Lo strano caso della bottiglia magica sepolta sotto l’interstatale 64

Cessata la fase d’apertura della guerra civile, sembrava che la difesa della penisola della Virginia comportasse soprattutto una cosa e soltanto quella: aspettare, pazientemente, che il nemico facesse ritorno in questi luoghi. Le possenti fortificazioni costruite dagli schiavi, e mai davvero utilizzate, facenti parte della linea di Williamsburg, capace di estendersi ai due lati del forte Magruder fino ai punti estremi del fiume York e la baia di Chesapeake. Proprio là dove, successivamente al compiersi dell’omonima battaglia che le aveva viste abbandonate da tempo, i coraggiosi uomini della cavalleria della Pennsylvania, stato dell’Unione, avevano affrontato e messo in fuga i confederati di passaggio sotto il comando del generale Eggleston Johnston, con gravi perdite subite, ma riuscendo nonostante questo ad ottenere una delle maggiori vittorie conseguite fino a quel fatidico giorno, il 5 maggio del 1862. Andando avanti di qualche mese, tuttavia, la situazione aveva assunto tinte meno incoraggianti, con la parte residua dell’armata abbandonata, letteralmente, in mezzo alle ridotte dalla forma circolare, con i loro cannoni dal carente munizionamento, mentre le menti galoppavano selvaggiamente verso l’ora di un probabile assalto a sorpresa che forse, avrebbe segnato il termine della loro esistenza. Ed è proprio in questo tipo di circostanze, sottoposti ad uno stress inalienabile pesante sopra gli animi, che gli uomini ritornano a pregare. A meno che non possiedano… Particolari conoscenze, frutto della loro esperienza pregressa, capaci di garantirgli un aiuto intangibile dall’alto per sopravvivere, piuttosto che salvar la propria anima, e soltanto quella.
“Ora mira bene” disse Bradley a Mason, mentre reggeva la bottiglia di liquore all’altezza e con l’angolazione frutto di anni ed anni d’esperienza: “Non vorrei dover scendere fino al fiume per lavarmi la mano dal tuo p..” Fluido giallo paglierino, frutto dell’acqua estratta dal prezioso pozzo centrale, tintinnava con soave melodia all’interno di quel greve recipiente, in mezzo a un mucchio di appuntiti oggetti di metallo. Nient’altro che chiodi, prelevati in gran segreto, un po’ alla volta, dal deposito del capomastro dei genieri militari, incaricati di ripristinare la ridotta e ampliarla per quanto possibile, lavorando per lo meno a giorni alterni. “…E adesso, che succede?” Chiese con tono sbrigativo il suo commilitone afflitto dai primi sintomi dalla malattia da campo, richiudendosi la patta della divisa di uno spento blu cobalto: “Niente di troppo complicato, te lo assicuro. Metteremo la bottiglia accanto al fuoco della sera, per scaldarla. E quando l’anima malvagia della strega sarà stata incatenata, passeremo alla fase tre: il seppellimento. Allora starai meglio, te l’assicuro!”
E sarebbe assai difficile provare il contrario, non è vero? Quando l’archeologia si trova a interpretare le particolari gesta di persone come gli altri, non politici o comandanti, bensì semplici soldati, sarebbe assai difficile raggiungere le più estreme circostanze di un particolare ritrovamento. Anche quando, come nel caso della singolare bottiglia estratta dai ricercatori del William & Mary College di Williamsburg in prossimità di uno svincolo stradale, pluri-secolare sito della Ridotta 9, stiamo parlando di reperti che sembrano narrare, in modo estremamente dettagliato, una storia… [senza la maiuscola eppure non per questo, in qualche modo meno significativa]

Ritrovata originariamente nel 2016, la bottiglia della Ridotta 9 è stata considerata per diversi anni un semplice recipiente per i chiodi, almeno fino a un nuovo studio di settore presentato al pubblico dal capo del dipartimento archeologico, il Prof. Joe Jones.

La bottiglia delle streghe (witch bottle) costituisce nei fatti un’antica usanza anglosassone, risalente almeno all’epoca medioevale, con numerose attestazioni nelle isole inglesi, ed appena una manciata chiaramente riconosciute negli Stati Uniti, dove chiaramente il particolare rapporto con il sovrannaturale dei coloni aveva fatto passare una simile pratica in secondo piano. Non che l’uso in prima persona della stregoneria, del resto, avesse mai lasciato intravedere i presupposti di un processo persecutorio verso chicchessia, data la cognizione universale secondo cui non fosse mai particolarmente sbagliato combattere il fuoco con il fuoco, sia in maniera letterale che come nel presente caso, applicabile al fattore incontrollabile del proprio stato di salute personale. In una maniera di attribuire le colpe straordinariamente ingiusta eppure altrettanto imprescindibile per la natura umana, che vedeva come responsabili di ogni sorta di afflizione, infezione o malattia proprio quelle persone, spesso donne, che possedevano la conoscenza ereditaria delle erbe o altri rimedi antichi, tristemente additate come consorti del demonio, poiché altrimenti come si sarebbe potuta spiegare la loro capacità superiore a quella dei migliori medici laureati? E non è certo necessario arrivare fino a casi estremi come il processo di Salem (svoltosi attraverso i lunghi mesi del 1692) per trovare il caso di presunte “streghe” messe al bando dalla società civile, quando non addirittura condannate a morte nell’illogica speranza che in tale maniera, ogni malanno avrebbe cessato di gravare sulla testa delle “brave” persone. In assenza di un capro espiatorio chiaro, tuttavia, tutto quello che restava agli uomini e le donne di questi villaggi era operare sullo stesso piano dell’immateriale, nella speranza che particolari contromisure agissero per garantire loro un qualche tipo di beneficio, allontanando dalle loro teste l’occhio del superno Male. E tra queste, la cara vecchia bottiglia magica era uno degli approcci maggiormente popolari, per alcune valide ragioni: la prima era l’estrema semplicità di fabbricazione, richiedente semplicemente, oltre al contenitore, oggetti appuntiti come aghi, chiodi o spilloni ed un fluido o altra scoria proveniente dalla persona che sospettava di essere stata maledetta. Generalmente trattandosi di urina, più raramente di unghie, capelli o addirittura sangue, proveniente dalla stessa parte affetta dalla condizione nefasta contro cui si era reso necessario intervenire. Il che avrebbe portato, idealmente, il maleficio ad essere attratto verso tale falso bersaglio, per essere quindi intrappolato dal ferro aguzzo, prima di venire bruciato, sepolto, distrutto o gettato via lontano (a seconda dei casi). A questo punto, secondo le occulte cognizioni, la malattia sarebbe ritornata indietro al(la) mittente, possibilmente potenziata fino a 10 volte, causandone la morte inevitabile ed il più possibile dolorosa. Il che getta, indubbiamente, una luce sinistra sull’apparentemente normalissima bottiglia ritrovata in questo campo di battaglia dagli archeologi dell’università.

Nozione spesso mantenuta in alta considerazione nella pratica contemporanea della cultura New Age, oggi la bottiglia magica viene presentata principalmente come “portafortuna ad ampio spettro” senza inoltrarsi nelle sue implicazioni maggiormente inquietanti e crudeli.

La nuova teoria sulla natura dell’oggetto risulta tuttavia difficile da confermare, data la rottura pregressa del collo in un qualche anno degli scorsi secoli, a seguito della quale ogni potenziale traccia di urina è scivolata ormai via da tempo. Sociologicamente parlando, tuttavia, appare possibile se non addirittura probabile che il tipo di condizione vissuta dai soldati dell’Unione posti a proteggere l’antico sito dello svincolo dell’interstatale fosse tale da suggestionare le torturate menti, giustificando la creazione di un apparentemente tanto utile orpello. E non era certo insolito che, ancora nel XIX secolo, le vecchie superstizioni trovassero terreno fertile in quella letterale tempesta di pensieri che tendeva ad essere, per lunghi o brevi periodi di tranquillità, la mente di un soldato in guerra.
Successivamente alla battaglia di Williamsburg, costata la vita ad un totale di 3.965 uomini di cui ben 2.283 appartenenti alla parte “vittoriosa” dell’Unione, il forte voluto dal generale confederato Magruder con la sua linea d’impenetrabili ridotte (qualora sufficientemente equipaggiate) non avrebbe più udito il suono di uno sparo, fino alla fine della guerra civile americana. Per lo meno, che fossero del tipo udibile dalle comuni orecchie umane. La liberazione degli schiavi, quindi, avrebbe aperto la strada a una diversa interpretazione delle forze invisibili all’opera nel mondo, mentre l’interpretazione corretta della scienza ereditata dagli antichi ci portava, finalmente, a visualizzare l’effettiva forma del demonio. Ultimo nemico dell’umanità! Minuscoli, invisibili germi a profusione. L’orribile, ed inarrestabile venuta di Legiōn

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