L’ardua svolta campagnola sul sentiero dei preziosi ricettacoli per il gas butano

Un grande stabilimento industriale negli immediati dintorni di un comune al di sotto dei seimila abitanti può essere un’importante risorsa per la popolazione: posti di lavoro, migliori infrastrutture stradali, un maggior numero di negozi e servizi più efficienti. In determinate, rare e significative circostanze, la corporazione titolare può persino dimostrarsi un’efficace fornitrice d’intrattenimento. Vigeva per l’appunto un’atmosfera simile a una sagra, o quella della sfilata del santo patrono, in quel fatidico giorno dell’ormai remoto 2015, quando l’affiatata comunità di Aubigny-sur-Nère nel distretto Centro-Valle della Loira scese in buona parte indistintamente sulla strada, al fine d’inscenare una concentrazione di persone affine alle registrazioni storiche rallistiche del gruppo B. Quando i sentieri speciali delle gare ad alto ritmo motoristico erano troppo stretti, eccessivamente curvi, poco adatti ai ritmi eccezionali dei piloti che contribuirono a creare una leggenda. Alla maniera che ricorda in molti modi quella degli addetti e il personale specializzato che costituiscono la squadra, composta in egual parte dagli operatori della compagnia committente, del costruttore e tecnici forniti dal governo, al fine di assicurare il riuscito trasferimento di un qualcosa che potremmo definire come veri e propri oggetti fuori dal contesto. Tre abnormi cilindri sopra altrettanti camion, dal peso unitario di (almeno) 330 tonnellate e una lunghezza totale del convoglio pari a 65 metri, sbarcati a Parigi da Saint-Nazaire sull’Atlantico e che da lì hanno proceduto fino a Corbeil-Essonnes, per poi procedere a mezzo strada verso la loro destinazione finale. Se non che nessun sentiero a questo mondo, asfaltato o meno, può dire di esser stato costruito mantenendo a mente carichi di una siffatta imponenza, il che corrobora e sostiene la ben collaudata professione del trasporto eccezionale, un ambito entro cui ogni artificio è regolare, a patto di salvaguardare la sicurezza di cose, persone ed alberi lungo il tragitto. Come garantito in questo caso dalla compagnia Tissot, produttrice degli orpelli in questione, oblunghi sigari verde bottiglia in grado d’incamerare 1.000 metri cubi di gas liquefatto cadauno, a vantaggio di un’iniziativa di ottimizzazione ed ampliamento dell’ormai vicino sito produttivo della Butagaz, compagnia fornitrice di bombole alla stragrande maggioranza della popolazione francese. Il che richiede, come da copione spazio di stoccaggio sufficiente e rispettoso delle norme di sicurezza implementate dal governo, per tutto il tempo necessario al fine di creare il microscopico dal macro, ovvero recipienti ragionevolmente maneggevoli, versatili, facili da utilizzare. Ma non sempre l’accesso alle comodità del mondo contemporaneo può dirsi altrettanto raggiungibile mediante il proverbiale “singolo passo” dal veicolo terrestre alle grigie distese lunari. Ove un giorno carichi non differenti da quello presente avranno l’occasione di sbarcare, tra lo sguardo appassionato di astronauti ed altri membri di quella colonia distante…

Il sollevamento e la collocazione dei serbatoi hanno visto l’impiego, una volta raggiunto il sito della Butagaz, di una gru a noleggio dal peso di 500 tonnellate. Essa stessa, un miracolo della tecnologia al servizio della logistica, per così dire, estrema.

Come un’eclissi, come un grande temporale, come il ritorno delle rondini al principio della primavera, lo spettacolare passaggio dei tre serbatoi viene dunque ancora oggi ricordato su Internet, con l’occasionale quanto generoso apporto dei diretti testimoni dell’episodio. È d’altronde una questione largamente acclarata quanto la movimentazione di carichi o spropositati componenti nei contesti rurali degli Stati Uniti tenda a richiedere null’altro che la rimozione di un paio di semafori o cartelli, mentre nella vecchia Europa sia una sfida logistica capace di richiedere anche mesi per la pianificazione e approfonditi sopralluoghi lungo l’intero estendersi del tragitto. Questo perché strade disegnate lungo i territori dove l’uomo ha costruito per i lunghi secoli e generazioni pregresse, tendono a essere più anguste, curvilinee, decorate con oggetti del patrimonio monumentale del tutto inamovibili o considerati degni di un’approfondita tutela. Luoghi affini alle problematiche quattro rotonde della strada per Ennordres, famose per il Tour de France, tra cui in apertura vediamo la più angusta mentre il treno dai vagoni sovraccarichi ne affronta la perversa geometria, contando in massima parte sullo snodo offerto dalla sua motrice ad otto ruote Arocs BigSpace della Mercedes data in concessione all’azienda Capelle. Orgogliosamente identificata dai loghi in bella vista come quelli delle industrie Tissot sul serbatoio, che non sono in questo caso il marchio di orologi bensì l’azienda metallurgica, all’altro capo della Francia, responsabile per la produzione del più massiccio ed oblungo tipo di recipienti. Sostenuto in questo caso da una coppia di carrelli da trasporto universali dotati di 20 ruote ciascuno, egualmente sottoposti al tocco leggero di guidatori con telecomando, incaricati di curare l’aspetto geometrico della complicata faccenda. Non che sia particolarmente difficile, da una rapida ricerca su Internet, prendere atto del pericolo maggiore sempre presente in questa tipologia di operazioni, consistente nel capovolgimento del carico in sezioni del percorso non troppo diverse da questa, con conseguente complicazione a dir poco drastica delle già complesse circostanze. E ciò senza neppure entrare nel merito dei danni che un simile incidente avrebbe potuto causare all’interno di uno spazio densamente abitato, ed in questo caso addirittura gremito, quanto il comune di Aubigny-sur-Nère.

Specializzato nell’imbottigliatura automatica delle distintive bombole della Butagaz, il sito di Aubirgny offre lavoro a circa 800 persone. Una cifra destinata solamente ad aumentare, dopo il significativo ampliamento portato avanti nel corso degli ultimi 10 anni.

La produzione ed imbottigliamento del gas butano parla d’altra parte a un mondo incline all’ammirazione del progresso e tutto ciò che questo comporta, finanche l’appropriata fornitura di risorse usando metodi non propriamente conformi ai migliori e più convenienti standard d’impiego. Così apprezzati dalla popolazione generalista, nominalmente attenta ad approfondite attenzioni per l’ecologia vigente, pur considerando il tipico impatto ecologico nella posa dei tubi necessari al fine di procedere all’approvvigionamento del combustibile già pronto all’uso. Laddove questo prodotto collaterale nella processazione degli idrocarburi, scoperto già verso la metà del XIX secolo ma rimasto a lungo inutilizzato, sarebbe stato trasformato in liquido mediante l’apporto di un’adeguata quantità di pressione, per poi procedere a comprimerlo all’interno di un pratico recipiente resistente agli urti. Come quelli che campeggiano tutt’ora in molte delle nostre abitazioni di campagna e, a quanto pare, quelle di una buona parte della vasta e popolosa Francia. Se è vero che l’operazione fin qui mostrata può essere inserita nel contesto di un progetto più grande, finalizzato all’aggiornamento ed ampliamento dell’impianto della Butagaz risalente agli anni ’60 dal costo di oltre 15 milioni di euro, inclusivo di seppellimento dei maxi-sigari metallici all’interno di un sarcofago di cemento. Rimuovendo totalmente dall’equazione qualsivoglia tipo di possibile pericolo o esplosiva contingenza finale. Pratico, nevvero? Persino conveniente. Utile a mettersi la mente in pace, per lo meno una volta oltrepassato l’ostacolo di quelle quattro rotatorie. Anche grazie all’incoraggiamento di un gremito pubblico, che molto chiaramente non aveva niente di meglio da fare. E chi potrebbe biasimarli, tutto considerato?

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