Nuove nascite a New York: sei veri draghi di Komodo nello zoo del Bronx

Ci sono scelte operative per cui le conseguenze del prospetto originale tendono a richiedere più tempo delle altre, mesi o anni trascorsi nell’attesa di un qualcosa che potrebbe, a conti fatti, non riuscire a realizzarsi affatto. Momenti e situazioni che generalmente tendono a coinvolgere animali, piante, creature la cui vita segue un ritmo più o meno rallentato in senso generale, ma comunque paragonabile al ciclo sempiterno delle stagioni. Qualche volta, per vedere realizzato il proprio sogno occorrono soltanto poche settimane. Certe altre, mesi ed anni sono i materiali necessari a costruire quella casa/cosa, intesa come la metafora di un lieto e straordinario evento. Così che all’inizio di novembre, nell’incubatrice del più antico ed importante zoo di New York, il coronamento di un percorso tanto accidentato si è infine materializzato con forma tangibile, o per meglio dire, allungata, sinuosa e ricoperta di colorate scaglie. Il tragitto cominciato nel 2014, con l’accoglienza da parte dell’istituzione di un trio delle più grandi (e notoriamente aggressive) lucertole di questo pianeta, i Varanus komodoensis o “draghi” dell’isola di Komodo. Così come scelse di chiamarli il naturalista e sceneggiatore William Douglas Burden, che nel 1933 creò la storia di King Kong ispirandosi all’immagine fantasiosa di un gorilla intento a combattere un gruppo di queste creature niente meno che impressionanti. Veri e propri dinosauri dei nostri giorni, per quanto una simile definizione potesse andare stretta alle due sorelle Rose ed Ivy trasferite in questo luogo 8 anni fa, assieme al fratello Stubby all’interno di un ambiente a temperatura controllata costruito per riprendere la loro effettiva area di provenienza. Ora che le nuove nascite siano il risultato di una relazione consanguinea non è in effetti poi tanto probabile, lasciando immaginare l’intercorso scambio in epoca più recente con gli esemplari provenienti da un altro sito di studio ed approfondimento della loro specie, sebbene sembrino mancare dichiarazioni stampa atte a dirimere tale specifica e fondamentale questione. Il che non priva in alcun modo di fascino l’eccezionale aspetto dei nuovi nati, caratterizzati da un lato estetico capace indubbiamente di sorprendere chiunque sia inerentemente incline a giudicare i figli come sempre simili ai loro genitori. Dopo tutto, non può che in questo caso apparire particolarmente chiaro, per i visitatori fisici e quelli intenti ad osservare tramite la lente di Internet, come una nuova generazione di varani appaia nettamente distinta da colui e colei che si sono occupati di metterli al mondo, per una precisa e presumibilmente funzionale scelta evolutiva pregressa. Conseguenza del bisogno per questi ultimi di elevarsi, letteralmente, fino ai rami protèsi verso il basso dagli alberi della foresta, per condurre il tipo di vita che può essere soltanto definita come quella di una preda: perennemente in fuga, parzialmente mimetizzati, attenti ai più lievi e appena percettibili movimenti. I loro nemici? Facili da identificare: nessun altro che coloro che si erano dati tanta pena per riuscire a metterli al mondo.
Diversa è d’altra parte la modalità e stile di vita dei rettili, così come nettamente distinta risulta essere la vasta selezione di possibili comportamenti dettati dai loro istinti, al punto che soltanto una preparazione idonea delle cause e degli effetti determinanti, può riuscire ad assicurare un felice risultato del processo riproduttivo in essere al momento culmine della loro esistenza. In natura. Mediante soluzioni come quella di rendere i piccoli più affusolati ed agili almeno fino al raggiungimento degli 8-9 anni d’età, permettendogli d’inseguire e nutrirsi per i primi anni di vita primariamente d’insetti, uccelli ed altri rettili di dimensioni ancor più ridotte, all’interno di una nicchia ecologica e con modalità nettamente distinte rispetto a quelle che dovranno condizionare in seguito la loro esistenza. Il che potrebbe condizionare non poco i tempi di apprendimento e adattamento alla vita adulta nello sviluppo cerebrale di un’altra tipologia di creatura, laddove per il varano tutto sembra essere più semplice o letteralmente colorato di bianco e di nero: ovvero, si muove (ed mi entra in bocca) lo mangio; si muove (ed è più grande di me) fuggo. Il che diventa più semplice ad un certo punto quando non ci sarà più niente, nel suo areale d’appartenenza in Indonesia, che possa formalmente definirsi come più grande o più pericoloso di lui…

Un piccolo di varano attorno ai 5-7 anni d’età dimostra tutta la sua spontanea aggressività nei confronti di un cervo indonesiano. Al momento, i tentativi di aggressione possono finire unicamente col suo ritiro a più miti consigli, di fronte alla gestualità minacciosa dell’erbivoro cornuto. Ma i rapporti di potere potrebbero mutare, fra un tempo non poi tanto lungo.

I piccoli di varano dunque, che costituiscono il punto d’arrivo di un lungo progetto di conservazione intrapreso dalla Wildlife Conservation Society al fine di preservare questa specie vulnerabile all’estinzione, sono stati finalmente immessi in uno spazio espositivo, rigorosamente separato dai genitori, iniziando a svolgere la loro mansione niente meno che fondamentale di ambasciatori inter-specie. Poiché nulla può servire a far comprendere l’importanza di un qualcosa o qualcuno, che occuparsi di aprire totalmente ed immediatamente gli occhi delle persone. Soprattutto in merito a quel tipo di argomenti che trovano collocazione geografica in luoghi tanto distanti e remoti, sia dal punto di vista pratico che in materia di ragioni e metodologie di contesto. Vedi le quattro isole di Komodo, Rinca, Flores e Gili Motang, dove l’intera popolazione allo stato brado di questi animali domina incontrastata la catena alimentare, con un gran totale conteggiato attorno ai 2.500 esemplari rimasti in vita. Un risultato comunque non tanto male per un carnivoro del peso di fino a 70 Kg e 3 metri di lunghezza, sebbene già diverse azioni siano state necessariamente intraprese al fine di proteggere e preservare questa specie unica al mondo. Vedi l’istituzione di un parco naturale nell’isola che porta il loro nome nel 1980, facendo seguito al divieto già vigente di uccidere o cacciare i membri di questa specie, sebbene la popolazione locale avrebbe continuato a osservarli da lontano, e con un certo grado comprensibile di diffidenza. Un drago di Komodo vanta d’altra parte l’abitudine, per nulla raccomandabile, di aggredire e mordere qualsiasi cosa si presenti alla sua portata, per poi osservare da lontano le conseguenze di un tale gesto, nell’attesa di poter dare inizio al pasto. Un comportamento d’altra parte non del tutto sconosciuto anche nei nuovi nati di tale specie, notoriamente inclini a lasciarsi cadere dagli alberi al passaggio di un bersaglio vulnerabile, per tentare la fortuna mediante l’implementazione di un così terribilmente spietato e rischiosissimo piano d’azione. La particolare tecnica di caccia del varano dunque, più simile a quella di un mangiatore di carogne se non fosse per l’inclinazione a creare lui stesso, preventivamente, le carcasse di cui provvederà in seguito a nutrirsi, è stata a lungo associata alla credenza che la sua saliva risultasse particolarmente ricca di batteri dovuti alla marcescenza delle carni, e perciò capace di causare gravi infezioni in tempi brevi, così da non lasciare alcun possibile scampo alla propria preda. Un aspetto, quest’ultimo, smentito da studi più recenti (i.e. Weinstein, Kardong 2009) vista la presenza di un carico infettivo pari a quello di un qualsiasi altro carnivoro di grandi dimensioni, possibilmente esacerbato dall’abitudine dei cervi e bufali delle isole a gettarsi immediatamente in acqua quando tentano di mettersi in salvo, permettendo agli agenti patogeni di contaminare i loro fisici già debilitati. Sebbene alcuni continuino ad affermare che le proteine stesse della saliva possano avere un qualche tipo di effetto velenoso, non ancora dimostrato, comunque non determinante nella morte della vittima di turno, generalmente causata dallo shock e la perdita di sangue. Una vota che il pasto giace a terra privo di forze, ad ogni modo, l’intera popolazione dei varani negli immediati dintorni provvederà quindi a nutrirsene secondo una scala gerarchica estremamente precisa: prima i maschi dominanti, poi quelli più piccoli, seguiti dalle femmine ed infine i recentemente nati. Che una volta scesi dai loro alberi avranno cura di muoversi rapidamente, ma soprattutto ricoprirsi per quanto possibile delle interiora prelevate direttamente dalla creatura defunta, affinché l’odore sgradevole possa scoraggiare un assalto nei loro confronti da parte dei draghi di Komodo adulti.
Per quanto concerne l’effettivo attacco agli umani, è possibile arrivare a definirli come piuttosto rari, con “soltanto” 24 casi riportati tra il 1974 e il 2012, avvenuti sia allo stato brado che in cattività, cinque dei quali risultati fatali. Generalmente ai danni di bambini negli immediati dintorni del parco naturale, purtroppo andati incontro alle creature in un momento in cui erano distratti o poco attenti all’ambiente circostante, finendo per cadere vittima delle loro grandi fauci e l’implacabile fame. Inclusa quella dei più giovani rappresentanti della specie, per nulla preoccupati di mostrare solidarietà a coloro che provengono da un altro mondo, un altro universo addirittura, in cui madre e padre sono dei sostenitori e amici sulle strade già abbastanza imprevedibili dell’esistenza. E non divoratori totalmente privi d’empatia o pietà.

Un piccolo di drago viene messo in mostra dal personale dello zoo di Chattanooga, dove nel marzo del 2019 una femmina è riuscita sorprendentemente a mettere al mondo una nidiata di tre maschi senza accoppiarsi prima con alcun partner della sua specie. Un vero e rarissimo caso di partenogenesi, come dimostrato dagli studi scientifici in materia.

Una volta superato il periodo critico della loro gioventù ed adolescenza quindi, i varani accedono allo stato ragionevolmente invidiabile di super-predatori, costituendo i sovrani incontrastati (umani permettendo) del loro specifico ambiente d’appartenenza. Con la possibilità di raggiungere fino ai 50 di età, nel corso dei quali provvederanno ad accoppiarsi più volte, a patto di essere abbastanza forti da riuscire a prevalere nelle selvagge tenzoni di combattimento tra maschi. Confronti che finiscono per assomigliare a letterali incontri di wrestling, per l’abitudine di questi animali a spingersi l’un l’altro fino a sollevarsi sulle rispettive zampe posteriori, mentre si afferrano e gettano di lato prima di chiudere le proprie fauci sulla schiena del rivale. Un modo come un altro per dimostrare al mondo che nessun compromesso può essere giudicato accettabile, quando si giunge su questa Terra già perfettamente attrezzati per sopravvivere dopo un periodo di gestazione pari a 7-8 mesi, trascorsi sotto terra all’interno di una buca scavata nella maggior parte dei casi da un uccello megapodio indonesiano. Prima che al suo interno venisse deposta una quantità variabile tra le 15 e le 20 uova, totalmente indifferenti al precedente proprietario di quel nido nascosto. Qualsiasi pennuto dei nostri giorni, d’altra parte, sa bene quale sia il suo posto quando un letterale dinosauro si avvicina alla sua starnazzante presenza: lontano, molto lontano… In questo mondo, oppure quello successivo. Alle lucertole, d’altronde, importa davvero molto poco. Purché le strade conducano, prima o poi, all’interno del loro stomaco in capiente attesa.

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