Le catene da neve che si attivano con la pressione di un interruttore

Il tempo è denaro, indubbiamente, il tempo è può essere un tiranno. Ma può anche capitargli di rappresentare, in determinate circostanze, la linea divisoria tra la vita e la morte. Immaginate ad esempio il caso di stare guidando a velocità sostenuta lungo una strada dell’Ohio, del Wisconsin o del Minnesota… Qualcosa di relativamente pesante, come un furgone, scuolabus, camion dei pompieri o autoarticolato dall’alto numero di ruote. Quando a un tratto vi rendete conto che il tempo di risposta ai movimenti del volante si è allungato, i freni non funzionano, il veicolo è del tutto fuori controllo! Immagino sappiate già di che si tratta: il temutissimo ghiaccio nero, conseguenza del fenomeno meteorologico noto come gelicidio, che diventando un tutt’uno inscindibile con l’asfalto, lo rende totalmente impervio alla trazione veicolare e al tempo stesso Imprevisto. Perché ovviamente, non è certo possibile montare le catene come precauzione, laddove il ricorso a un simile espediente in condizioni d’assenza di neve, oltre ad essere contrario alla legge per i danni causati al manto stradale, accorcerebbe la durata dei nostri pneumatici in maniera esponenziale. Niente paura, tuttavia! Poiché è quello l’unico momento, nel corso del nostro scenario ipotetico, in cui il fantasma di un anziano maestro Jedi dal color verde oliva comparirà dinnanzi al vostro parabrezza, declamando con voce stentorea: “Il pulsante devi premere, soltanto in questo modo sopravvivere potrai” E… CLANG!
Non è magnifico? Non è forse un’incredibile miracolo della scienza? Nel giro di appena un secondo, un secondo e mezzo, il sufficiente numero di ruote sotto la carrozzeria ritorneranno a fare presa lungo l’impossibile sentiero. Proprio come se fermando momentaneamente il tempo, il vostro angelo custode nella Forza avesse provveduto ad installare l’unico sistema in grado di risparmiarvi il pericoloso incidente. Ed è in effetti proprio questo l’episodio a cui abbiamo assistito, con la sottile differenza di esser stato il frutto di una tangibile invenzione umana, piuttosto che l’intervento sovrannaturale di un qualcuno oltre lo spazio “visibile” del mondo. O per esser più precisi, frutto del progetto originariamente disegnato da Mr. W.H. Putnum di New York nel 1915, benché, molto probabilmente a causa delle possibilità tecniche relativamente limitate dell’inizio del secolo scorso, non sarebbe stato lui a portare a compimento le più estreme conseguenze dell’idea. Bensì lo svedese Göran Törnebäck di Linköping, che aveva acquistato il brevetto nel 1977, al fine di proteggere la propria piccola flotta di furgoni per la consegna del latte dal terribile pericolo del ghiaccio nero. E non soltanto quello: anche permettergli di navigare adeguatamente, senza le perdite di tempo dettate dalla continua applicazione e rimozione delle catene da neve, per le strade spesso congelate della sua città. Ma le drop chain o automatic tyre chain (entrambe definizioni previste dall’odierna anglofona nomenclatura) possono essere molto più di questo, proprio per la capacità di entrare in funzione nel giro di pochi attimi e con il veicolo già in movimento. Grazie all’ingegnoso principio che caratterizza, ad oltre trent’anni, il loro semplice funzionamento. Avete presente in parole povere, il leggendario funzionamento dell’arma di Xena, regina guerriera delle Amazzoni dal volteggiante disco chakram preso in prestito direttamente dalla dinastia indiana dei Moghul?

Lo spazio per l’interruttore delle catene automatiche viene talvolta previsto nel cruscotto stesso di molti mezzi pesanti, benché anche una soluzione post-vendita venga prevista dalle due principali compagnie produttrici di questi sistemi, la OnSpot e la Insta-Chain.

Per venire dunque alla parte tecnica senza ulteriori indugi, il funzionamento originario del sistema delle drop chain , vendute con significativo successo economico dall’azienda oggi situata presso la cittadina di North Vernon, Indianapolis e successivamente battezzata dallo stesso Törnebäck “OnSpot” (letteralmente e latinamente parlando, in situ) non è largamente cambiato da quel remoto fatidico giorno di oltre 40 anni fa. Essendo composte, essenzialmente, da una serie di quattro elementi: primo, un interruttore situato nella cabina di guida, connesso direttamente ad un solenoide nascosto sotto il fondo dello stesso. Il quale determina, a sua volta, l’attivazione di un sistema di spinta ad aria compressa (potenzialmente, ma non necessariamente alimentato dagli stessi freni del veicolo) che porta il culmine dell’oggetto in questione a diretto contatto con gli pneumatici che non rispondono adeguatamente agli impulsi del guidatore. Risultato: detto elemento, con la forma di un disco piatto, inizierà a ruotare spontaneamente per l’effetto del moto della ruota e le sue sorelle, per permettere alla serie di 6, 12 o 24 catene disposte lungo la sua circonferenza di adottare la disposizione a raggiera determinata dalla forza centrifuga, di finire inevitabilmente al di sotto di esse. E… Riuscite ad immaginarvi le conseguenze? Essenzialmente, a quel punto, potrete guidare come se qualcuno avesse disposto, in ordinata sequenza, un’infinità di tratti di catena lungo il preciso tragitto della vostra marcia. Vi sono tuttavia, naturalmente, alcune specifiche condizioni e limitazioni d’impiego. La prima e più importante, facilmente desumibile dal concetto stesso di un simile meccanismo, è che il veicolo che intenda sfruttare il pratico espediente dovrà trovarsi in movimento nell’attimo della verità. Perché altrimenti, come potrebbero le catene in questione mai finire nel luogo in cui sono più necessarie, ovvero al di sotto delle ruote stesse? In conseguenza di ciò, ci sono dei precisi limiti di velocità d’impiego, minimi e massimi: le catene automatiche funzioneranno meglio tra i 10 e i 40 Km/h. Benché sia possibile, in casi d’emergenza particolare, ricorrervi anche a velocità superiori, oppur tentare di farle entrare nell’equazione grazie alla rotazione vorticosa da ferma di una ruota già totalmente “impantanata”. Un altro limite del meccanismo, la neve troppo alta, entro la quale i segmenti di catena tendono a sprofondare troppo e smettono di produrre la trazione necessaria. Ma detto ciò resta indubbio come, nella recente storia degli Stati Uniti e buona parte del Nord Europa, simile sistema sia ormai diventato parte standardizzata di una certa tipologia di veicoli, generalmente impiegati dallo stato per garantire la continuità di determinati servizi o funzionalità del consorzio civile. Particolarmente frequente, ad esempio, è l’inclusione di un simile optional nell’intera flotta di autobus di città soggette ad occasionali nevicate, benché alquanto sorprendentemente, siano molti anche negli Stati Uniti ad ignorare quale sia la fondamentale funzione delle “strane catene” al di sotto delle altrimenti riconoscibili sagome veicolari. Un’ultima nota, a tal proposito: lungi dall’essere soluzioni utilizzabili soltanto sui brevi tratti, le catene automatiche possono in effetti trovare l’impiego continuativo anche durante l’intera stagione invernale. Particolarmente nel caso di veicoli con più di due ruote per ciascun asse, caso in cui un sistema di tipo tradizionale potrebbe trovare il posizionamento, quando necessario sui soli pneumatici esterni, mentre le OnSite (o sistema equivalente) si occuperanno d’incrementare la trazione di quelli rimasti.

John Atkinson Jr, attuale presidente della Insta-Chain, dimostra orgogliosamente nel corso di una fiera l’effettivo funzionamento del suo notevole prodotto, in grado di salvare letteralmente la vita delle persone.

Così il funzionamento essenziale del concetto di catene ad attivazione istantanea non è cambiato granché nel corso degli ultimi 40 anni, benché gli standard produttivi e le tolleranze siano state ovviamente modificate a vantaggio di un miglior funzionamento del meccanismo. Altrettanto degna di essere citata, nel frattempo, risulta essere la compagnia concorrente Insta-Chain di Springville, Utah, la cui personale versione del concetto, introdotta nel 1987 dal padre dell’attuale presidente, introduceva alcune interessanti modifiche al progetto di base. Tra cui una protezione anti-polvere per il cilindro pneumatico, un sistema di montaggio standardizzato per vari tipi di veicoli e soprattutto, l’interessante costruzione modulare del disco (brevettata) con una serie di segmenti poligonali, ciascuno a sostegno di una singola catena, affinché il cliente finale possa decidere di sostituirne soltanto una nel momento in cui questa dovesse andare incontro ad un’usura tale da comprometterne il funzionamento. Un approccio, questo, che dimostra la sostanziale differenza d’opinioni con la OnSpot, che si dice invece certa sul proprio sito Web che il consumo delle catene avvenga in maniera pressoché contemporanea durante l’uso, rendendo la sostituzione delle singole componenti sostanzialmente una spesa inutile e controproducente. E notevole, a tal proposito, risulta essere lo scontro a distanza tra gli autori dei rispettivi FAQ (sezione “domande & risposte”) che sembrano impegnati in una sorta di battaglia a distanza, ciascuno fermamente convinto della rispettiva opinione.
Ma qualunque tra i due sia riuscito a convincervi, una cosa è certa: poter disporre di un simile angelo custode (o stand, se vogliamo usare una nomenclatura decisamente più post-moderna) potrebbe fare una notevole differenza nei casi veicolari della vostra presente e futura vita. Se soltanto un più grande numero d’amministrazioni locali venissero informate, da chi di dovere, della differenza che può fare pensar fuori dagli schemi. E cercare qualche volta la via più facile, piuttosto che quella del “buoni vecchi metodi” che magari funzionano sempre. Ma non sempre vengono fatti funzionare.

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