Lo sguardo magnetico dell’unico rapace che ha imparato a vivere sottoterra

E quando la lunga notte sarà finita, sotto la luce inclemente dell’astro solare, troveremo il modo di prolungare le tenebre che ci sono care. Spingendo insistentemente oltre i confini di un mondo ulteriore; quello sepolto tra radici contorte, pietre silenti e vermi privi di raziocinio. Dov’è che nessun tipo di regola può applicarsi allo stesso modo? Dove, lo sguardo dell’uomo non riesce a spingersi salvo speciali eccezioni? Appena oltre il velo del tutto non-trasparente di un cumulo d’elementi, sotto l’erba folta che si continua ad aggrovigliarsi. Un singolo verso, più volte ripetuto: “Hoo, hoo!” Non è altro che lui, gufo più distintivo del Nuovo Mondo. Famiglia Strigidae, genere Athene, specie cunicularia. Benché a voler essere maggiormente precisi si tratti realisticamente di una civetta, viste le dimensioni di appena 19-28 cm ed un corpo corto e tondeggiante, caratterizzato nel caso da un paio di zampe straordinariamente lunghe e sottili che ricordano vagamente i Tripodi, mostri meccanici sotterranei della Guerra dei Mondi di H.G. Wells. Ma non c’è alcunché di profetico, o alcun monito nei confronti delle impreparate nazioni della Terra, nella loro vita tranquilla ed abitudinaria fondata sull’istintiva risposta ad una semplice domanda: quale potesse essere la soluzione abitativa migliore, una volta scelto di abbandonare i rami degli alberi esposti alle attenzioni dei loro molti nemici, alati (falchi, aquile) o meno… Questione a supporto della quale, in maniera non del tutto scontata, sarebbe accorsa l’opportunità tutt’altro che infrequente di ricorrere all’operato collaterale di creature provenienti da una storia evolutiva del tutto diversa. I piccoli, scattanti, agili cani della prateria (gen. Cynomis) grandi e rinomati scavatori di cunicoli simili a vasti reticoli sotterranei. Naturalmente con il suo vasto areale esteso in entrambe le metà del vasto continente americano e le ben 18 sottospecie riconosciute, non tutte le civette delle tane trovano appoggio grazie all’operato di tali piccole creature, con altrettanto vantaggio ricavato da traslochi abitativi degli altri membri del gruppo tassonomico degli sciuridi, tra cui marmotte e scoiattoli di terra, ma anche tartarughe e persino l’occasionale costruzione umana, come canali o varchi per far passare l’acqua piovana presso i caotici confini delle città. Tutto ciò senza contare la capacità di far ricorso ad una capacità di scavo personale che potrà forse non essere pari a quella di un animale di terra, ma permette nondimeno a questi uccelli di sopravvivere facendo affidamento sulle loro esclusive forze. Il che purtroppo tende a renderli variabilmente invisi agli abitanti degli immediati dintorni, vista la netta preferenza mostrata dalla civetta per terra morbida e priva d’ostacoli, come quella delle coltivazioni agricole, gli spazi lasciati vuoti tra le piste degli aeroporti e le verdeggianti piste da golf. Benché tali rapaci operosi, dall’aspetto particolarmente distintivo ed accattivante, finiscano non di meno per rappresentare di fronte all’opinione pubblica l’importanza della biologia e la conservazione ecologica, arrivando ad offrire il pretesto per feste e ricorrenze annuali, tra cui quello particolarmente famoso di Cape Coral, nella penisola della Florida statunitense. Un’occasione di far conoscere, attraverso stand educativi e vendita di merchandising di vario tipo, questo animale di cui tutti sembrano aver sentito parlare in America, ma che ben pochi conoscono al di là del vasto mare. Il che non può che lasciare blandamente sorpresi, quando si considera l’estrema diffusione di tali uccelli, prolifici e adattabili, tale da valergli una classificazione particolarmente tranquilla da parte dell’indice internazionale dello IUCN. Ma chi, senza una valida conoscenza pregressa, potrebbe facilmente riuscire ad associare una creatura volante agli spazi notoriamente angusti del sottosuolo?

Proporzioni insolite e circostanze particolarmente rappresentative. Per un piccolo gufo che potrà anche assomigliare superficialmente a quelli delle nostre terre, ma dal punto di vista delle abitudini, non potrebbe risultare maggiormente diverso.

Tale piccolo strigide si presenta quindi come un uccello dalle dimensioni piuttosto contenute, privo di piume sporgenti sulle orecchie e con la caratteristica livrea mimetica, composta di punti e linee in alternanza che compaiono in genere dopo il raggiungimento dell’età adulta. Interessante notare, a tal proposito, come i maschi della specie abbiano una tonalità tendenzialmente più pallida causa l’effetto scolorante della luce solare, data l’abitudine piuttosto frequente a muoversi anche di giorno, piuttosto rara ma non del tutto inaudita tra gli altri membri del gruppo informale delle civette. Periodo durante il quale si sposta principalmente alla ricerca di frutta e semi, particolarmente in ambito nordamericano e andando alla ricerca del tasajillo ed altri frutti di piante cactacee che noi italiani saremmo tentati di associare al fico d’India. Ma è soprattutto di notte, prendendo posizione su un punto d’appoggio sufficientemente elevato, che l’uccello riesce con successo a cacciare le sue prede, tra cui vertebrati ed invertebrati come topi, lucertole, rane, rospi, grilli, termiti, cavallette, ragni e millepiedi. Caso particolare quello dello scarabeo stercorario, che il gufo è solito catturare mediante un espediente particolarmente scaltro, fondato sul posizionamento strategico di piccole quantità di escrementi raccolti in giro presso l’ingresso della sua tana; un dono del tipo più utile che piacevole, quest’ultimo, particolarmente apprezzato dalle femmine nel corso del tradizionale rituale d’accoppiamento all’inizio della stagione riproduttiva, secondo un approfondito studio del 2004 (Levey, Duncan, Levins). Una volta completate le danze ed i richiami di rito, in base a un copione modellato attraverso secoli d’evoluzione comportamentale, le coppie formatesi sono perciò monogame anche attraverso il proseguire delle stagioni successive, con una durata della vita che si aggira in condizioni ideali tra i 9 ed i 10 anni. Periodi al culmine dei quali la femmina inizierà a deporre all’interno della tana selezionata, che in talune sottospecie potrà essere sempre la stessa, mentre per altre cambierà ogni volta, fino a 12 piccole uova, destinate ad essere protette ed accudite ferocemente da entrambi i genitori. Successivamente alla schiusa dopo un periodo di 28-30 giorni, i nuovi nati resteranno quindi all’interno del nascondiglio per ulteriori due mesi, al termine dei quali potranno raggiungere l’indipendenza ma non la maturità sessuale, prevista verso l’inizio della primavera successiva. Per lo più invisibili ai predatori, che negli stadi iniziali della vita possono includere per lo più volpi, linci, donnole, opossum, puzzole ed altri animali scavatori, i piccoli della civetta non sono tuttavia del tutto privi di un meccanismo di difesa, identificato nel 1986 da Ross, Coss e Owings come la capacità di emettere un sibilo e battere ritmicamente le ali, riuscendo ad imitare in maniera particolarmente suggestiva il rumore prodotto da un tipico serpente a sonagli. Sistema classificabile come una personale interpretazione del mimetismo di tipo batesiano, benché basato su paradigmi contestuali piuttosto che la mera colorazione, come avviene assai più di frequente nel caso degli insetti.
Ciò detto, la condizione della civetta è largamente dipendente da quella delle specie creatrici di tane a cui appoggiarsi, con un’evidentemente necessaria concentrazione dei piccoli in determinate aree qualora manchino le alternative, facilitando in maniera esponenziale l’operato dei singoli predatori. Anche perché i cani della prateria in particolare, oltre ad agire come pasto preso di mira alternativamente secondo il metodo della protezione del gregge (benché si tratti di un esempio atipico ed inter-specie) hanno l’utile abitudine di emettere acuti richiami nel momento del pericolo, ampiamente ascoltati e sfruttati con successo dai gufi stessi. Ma preservare immutabilmente un sistema, soprattutto quando composto da creature così diverse tra di loro, non è mai particolarmente semplice per l’uomo, anche in presenza delle migliori intenzioni…

Gli occhi grandi e gialli della civetta delle tane sono sormontati da folte sopracciglia bianche, utili a suggerire un’impressione di saggezza. Il che sembrerebbe riflettersi, almeno in parte, nell’effettivo alto livello di sofisticazione dei suoi comportamenti.

Mentre i confini urbani si estendono, ed inevitabilmente i territori a disposizione si riducono progressivamente, la civetta delle tane può almeno fare affidamento su un particolare approccio alla sua salvezza. Ampiamente documentato fin dal primo studio del 1995 (Trulio) resta una particolare metodologia consistente nell’installazione di porte di sola uscita in corrispondenza delle tane individuate rigorosamente all’inizio della stagione riproduttiva, previa disposizione e in un campo vicino di nuovi buchi e cunicoli costruiti dall’uomo a una distanza di fino 100 metri. Passaggio a seguito del quale, senza falla, l’intera comunità dei gufi (o come lo chiamano da quelle parti, parlamento) traslocherà indivisa presso il nuovo indirizzo, con l’unico danno riportato di una manciata di giorni utili a dare inizio alle danze. Ma la natura, si sa, non è nulla se non flessibile e i margini per simili operazioni presentano gradi ragionevoli di tolleranza.
Il che è senz’altro una fortuna, poiché semplifica la convivenza tra l’uomo moderno e tali creature rispondenti a uno stile di vita e metodologie di tutt’altra provenienza. Che non sembrerebbero includere tra il vasto novero delle nozioni, per ovvi presupposti, la percezione completamente artificiale del concetto di proprietà privata. Né il pericolo di un gran trattore che avanza in un campo, totalmente indifferente al suono di qualsivoglia finto-crotalo pronto a “balzare” innanzi!

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