e legali per poter riuscire a consegnare gli appartamenti. Poiché gli esseri umani non sono, contrariamente a quanto vorrebbero gli investitori, insetti eusociali simili alle api o formiche, capaci di adattarsi a qualsivoglia tipologia di cunicolo scavato in mezzo agli interstizi dell’Esistenza. Ma dovrebbero procedere secondo gradi e cognizioni di causa, sulla base dei princìpi dettati dalla solida struttura collettiva della loro ragionevolezza. Indipendente, per sua stessa natura, dal credo politico e sistema economico vigente.

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