Se fai la doccia col tricosuro volpino

Tricosuro Volpino

Una palla di pelo fra le candide piastrelle non è mai una buona cosa. Se dovesse scivolare giù nel buco dello scarico, sarebbe una sventura. Senza neanche aver considerato, a priori, l’elefante nella stanza: come mai può esserci arrivata? La lanugine non riesce a camminare. Sarà forse, dunque stata…Rigurgitata dal felino casalingo, dall’amalgama dei fili del tappeto. Oppure è nata in mezzo ai denti della spazzola, del pettine dimenticato, poi sfuggita dallo sguardo dei suoi precedenti proprietari? Che orribile malessere! Un capello nel bidet. Ma tutto questo non è nulla, in confronto a ciò che è capitato a Stephen Paice, l’australiano detto spaicecowboi. Tra i più grandi temi del presente internettiano, c’è questo concetto di ritorno alla natura. Abituati a vivere fra le alte mura dei palazzi, la campagna la vediamo soprattutto da lontano. Il viaggio, l’avventura, al giorno d’oggi è soprattutto un’esperienza culturale. Ci si muove per conoscere, piuttosto che sperimentare l’imprevisto. Tranne quando ti ritrovi nel campeggio. Se fermi la tua auto nel parcheggio di una zona libera, incontaminata, lo fai con l’intenzione di relazionarti apertamente. Condividere gli spazi e le risorse: chi non ha presente, in questi casi, la tipica esperienza di svegliarsi la mattina, mettersi l’accappatoio e andare fino ai bagni del resort, gli occhi ancora semichiusi dalla sonnolenza. Per vedere tra le palpebre pesanti, cose come: OCCUPATO, NON ENTRARE, PREGO ATTENDERE. Pazienza, questi sono gli accidenti dell’imponderabile. Si può far la fila per gli umani. Qualche volta per i marsupiali.
Trichosurus vulpecula, l’opossum australiano dalla coda a spazzola, era lì tranquillo. Il fatto è alquanto semplice, in effetti. Per animali come questi, che si arrampicano spesso sopra gli alberi, la doccia con il serbatoio a sacco è come un sogno; l’amaca della loro beatitudine. I tricosuri non crescono soltanto nella tasca della madre. Dai cinque mesi di età, questo vuole consuetudine, vengono lasciati soli nella tana. Idealmente, si tratterebbe di un cavo degli alberi, dove l’unico cucciolo resta in attesa delle proprie foglie di eucalipto quotidiane, trasportati dall’affabile genitrice. Ora, va da se che nonostante le unghie aguzze, queste bestie non riescono a bucare la corteccia. Non sono uccelli picchiatori, ma inquilini opportunisti. Dove trovano lo spazio, vanno. La competizione con i propri simili per un’appartamento in centro può naturalmente essere…Feroce.

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La profezia della nona goccia

Pitch drop
Via

La prima è caduta per il tramite della scienza, dentro a un cassetto dimenticato fra le due guerre. Del resto, erano passati quasi dieci anni da quando Walt Disney disegnò Topolino, mentre Parnell, con volto serissimo, deponeva la sua massa nerastra. La seconda fu dedicata proprio a lui, lo sperimentatore di quel bicchiere, che perì, ahimé, di lì a poco. Terza e quarta goccia, non si sa, tutti dormivano. La quinta e la sesta, due segni sul calendario, per la mano sicura del suo successore: ’70, ’79 – Grazie, Dr. Mainstone! Ma nessuno le ha viste, soltanto sognate. La settima è andata perduta per una tazzina di caffé, l’ottava non ha funzionato, colpa dell’hardware bacato. Passano i decenni, e adesso…Manca poco, non c’è più tempo, oh, no! Scrivo tenendo il pollice fermo sul tasto [ALT] Ogni due secondi cambio finestra del browser: [TAB] ancora non è il momento. E poi ci riprovo. [TAB], non è caduta. E adesso? [TAB] Nello spazioso androne della quinta università dell’Australia, proprio di fronte all’aula magna del dipartimento di fisica, un globo minaccia di venir giù. Potrebbe succedere adesso. Magari è già tardi: non oso guardare. È terribile! Approfondiamo.
Universo, sei figlio del Caos: tu nasci dal vortice degli apogei. In una sola esplosione, supernove perturbano il grande silenzio. Giganti si affrontano per i fertili territori ai margini delle galassie, risucchiando l’idrogeno dalla tenebra stessa. Quindi si vestono dell’armatura dei metalli latenti, mentre coi residui plasmano lunghe collane. Sono, questi, i pianeti, con lune ed anelli preziosi, stolidi costruttori dell’entropia. Soltanto a quel punto, ingenuamente soddisfatti, tali colossi rallentano il battito del proprio cuore astrofisico. Colei che arde con la metà dello splendore… [TAB] Beh, prima o poi finirà il carburante. Un giorno. Per chi perde la guerra solare, ebbene non c’è l’oblio, ma un destino peggiore: la totale implosione. Costoro diventano un guscio nero, minuscolo e solitario. Dal fragore del maelstrom di fiamma, fino al buco di un punto, senza memoria né sentimenti, soltanto nero bitume che cola. [TAB] bluurgh [TAB] blup!

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Guerre di granchi e un’astronave

Spider Crabs

Australia meridionale, ultima battaglia. L’ambizione della razza umana non conosce nessun altro limite che l’universo stesso.  Da sempre come nei secoli a venire, lo sguardo dei sapienti cerca tra le stelle proporzioni familiari: un lampo filosofale, la radiazione cosmica della coscienza, un qualche tipo di maestosa proporzione. E ci si chiede come possano profilarsi in fin dei conti, tali abitanti di altri mondi, simili creature provenienti da diverse evoluzioni. O dimensioni (quinta, sesta, settima, infinita?) Quante gambe, braccia, sentimenti possano provare, senza senso per il tramite del nostro divenire… E infatti, amiamo sopratutto: civiltà aliene, il più possibile diverse dalla nostra. Sagome di teste extraterrestri, che si staglino gagliarde innanzi ai nostri telescopi. Non quest’oggi, non stavolta, sulle note della musica elettronica sperimentale. Questa è storia di presenze differenti. Di preziose Razze del profondo. Si perde tra le pinne di un corposo mare, l’oceano più Pacifico di questo mondo. Tranne quando viene l’ora di difendere la propria vita.
In principo c’era il Caos. Ovviamente. Una distesa senza senso di bitorzoluti carapaci, occhi preminenti, zampe intrecciate, soprattutto chele. Milioni di milioni. E qualcuno che cavalca, come un condottiero di regioni del fantastico, la versione più prestante di se stesso. Sono artropodi pelagici, questi qua, appartenenti alla grande famiglia dei majoidea, ovvero i cosiddetti granchi-ragno. Ne avrete visti forse visti, soprattutto al nord della penisola, presso un ristorante di specialità marine. Dentro al piatto, ben conditi! Noi navigatori del mediterraneo, nei secoli gustosi, queste bestie abbiamo preso a definirle con il termine granseole, perché ricorderebbero…Cipolle. O così dicono. Il popolo dei bulbi con le zampe, ad ogni modo, è davvero molto vasto. Si estende dall’Atlantico al più Nuovo continente, quella terra di canguri e orsetti mangiatori di eucalipto, passando per la variante nipponica del gruppo, il macrocheira kaempferi, così alto e terribile da popolare gli incubi più stravaganti. Un kaiju di epiche battaglie cinematografiche, l’ispiratore degli artisti meno intabarrati nelle consuetudini. Giusto a metà strada tra le opposte alternative, pietanza familiare oppure mega-mostriciattolo, ci sono questi, gli operosi protagonisti di una simile sequenza, tratta dal documentario inglese della BBC, Life – Creatures of the Deep. Narrato, nella versione originale, dall’ineccepible Sir Attenborough, naturalista. Però non stavolta, non quest’oggi.

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Mini-rally di palude, lungo il fiume a 100 all’ora

Riverland Dinghy Club

Non è una scena dal nuovo episodio Star Wars ma una vera gara che si corre a marzo, su micro-imbarcazioni  lanciate ad oltre 100 chilometri all’ora, in mezzo agli alberi e tra le basse acque di una fantastica palude, con sabbie rosse e un’atmosfera fuori dal comune. Mai visto niente di simile! La potenza si realizza nel contesto: guarda caso, siamo in un distante continente, di canguri, koala, stranazzanti kookaburra e colubridi nascosti. Vi risuonano le voci della sfera naturale, come fischiano i motori, di scafi folli, che si sfidano ad altissima velocità. Avete mai sentito parlare del Riverland Dinghy Club? La prima e la seconda regola di tale associazione, non ve le dico. La terza, qui traspare molto chiaramente, sarebbe divertirsi. Senza freni di alcun tipo, inteso in senso veramente letterale.
Metafore, similitudini, il punto della situazione resta solo questo: come sanno tutti, l’Australia ha due volti ben distinti, che coesistono e disegnano la storia di quei luoghi. Tracciate un’ideale linea presso il 135° meridiano, giusto in mezzo al territorio della cosiddetta mainland, principale massa emersa del Pacifico. Li troverete subito entrambi, tali contrapposti aspetti, sul minuscolo finire di un secondo. Rivolto verso l’Occidente, vi apparirà il profilo impassibile di un Fido Cane. Oggi costui non ci interessa, di sicuro, ne parleremo un’altra volta. In opposizione a tale bestia, con le orecchie ritte, lo sguardo verso il basso della mappa, un grosso micio attentamente concentrato. Nel suo muso c’è il Segreto, la Regione più desiderabile, un magnete irresistibile dell’uomo. È la Ragione che si trova, ebbene si, sulla punta annusatoria del felino. Delle cinque città più popolose del paese, caspita! Ben tre si trovano da quelle parti: Sydney, Melbourne, Adelaide. E poi c’è Canberra, l’ottava,  che fu capitale al volgere del secolo passato, famosa per le molte istituzioni culturali. Mentre fra le valli verdeggianti che separano quei quattro centri urbani, fattorie, vaste aziende agricole, vigneti; da qui provengono il 90% degli aranci, limoni e prugne dell’intero continente. Anche per tale ragione, in merito alle Riverland, i suoi antichi coloni ci hanno spesso tramandato: questo è il nostro centro alimentare, un granaio ed un polmone. Certamente, ancora oggi resta tale.
Il grande gatto, che da molto tempo ha offerto spazio e protezione ai suoi visitatori, aveva pure un baffo, lungo appena 3,750 km. Fatto d’acqua, s’intende. Un fiume, questo, pieno di fulminei naviganti.

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