Dalla Cina il bianco fungo che facilita l’intramontabile ricerca della bellezza terrena

Potrebbe sembrare strano avvicinarsi all’antica e vasta disciplina della Medicina Tradizionale Cinese con le aspettative dogmatiche tipiche di un culto religioso, considerando le profonde implicazioni per lo meno pseudo-scientifiche necessariamente facenti parte di qualsivoglia procedura mirata alla conservazione, o la riconquista del benessere dell’organismo umano. Eppure non sarebbe del tutto erroneo individuare in un particolare testo redatto nel periodo culturalmente importantissimo della dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) il ruolo di effettivo libro sacro, e nell’autore alle origini dell’ancestrale tradizione orale da cui deriva quello di un effettivo nume tutelare ed imperituro. Sto parlando chiaramente del Ben Cao Jing (本草经 – Canone delle Erbe Mediche) di Shennong (神農 – Il contadino divino) semi-leggendario dio-antenato e Imperatore Rosso vissuto attorno a 5.000 anni fa, cui viene attribuita un’ampia gamma di nozioni relative alla coltivazione e l’utilizzo dei tesori della terra come tramandate da un’insigne ed operosa posterità cinese. Trattazione parzialmente basata su atti di fede e preconcetti, oggi facilmente superati dalla scienza moderna, benché in altri casi le due discipline abbiano trovato, inaspettatamente, significative ragioni di concordia in merito a particolari argomenti. Ed ingredienti: vedi per l’appunto il caso dell’Yin’er shu (银耳属 – Orecchio d’argento) trattato nel capitolo sulla salvaguardia dell’energia oscura dello Yin, ovvero la specie fungina correntemente nota come Tremella fuciformis, una specie parassita dai caratteristici corpi fruttiferi candidi come la neve, simili nella forma a dei voluminosi fiori o da un’altra angolazione, piccoli cervelli abbarbicati alla corteccia degli alberi della foresta. “Andate a coglierli in inverno nelle foreste d’abeti.” Recitava l’antica trattazione, in assenza di una metodologia evidente per poter riuscire a coltivarne significative quantità all’interno di situazioni controllate artificialmente. Almeno finché molti secoli dopo, attorno al XVIII-XIX secolo, le prime fattorie iniziarono a perseguire una produzione seriale di questa particolare specie, mediante l’utilizzo di tronchi sezionati e fatti marcire negli spazi cupi ed umidi di apposite foresterie. Un procedimento ulteriormente migliorato, in epoca più recente, tramite l’acquisizione della tecnica per il trapianto intenzionale del micelio o spore di questo fungo, sebbene anche un tale approccio sembrasse lasciare nel processo dei significativi margini di miglioramento. Questo perché ancora mancava la presa di coscienza, risalente essenzialmente all’epoca contemporanea, della necessità dell’ingrediente di crescere a discapito di altre specie usate come base fertile, da cui trarre il necessario apporto di sostanze nutritive per la crescita: varie specie dall’ascomicete Hypoxylon, tra cui soprattutto quella successivamente riclassificata nella specie Annulohypoxylon archeri, oggi mescolata preventivamente all’interno di un apposito additivo, contenente anche la forma generativa del fungo Tremella. Per quella che è giunta progressivamente a costituire un’industria gastronomica e di portata quanto meno asiatica, mentre niente meno che globale riesce ad essere quella consistente nella creazione di creme e trattamenti cosmetici prodotti con sostanze di questa natura, con un’effetto misurabile d’idratazione della pelle paragonabile a quello dell’acido ialuronico. O persino superiore, in base a certi parametri, ad un simile prodotto dell’odierna tecnologia clinica, dimostrando una solida base per l’originale utilizzo da parte delle classi privilegiate della Cina pre-moderna, tra cui quella più importante di tutte: la corte stessa dell’Imperatore…

La produzione dei funghi bianchi è oggi un’industria molto redditizia in patria, sebbene siano ancora poco noti fuori dal paese che li ha più a lungo fatti oggetto di coltivazione intensiva. Una situazione che potrebbe cambiare nel corso del 2023, in base all’analisi offerta dagli studi del settore cosmetico a cadenza annuale.

Se c’è dunque una singola figura collegata all’utilizzo storico della Tremella in campo cosmetico questa è senz’altro Yang Guifei, concubina favorita all’epoca dell’Imperatore Xuanzong dei Tang (685-762 d.C.) le cui alterne vicende e tragica fine furono alla base di almeno un’importante opera letteraria, tramandando la storia personale di quella che sarebbe in seguito rimasta negli annali come una delle “Quattro Bellezze”, tradizionalmente riconosciute come donne più attraenti nella storia della Cina. Nata esattamente un secolo dopo la fine della precedente e breve dinastia dei Sui, sopraggiunta nel 618, ella era una nobile minore e discendente di Wang Shichong, il generale e monarca che originariamente stava per assumere il potere in quel fatale momento, prima di essere sconfitto sul campo di battaglia dai Tang. Dopo essersi sposata con il principe Li Mao, acquisendo la carica di consorte imperiale, alla morte di quest’ultimo Yang Guifei aveva deciso di farsi monaca, ma prima di prendere definitivamente i voti venne notata dal padre di lui, sommo sovrano della Cina, che decise di accoglierla nel suo harem in forza della sua eccezionale bellezza, un onore ineccepibile per lei stessa e la sua intera famiglia. Così diventata ben presto la sua preferita, questa donna che le cronache riportano come giunonica o comunque piuttosto in carne, continuò ad essere caratterizzata per gli anni a venire da una carnagione niente meno che perfetta secondo i canoni di allora, grazie all’inumano pallore donatogli dall’utilizzo quotidiano della straordinaria orecchia d’argento, fungo da lei consumato in grande quantità assieme ai frutti di litches, anch’essi strettamente associati in tutta l’Asia a questo celebre personaggio.
Non c’è quindi da meravigliarsi se nelle epoche successive, la Tremella fuciformis che è sostanzialmente priva di un sapore percepibile degno di nota sarebbe entrata a far parte della dieta nazionale cinese, come ingrediente largamente apprezzato in piatti sia salati che dolci, nonché componente essenzialmente irrinunciabile nell’insalata di determinate regioni geografiche, dove viene coltivata più attivamente. Vedi il caso della youtuber hongkongese Ermi Chuyan, che nel nostro video di apertura mostra la raccolta e successiva preparazione in due ricette del candido fungo, la prima in una sorta di zuppa con “datteri rossi” (si tratta di giuggiole o Ziziphus jujuba) e la seconda con la funzione di condimento ridotto in gelatina, per un piatto a base di pollo cotto al vapore. Ciò detto e in considerazione della breve vita di scaffale per quest’ingrediente, sarà senz’altro più probabile riuscire a trovare lo Yin’er shu in Occidente nella sua forma essiccata o come ingrediente attivo di cosmetici, uno stato che d’altronde gli permette di veicolare con maggiore efficienza le sue ben noti doti taumaturgiche, tutt’altro che un mero castello costruito sulle antiche fantasie medicinali…

La capacità di assorbimento idrico dei funghi appartenenti al genere Tremella risulta essere assolutamente spettacolare, con una quantità d’acqua contenuta all’interno pari a 500 volte il loro peso. E una capillarità delle ife, parte filiforme del micelio, superiore a quella di qualsiasi altra spugna naturale.

Oltre alla già citata capacità di assorbire e successivamente rilasciare copiose quantità d’idratazione sulla superficie della pelle umana, la Tremella è stata dimostrata in vari studi possedere anche altre doti benefiche, primariamente riconducibili al suo contenuto di aminoacidi, polisaccaridi e minerali. Tutte sostanze capaci di produrre, di concerto, effetti anti-infiammatori e combattere i radicali liberi, inibendo la formazione di rughe e proteggendo allo stesso tempo dalla formazione di macchie sulla pelle dovute agli effetti dei raggi UV. Approcci più ambiziosi e forse meno approfonditi alla faccenda, nel frattempo, avrebbero attribuito anche capacità anti-carcinogeniche e salva-vita alla tradizionale sostanza, un passaggio quasi obbligatorio per tutti i principali toccasana collegati alla Medicina Tradizionale Cinese.
Sebbene vada incidentalmente considerato il caso in cui l’eccezionale bellezza concessa dal suo consumo avrebbe portato, inesorabilmente, la sua principale testimonial per i posteri a venire. Sto parlando ancora di Yang Guifei e della sua tormentata storia d’amore con l’Imperatore Xuanzong, che più volte la mandò in esilio essendosi considerato offeso e poi si affrettò a richiamarla, non potendo fare a meno di lei. Finché nel 752, sfruttando il favore accumulato nel tempo ed agili manovre politiche, il suo cugino e governatore periferico Yang Guozhen non riuscì a diventare alto cancelliere di stato. Per poi scegliere a sorpresa di ribellarsi contro il potere costituito, nell’evidente aspirazione di ritrovare la posizione di predominio idealmente spettante ai suoi insigni antenati. Soltanto per essere rapidamente sconfitto dai Tang e messo a morte con la sua intera famiglia, inclusa purtroppo la stessa Guifei, in quel momento in viaggio a stretto contatto col dinasta. Che la fece strangolare senza troppe cerimonie da un suo attendente e su insistenza dei ministri di stato, per poi provare a quanto si narra un senso di rimorso che l’avrebbe accompagnato per il resto della sua triste esistenza terrena, trascorsa ad ammirare un suo ritratto nelle stanze private del palazzo imperiale. Perché ci sono casi in cui nessuno, non importa quanto potente, può riuscire a prevedere o influenzare il corso inarrestabile della Storia. Una marea al cospetto della quale tutto ciò che resta è fare il possibile, per prolungare la durata della nostra resistenza e quella di coloro che ci sono maggiormente cari. Riservando l’opportuno rispetto, tra le altre cose, i “funghi magici” di cui la natura ha ben pensato di provvedere a farci dono…

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