L’ingresso sepolto che divide il centro commerciale dalle occulte segrete di Chicago

Che cosa nascondono i pannelli in legno verso il fondo del grande magazzino d’abbigliamento? Dove portano le scale scarsamente illuminate visibili oltre la porta semichiusa che conduce ai servizi igienici della galleria centrale? Da dove fuggirono i colpevoli dei numerosi crimini e rapine subite nel corso dell’ultima decade attorno al cosiddetto Ford City Mall? Un centro commerciale che ritiene necessario specificare nella sua pubblicità online, ciò è senz’altro significativo, l’alta attenzione della sicurezza e la presenza di un presidio della polizia incorporato. Lo stesso luogo, caso vuole, dove il misterioso tiktoker Rotting.Midwest si è inoltrato ben oltre le barriere normalmente poste ai margini della coscienza collettiva. Per raggiungere un mondo oscuro e lungamente dimenticato, possibilmente, ma non del tutto tratteggiato grazie ad alcuni scaltri artifici del montaggio video.
Il 7 dicembre del 1941, giorno dell’attacco di Pearl Harbor, gli americani si svegliarono con una nuova e significativa rivelazione: che non importava quanto le questioni del Vecchio Mondo potessero apparire distanti: nel mondo moderno, ogni cosa poteva assumere proporzioni globali. Inclusa le devastazioni e sofferenze di un catastrofico conflitto armato. Ciò grazie anche, in buona parte, al crescente ruolo dell’aeronautica e la facilità con cui un velivolo poteva divorare le distanze. Così all’inizio dell’anno successivo, una pletora di nuove fabbriche venne costruita in tutti gli Stati Uniti per incrementare la quantità di simili apparecchi a disposizione. Orizzonte temporale entro cui uno dei progetti più grandi, e significativi, sarebbe stato quello della Dodge Chicago Plant, una colossale struttura a cui vennero assegnati 17.000 operai con turni di lavoro di 9 ore per 6 giorni la settimana, in modo tale da garantirne l’operatività entro ottobre del 1942. All’interno di queste vaste sale, in una serie di diversi edifici, si sarebbero dunque prodotti i motori per il B-29 alias “Fortezza Volante”, il bombardiere che avrebbe avuto un peso tutt’altro che indifferente sull’esito finale della seconda guerra mondiale. La città, in seguito, gli crebbe intorno.
Trascorrono gli anni, le decadi ed ogni cosa un tempo utile tende inevitabilmente a diventare un monumento. Nella stessa maniera in cui queste 411.000 metri cubi di cemento, con 24 Km di cavi e tubi sotterranei, sarebbe presto diventato l’elefante bianco della città, nonostante una breve riapertura durante la guerra di Corea, avendo adeguato le catene di montaggio alla produzione dei nuovi impianti per il volo da combattimento a pistoni sotto la supervisione della Ford Company. Entro il 1961, nuovamente abbandonato, l’enorme agglomerato di edifici attrasse perciò l’attenzione dell’imprenditore e sviluppatore fondiario Harry F. Chaddick assieme a un gruppo d’investitori concittadini, fermamente intenzionati a dare un senso e una specifica funzione all’impianto. Nacque in questo modo il Ford City Complex, una comunione di spazi industriali, negozi all’aria aperta ed il più grande centro commerciale dell’Illinois. Molti dei vecchi palazzi furono demoliti, per far spazi ad estensivi parcheggi. I tunnel sotterranei che li collegavano, pensati anche per agire come rifugi anti-bomba in caso di peggioramento della situazione bellica all’apice degli anni ’40, rimasero tuttavia accessibili mediante botole o altri simili espedienti. Bocche della verità spalancate, per chiunque fosse pronto e intenzionato a compiere un balzo all’indietro nella linea temporale della Città Ventosa…

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L’incoerenza del gran buco nel quartiere più costoso di Chicago, Illinois

Logica è la progressione degli eventi, indipendente dal contesto e situazione di riferimento, in cui l’impresa inizia dall’innesto della punta o “bit” del trapano per proseguire con la messa in opera del buco, pratico pertugio perpendicolare alla disposizione verticale della parete. L’inizio di qualcosa d’importante, proprio perché concepito al fine di cambiare l’atmosfera o l’equilibrio estetico di un luogo, inteso come aspetto periferico della stanza. Vi sono d’altra parte alcune anomalie, nella versione ruotata di 90° dello stesso concetto che caratterizza l’isolato erboso in bilico tra il canale dell’Ogden Slip, la strada urbana di scorrimento Lake Shore Drive e per l’appunto, la sponda illinoisana del ventoso lago Michigan, famoso per le acque non troppo calme, le caratteristiche formazioni glaciali d’inverno ed il memorabile skyline della Seconda Città. Un appellativo ironico nato dall’elitismo dei newyorkesi. Che ancora una volta voleva fregiarsi della medaglia d’argento, nella costruzione approvata nel 2006 di quello che sarebbe stato di gran lunga l’edificio più alto del mondo con i suoi 610 metri, ovviamente dopo il Burj Khalifa di Dubai. Ma comunque svettante oltre uno qualsiasi dei rivali situati in Occidente, grazie al contributo del celebre architetto Santiago Calatrava ed i corposi investimenti della compagnia di sviluppo immobiliare Fordham. Eppure possono fallire anche i sogni più ambiziosi e sarebbero in pochi a negare il modo in cui l’argomento in oggetto ciò giunge ad offrirne un’importante testimonianza. Se è vero che scrutando in questa direzione, ad oggi, ciò che gli occhi dello spettatore vedono è soltanto un ampio e sgombro quadrante di cielo. Sotto il quale l’astro diurno può riflettersi dentro uno specchio d’acqua stagnante dal diametro di 32 metri e la profondità di 24, altrimenti soprannominato la metropoli accogliente di un milione di zanzare. Sempre aperta, indubitabilmente incline ad essere il recesso prototipico di una via d’accesso per il Sottosuolo, iconico reame senza luce o vie possibili di fuga, a vantaggio di chiunque fosse tanto folle da discendere la scalinata bianca posta ai margini del grande calice urbano. Una visione… Sconfortante, per molti versi eppure non completamente priva di un bizzarro fascino, perché parla del modo in cui l’investimento di risorse è sempre possibile se c’è uno scopo chiaramente definito. Ma si trasforma in sogno della pipa quando si tratta di tornare ad una situazione di quiete utile a risolvere l’irregolarità della condizione vigente. Ed è per questo che ormai da almeno 5 anni diversi piani di fattibilità risultano essere al vaglio della Commissione del Piano regolatore cittadino, con alcune delle ipotesi più folli che includono un cinema sotterraneo, un habitat per gli uccelli migratori e persino una gigantesca vasca riscaldata a disposizione della popolazione locale. Quel gruppo d’increduli e impotenti spettatori che, al culmine della crisi economica dei tardi anni 2000, videro sfumare il sogno di un qualcosa di elevato e splendente. A vantaggio del pozzo mistico dei desideri (infranti)…

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Lego Cyberpunk: una metropoli di mattoncini oltre l’immaginazione artificiale

La lucentezza imperturbabile di elementi meccanici, strumenti tecnologici, componenti veicolari avanzati. Per non parlare dei caratteristici occhiali a specchio, fin da subito ricorrenti nelle opere facenti parte di quel nuovo genere narrativo. Nell’ottenimento di una superficie riflettente, normalmente associata alla tonalità del cromo, elemento della tavola facente parte del gruppo 6 (metalli d’importanza industriale) pur trovando applicazioni relativamente limitate nella stratificata civiltà del mondo contemporaneo. Perché mai, dunque, il materiale simbolo della cultura cyberpunk non dovrebbe essere riconosciuto nella plastica? Prodotto polimerico preponderante e irrinunciabile, spina dorsale delle plurime visioni contrastanti di un’epoca possibile, fin troppo prossima, in cui la natura è stata superata dall’anelito ad avere tutto e subito, in quantità di molto superiore alle aspettative. Sto parlando della plastica capace di formare involucro dell’informatica e di altri oggetti, telecamere, persone… Ovvero la sostanza, intesa come innumerevoli mattoni dell’esistenza, capace di costituire la struttura stessa del tentacolare dio urbano. L’esiziale megalopoli, che poi QUASI sempre è Tokyo o uno dei suoi derivati, in grado di costituire il personaggio più importante che accomuna la totalità dei film, romanzi, videogiochi di questo settore. Di certo la conoscete, o altrettanto probabilmente potrete prenderne atto dall’opera del tutto priva di precedenti esposta nel corso di due soli giorni alla fiera di Chicago di una settimana fa, incentrata sulle costruzioni-giocattolo ideate per la prima volta nel 1949 in Danimarca, prima di trasformarsi nella pura e imprescindibile antonomasia di quel settore merceologico all’interno del mercato globale. LEGO che permette d’insegnare ed acquisire un tipo di creatività tattile propedeutica a moltissime altre cose, nei giovani come negli adulti, come esemplificato dall’ormai celebre dicitura “Adatto per bambini dai 9 ai 99 anni”. Coloro che potrebbero finire a vivere, un giorno, in luoghi come Neo Hashima di Stefan Formentano, il nome principale associato ad uno dei progetti più imponenti, ed indubbiamente memorabili, ad aver partecipato ad uno di questi eventi. Sotto ogni aspetto rilevante una città, nella consueta scala 1:42 fornita dalle figure antropomorfe della compagnia produttrice, raggiungendo una dimensione complessiva pari a circa 10 metri di lato e 2,7 d’altezza. Benché l’individuazione di un singolo autore potrebbe portare al fondamentale fraintendimento del progetto, trattandosi di un’impresa collaborativa frutto delle mani di 70 partecipanti provenienti da molteplici paesi, portati sotto una bandiera dall’intento collettivo nel creare qualcosa di assolutamente innovativo, che potesse dirsi a tutti gli effetti privo di precedenti…

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La costosa fortezza concepita per tenere una temuta carpa fuori dall’America settentrionale

Avevano promesso alle mie pinne una vasca senza pareti, ma alghe. La terra mistica dove ogni desiderio può trovare realizzazione. Una distesa sabbiosa e simile, per molti versi, al Paradiso. Ciò che i pesci mentitori non avevano incluso nei loro muti aneddoti, era la sensazione paralizzante d’attraversare una scarica elettrica a media tensione. Né i suoni terrificanti anteposti a una membrana di bolle omicide. Seguita da una desolante distesa di cemento sommerso, senza nascondigli o validi pertugi per tentare di riprendere fiato. Sotto ogni punto di vista rilevante, l’Inferno di noi carpe, verso nessun tipo di certezza finale. E tutto ciò che avremmo potuto rappresentare per coloro che possiedono il potere, se soltanto avessimo posseduto le stesse colorazioni attraenti e variopinte dei nostri cugini domestici, quelle attraenti, vanesie appartenenti alla categoria dei Koi.
Passaggi che collegano le parti separate di un insieme, i fiumi di un paese, particolarmente se numerosi e interconnessi tra di loro, non differiscono in maniera concettuale dal sistema circolatorio di un organismo biologico di questo mondo. Totalmente imprescindibili per quanto concerne il transito delle creature contenute all’interno, come infrastrutture necessarie per l’effettivo mantenimento in essere del sistema ecologico vigente. Svolgendo la funzione di sentieri, tuttavia, essi costituiscono al tempo stesso il potenziale di elevare in senso esponenziale un problema sfortunatamente presentatosi ad un punto qualsiasi della loro estensione. Vista la capacità di raggiungere, nella nostra analogia, gli organi preziosi di un’intera regione geografica rimasta precedentemente intonsa. E cosa dovrebbe rappresentare, in effetti, il maestoso complesso dei cinque Grandi Laghi nordamericani all’interno di una simile analogia? Un polmone? Il fegato? Il cervello del continente? Ad ogni modo un qualche cosa d’importante. Che ormai da tempo rischia di essere contaminato, in modo irrisolvibile, da un parassita deleterio delle circostanze. Potendo quindi agire alla maniera di una letterale rampa di lancio, ai danni del reticolo di fiumi situato oltre il valico di questo potenziale paradiso delle forme vita. Naturalmente occorse e da sempre appartenenti a questi luoghi oppure… No. Di sicuro avrete già presente, a tal proposito, il dramma storico e internazionale della cosiddetta “carpa asiatica”. Una gestalt di specie in realtà, costituita da circa una decina di varietà distinte, giunte oltre l’Atlantico a seguito della malcapitata iniziativa d’introdurle per pulire dalle alghe determinati bacini idrici facenti parte dei copiosi labirinti del Mississippi River. Per poi scoprire, con estremo senso di sorpresa, come non sarebbe bastato qualche intraprendente pellicano e l’occasionale orso di passaggio per riuscire a contenere la prolifica genìa di pesci capaci di raggiungere il metro e sessanta di lunghezza e i 35 Kg di peso. E dunque, adesso, eccoci qui. Con i primi esemplari facenti parte di quel gruppo che iniziano a fare la loro comparsa, a mesi o settimane di distanza, nelle acque strategicamente deleterie del lago Michigan, che rappresenta il punto di svolta per il proseguire della loro drammatica espansione. E tutto a causa in modo particolarmente rilevante, così e stato determinato, di un singolo segmento della rete idrografica costruito, per di più, dalla mano malcapitata dell’uomo: il Chicago Sanitary and Ship Canal, utilizzato fin dall’anno 1900 dall’omonima città per drenare l’eccedenza della propria rete fognaria. Un’impresa che avrebbe richiesto, tra le altre cose, l’inversione del corso del fiume Chicago, costituendo l’essenziale base della questione. Perché le carpe, come innumerevoli altri pesci di fiume, AMANO andare in senso contrario alle scorrere di quegli umidi sentieri…

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