Il vecchio imbroglio del sughero nella mazza da baseball e la sua storia

Tutti ricordano Christopher Andrew Sabo, classe 1962 e battitore della terza base dei Cincinnati Reds, per un modo particolarmente gramo di concludere la sua carriera. Il triste movimento, l’infelice scelta, l’usura in campo di un astruso marchingegno. Soluzione (forse inutile) a un problema (percepito) che anche prima di un così fatidico 29 luglio del 1996, tanto era costata ad alcuni dei suoi più insigni e celebri predecessori. Giocatori di baseball, gente superstiziosa… Forse per gli antichi manierismi di uno sport composto in egual misura da gesta frenetiche e noiose attese, durante cui saper interpretare presagi, fare gesti scaramantici, masticar tabacco o chewing gum diventano strumenti utili a tenere vivida la concentrazione. Fino alla discesa di quel singolo granello della clessidra, in bilico tra infamia e gloria, durante cui la sorte dovrà scegliere se assisterci o gettarci nel fossato. La sorte, assieme a… Forza? Rapidità? Esperienza? Allenamento? E forse qualche volta, il piccolo “aiuto” fuori dallo spettro del possibile, inteso come accorgimento totalmente al di fuori del regolamento di gioco.
Fu al culmine di una partita contro gli Astros di Houston nello stadio di casa della sua squadra, quando il veterano con centinaia di partite all’attivo si mise in posizione per rispondere al lancio della sfera da parte dell’avversario impugnando il familiare strumento di difesa. Fino a quell’impatto fragoroso tra filo, cuoio e legno ricoperto dalla resina di pino, a seguito del quale fu quest’ultimo ad avere la peggio. Ora, non è particolarmente noto in questi lidi ma può capitare: le mazze da baseball si rompono di continuo durante partite professionistiche, nel corso delle quali non è consentito l’uso delle più resistenti versioni in alluminio dello stesso attrezzo. Ragion per cui nessuno riservò più di una scrollata di spalle, quando l’inserviente della squadra portò al giocatore un altro implemento dal ricco corredo trasportato in sede. Se non che alla battuta successiva, stupore, raccapriccio: un altro suono simile ad un CRACK, tale da far sospettare la probabile rottura incipiente del lungo arnese. Ma ecco che Sota, forse per non attirare eccessivamente l’attenzione, decide di usarla per un ulteriore colpo. Ed è allora, che succede il pata-TRACK: poiché la mazza questa volta si divide in senso longitudinale, ottenendo nella metafora dei stessi commentatori, la perfetta imitazione “di una pala da pizza”. Ma ciò che è peggio, caratterizzata da una scanalatura nella parte larga, all’interno della quale era stato inserito QUALCOSA. Un commissario della squadra rivale chiama l’arbitro, che a sua volta chiede un timeout. Dentro l’oggetto c’è del sughero, materiale estratto da sotto la corteccia d’albero particolarmente poroso e leggero. Lo stesso replay evidenzia, nel momento della rottura, piccoli pezzetti legnosi che volano in tutte le direzioni. Durante i successivi sette giorni di squalifica, oltre alla multa di 25.000 dollari pagata dalla sua squadra, Sabo avrebbe sempre ripetuto di non sapere nulla di quella mazza, che gli era stata prestata da un collega dopo l’imprevista rottura della sua. Ma il danno, oramai, era fatto: ecco un giocatore, per così dire CORKED, ovvero uno che “sughera” le proprie mazze. Col disonesto obiettivo di…

Mettere il sughero nella mazza da baseball è un’operazione rapida ma non particolarmente facile da portare a termine: un foro troppo profondo, infatti, può indebolire sensibilmente la solidità dello strumento. Specialmente se effettuato a partire dall’impugnatura, soluzione meno frequente ma attestata in almeno un caso: quello più recente di Sammy Sosa, nel 2003.

Formalmente parlando, qualsiasi tipo di sport di squadra è una battaglia a carte scoperte, in cui ciascuna delle due squadre deve fare i conti con la reciproca cognizione pressoché totale delle armi, la prestanza fisica, le più probabili strategie della parte avversa. Ed ecco una delle ragioni, tra le tante, per cui lo sconsiderato impiego di sostanze dopanti può avere un effetto tanto drastico e risolutivo sul risultato finale: perché disporre di un’arma segreta, incrementare la propria resa al di fuori delle aspettative lecite pregresse, può letteralmente gettare un piolo nell’ingranaggio complesso della strategia nemica. Ma introdurre sostanze all’interno dell’organismo umano è notoriamente un proposito rischioso, per la salute del soggetto scelto ed anche, nel caso in cui si dovesse venire scoperti, causa l’assoluta impossibilità di negare la propria intenzionale partecipazione ad un truffa così efferata. Mentre ben diverso è il caso d’incrementare potenzialmente le prestazioni dell’oggetto simbolo del proprio ruolo, tanto determinante da potersi considerare, nel corso della partita, come una vera estensione del corpo del giocatore pur venendo sostituito di continuo. Difficile risulta, in effetti, tracciare i movimenti delle mazze da baseball regolamentari in legno, oggetti consumabili considerati alla stregua dell’usa e getta, proprio per la loro succitata propensione a rompersi, di cui ciascuna squadra si porta dietro nel giorno della partita svariate dozzine, arrivando a sostituirne centinaia nel corso di una singola stagione. Come sarebbe mai possibile, dunque, sottoporle tutte all’occhio scrutatore di una macchina per i raggi X?
La “sugheratura” (corking) delle mazze presenta in effetti una lunga storia, con il primo giocatore scoperto durante l’impiego di un simile stratagemma potenzialmente inutile nel remoto 1974. Si trattò di Graig Nettles dei New York Yankees, che disse di averla “ricevuta in dono da un fan”. Ciò detto, costituisce un’opinione largamente diffusa che ciascuno dei praticanti colti sul fatto avesse un’idea ben precisa di quello che stava facendo, o almeno, fosse fermamente convinto di averla. La prassi utile a perseguire questo particolare stile di alterazione prestazionale deriva infatti da una lunga e certosina procedura, consistente nella trapanatura dei primi 20-25 centimetri a partire dalla sommità dello strumento iconico di questo sport, prima d’introdurre il sughero o altro materiale fuori contesto: nel caso appena citato, ad esempio, il giocatore aveva fu scoperto con sei super-ball (palline di gomma rimbalzanti) dopo l’intercorsa rottura del suo apparato, favorito per ovvie ragioni dall’indebolimento del foro e relativa cavità. Una soluzione, questa, coerente con il fondamentale concetto alla base delle pratiche di corking, finalizzato secondo la cognizione generale a modificare la “risonanza vibrante” della mazza, finendo per mandare la pallina sensibilmente più lontano. Un’ipotesi, questa, più volte smentita dalle analisi scientifiche condotte sulla faccenda, benché a rigor di logica l’alleggerimento della mazza dovrebbe quanto meno renderla più leggera ed in conseguenza di questo permettere d’iniziare più tardi il colpo di risposta, potendo osservare meglio la traiettoria della pallina lanciata dal giocatore avversario. Fatto sta che dei sei giocatori colti sul fatto nella storia della Major League, la maggior parte si trovava verso la fine della propria carriera, quando la forza fisica della gioventù stava ormai iniziando a sfumare, favorendo la ricerca di metodi alternativi per rispondere colpo su colpo agli ostacoli sulla strada di un’incancellabile Hall of Fame.

Il breve documentario di Todd Kapostasy “CORKED” narra nei dettagli, grazie a un’intervista diretta con il colpevole, dell’ormai famosa grande rapina della mazza col sughero, uno degli aneddoti più strani e improbabili nella storia della Major League.

Forse il caso più eclatante di mazza sugherata fu comunque quello causato da Albert Belle dei Cleveland Indians, il cui attrezzo venne sequestrato nel corso di un’importante partita il 15 luglio del 1994 contro i Chicago White Sox, apparentemente a causa di una soffiata da parte di un membro del personale della squadra. Abile giocatore ma da sempre controverso sul lato personale, a causa di problemi con l’alcol e un carattere particolarmente irascibile, egli decise quindi di comune accordo con il proprio compagno di squadra Jason Grimsley di organizzare uno dei “colpi” più incredibili della storia del baseball: inviare il collega attraverso il controsoffitto e i condotti dell’aria condizionata dello stadio Comiskey Park fino alla stanza degli arbitri, per prelevare la mazza e sostituirla con una pulita prima che questa potesse venire sottoposta ad qualsiasi tipo di analisi approfondite. Con l’unico risultato di essere visto mentre faceva il suo ingresso nella stanza sbagliata, lasciando inoltre evidenti segni del suo passaggio nel delicato polistirolo da lui calpestato durante la spedizione. Così che venne chiamato sul posto addirittura un ex-agente dell’FBI per investigare e nacque uno scandalo, assolutamente privo di precedenti, al termine del quale Belle ricevette le convenzionali sette giornate di squalifica, oltre a dover firmare un accordo di riservatezza assieme a Grimsley. Passaggio, quest’ultimo, destinato assai prevedibilmente a non sopravvivere alla stesura delle rispettive biografie.
Ecco dunque, la situazione: di una strategia finalizzata ad accrescere il rimbalzo di un fatidico impatto, benché approfondite prove tecniche abbiano dimostrato che non riesca in alcun modo a garantire i presupposti di risonanza sperati. E il comunque utile alleggerimento finisca, irrimediabilmente, per inficiare la forza dell’impatto stesso contro la palla, facendola andare conseguentemente molto meno lontano. Perché, allora, la Lega ha fatto tanto e continua a farlo per scoprire e punire gli utilizzatori delle mazze col sughero dentro? Forse la risposta è che una linea di confine, da qualche parte, dovrà pur essere collocata. Altrimenti nulla potrebbe fermare ulteriori modifiche, ben più efficaci, del fondamentale attrezzo simbolo, trasformando ogni partita in una letterale sfida tra super-uomini degli home run. Ed allora non ci sarebbe più un singolo stadio, in tutti gli Stati Uniti, capace di contenere i limiti di una simile potenza…

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