Battaglia in mezzo ai fiori per l’amore di una scarabea

Ci sono 30.000 specie al mondo eppur nessuna, neanche con l’aiuto di un fotoritocco digitale, può considerarsi bella quanto lei. Leggiadra volatrice che si posa sulla grossa margherita, le zampe posteriori lievemente sollevate, già immergendo le setole e le antenne dentro il nettare fragrante. Ciò che amo particolarmente è il suo colore: marrone chiaro sulle elitre, con una striscia d’oro dove inizia quel pronoto dolcemente affusolato, molto spesso ricoperto da svariati grammi di polline giallastro. Invece dell’azzurro tozzo di noi maschi degli Scelophysa trimeni detti qualche volta scarabei scimmia, per il modo in cui scaliamo steli nel Sudafrica, aggrappandoci ai preziosi petali del caso. Quando è… Il momento. Di nutrirsi, oppure l’altro tipo di momento. Quello per sfruttare l’occasione di un incontro, andando finalmente a meta (riprodursi) nel trionfo imposto dalle norme della biologia. Il corteggiamento, per questa tipologia d’insetti, non è particolarmente complicato: esso consiste, essenzialmente, nell’avvicinarsi con l’opportuno grado di scioltezza, farsi avanti e… Ciò che invece può costituire un piccolo problema, spesse volte, è invece il palesarsi di un rivale. Poiché sembra, come spesso avviene, che la monogamia non basti per riempire quello spazio che gli è stato offerto generosamente dall’ecologia. Costringendo lui, lei e l’altro a fare a botte, solamente per dirimere l’ardua questione.
Come una feroce danza. Si tratta di una scena spesso ripetuta, in queste terre, senza essere per questo meno spettacolare. Come appara assai evidente in una delle rinomate serie della BBC, con il commento della voce fuori campo di Sir Attenborough, il naturalista più famoso della Tv inglese e assai probabilmente, il mondo intero. Il quale lui soltanto, può rendere giustizia a tutto questo, narrando il susseguirsi degli eventi un poco alla volta, proprio come se si fosse trovato magicamente sospeso a pochi centimetri da una tale combattiva margherita. Il campo di battaglia, oppure un ring, a partire da quel singolo momento in cui vi giunge, emergendo dal terreno stesso, il terzo ospite color del mare, che pesantemente tocca il petalo, avvicinandosi da dietro al suo nemico, riuscendo ad afferrarlo dalla parte posteriore. Ed è allora, come al suono di un minuscolo gong, che inizia il capitolo degli spintoni, mentre l’uno tenta di ribaltare l’altro, possibilmente fuori dalla spazio dell’Osteospermum di partenza, parte della famiglia di fiori che potreste anche conoscere come “margherita africana”. A un certo punto il primo maschio sembra stare per avere la peggio, rimanendo saldamente aggrappato alla zampa del suo rivale con il resto del corpo oltre il baratro della formidabile caduta, di una dozzina di centimetri almeno. Mentre, idealmente, la bellissima siede da parte, giudicando il duro scontro tra i suoi due aspiranti cavalieri. Se non che, questa è un’occasione “particolare” come altrettanto, gravemente “particolare” risulta essere l’esito della tenzone. In effetti dopo che sono passati un trentina di secondi circa, per lo meno nel tempo soggettivo del montaggio del documentario, avviene l’impossibile/inaudito: i maschi che combattono colpiscono, accidentalmente, l’esemplare oggetto di un simile focoso desiderio. Scaraventando la povera femmina, impreparata, oltre il bordo dell’infiorescenza e da lì giù, sopra il terreno friabile e fangoso. Crudele è il triste gioco del destino. Umiliata e affranta, l’orgogliosa dama si rigira con l’agilità di una sprezzante tartaruga. E mentre getta un ultimo sguardo in controluce, verso i maschi che continuano imperterriti la loro lotta, ha già deciso. Con sibilo nel vento, apre le sue ali e vola via.
Ma il mondo è pieno di piante, frutti ed altri spazi deputati a questo antico sforzo. E un vero lottatore non potrà fermarsi, di sicuro, al primo fallimento. Così completato il duro scontro, senza un chiaro vincitore, i due scarabei sconfitti se ne vanno per la propria rispettiva strada, alla ricerca di un’occasione altrettanto valida di dare un seguito alla propria essenza. Ed è allora, sul finire dello spezzone offerto a noi spettatori dell’online, che l’azione sembra spostarsi sopra i petali di un’altra tipologia di pianta: la Carpobrotus edulis o fico acido, una vista altrettanto comune dalla parte meridionale dell’Africa quanto in Marocco, Algeria e Libia, benché qualche esemplare non disdegni di fare la sua comparsa in terra di Sicilia, dove striscia e popola gli spazi vuoti nei giardini delle case. Un’apprezzabile invasione, senz’altro…

A chiara dimostrazione che tutto il mondo è paese, due scarabei scimmia del Nuovo Mondo (Hoplia dispar) combattono per il dominio di un giglio mariposa (Calochortus leichtlinii). Siamo nei pressi del lago Mono in California, e anche stavolta, la presenza della femmina è impossibile da confermare. L’amore per la lotta fa fare strane cose…

La principale fortuna degli scarabei scimmia, in Sudafrica come altrove, è il non essere strettamente legati, per nutrirsi, a specie vegetali particolari. Né quelle da loro convenzionalmente visitate fanno esclusivamente affidamento al loro aiuto esclusivo per garantirsi l’impollinazione, accogliendo con egual piacere api, vespe, farfalle e i vari coleotteri che passino di lì. Tuttavia esistono particolari regioni, come le pianure doleritiche del Namaqualand, dove i fiori di un singolo colore sembrano estendersi a perdita d’occhio. Grazie al contributo, stimato sul 96/97% di una o due specie d’insetti al massimo, entrambi appartenenti al genus degli Scelophysa, riconoscibili dalla splendente colorazione delle loro scaglie, nonché il volo agile da un fiore all’altro. E le lotte, chiaramente. Gli spietati, interminabili combattimenti, dinanzi ai quali molti hanno deciso che avrebbero intrapreso la carriera d’entomologo. A tal punto, risulta affascinante e coinvolgente il severo contegno di questi piccoli ma ma coraggiosi guerrieri.
Lo Scelophysa trimeni, in particolare, è stato classificato per la prima volta nel 1885, grazie all’opera del naturalista di origini francesi Louis Péringuey, da giovane insegnante di una tale lingua e al tempo stesso, lavoratore volontario presso il Museo Sudafricano di Città del Capo. Un ruolo che, soltanto tre anni prima di quella fatidica data, sarebbe diventato il suo impiego principale, portandolo ad incrementare le sue spedizioni extra-urbane, fin dentro le regioni misteriose del più antico e biologicamente diversificato dei cinque continenti. Una buona parte del quale, per opera sua e dei suoi colleghi, sarebbe finito infisso sopra gli spilloni della conoscenza, dentro teche sempre più numerose esposte in ogni angolo delle diverse gallerie. Fu proprio lui quindi nel 1922, a convincere l’amministrazione del museo che aveva annullato ogni tipo di progetto edilizio a causa della guerra, ad acquistare alcuni capannoni nei dintorni come magazzini, salvando in questo modo una parte considerevole delle loro inestimabili e insostituibili collezioni. Dal punto di vista morfologico, questi scarabei sono piuttosto uniformi tra il maschio e la femmina colore a parte, con una lunghezza tra i 9 e gli 11 millimetri, e un corpo tozzo largo 5 al massimo, poggiante su sei agili e pelose zampe. Una caratteristica, questa, funzionale al loro ruolo ecologico, consistente nel posarsi nei fiori a tale scopo predisposti, trasportando via il prezioso polline verso esemplari femminili della stessa pianta. È stato notato, a tal proposito, che alcune specie di fiori come le margherite dall’occhio blu del Capo (Osteospermum fruticosum) si sono evolute per presentare un centro dalla colorazione scura, mirato a far sembrare che ospiti già la presenza di una femmina di scarabeo. Incrementando, in questo modo, le probabilità che uno di loro venga lì a nutrirsi, non potendo fare a meno di assolvere alla funzione attesa. Piante come il fico acido mostrato nel documentario della BBC, nel frattempo, sfruttano una strategia diversa, consistente nell’aprire i propri petali soltanto nelle ore più assolate, quando lo scarabeo di passaggio, notando i colori variopinti di un tale fiore, non potrà fare a meno di resistere a un così desiderabile richiamo.
Una volta completata, finalmente, la fecondazione, la scarabea femmina cambierà immediatamente stile di vita. Volando bassa, e tenendosi a contatto col terreno, finché non giunge al giorno in cui dovrà deporre tra le 10 e le 20 uova. Da ciascuna delle quali nascerà una larva bianca a forma di C,che nutrendosi delle sottili radici delle piante soprastanti, crescerà fino al raggiungimento dello stadio di pupa entro il sopraggiungere della stagione successiva. E quindi, con un balzo coraggioso verso l’indomani, emergendo dalla terra spiccherà il volo, in cerca di battaglie meritevoli di essere combattute.

Il Carpobrotus edulis o fico acido è una pianta desiderabile benché invasiva, di cui ogni parte risulta commestibile nonché, secondo alcuni, deliziosa. Il frutto (dal gusto intenso) può essere usato come condimento, mentre le foglie vengono generalmente trasformate in sottaceti, dopo aver rimosso la patina gelatinosa che le ricopre.

L’impeto, la guerra e la passione: esiste forse a questo mondo, un dramma più profondo della lotta quotidiana degli scarabei? Se possa essere così, non saprei dirvi, ma c’è almeno un modo alternativo di considerare eventuali alternative. Niente è più importante di una simile tenzone, se si sceglie di vederla come loro,  per l’appunto, che combattono tra gli astri variopinti di un simile universo floreale. È tutto un gioco imposto dalle regole della natura…
Astri ed asterischi, piccole astronavi del color del mare. Sotto il sole di una supernova in-fieri che non possono capire. In quanto pensano soltanto ad UNA cosa. Anzi, due. Anzi, tre.

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