Ollie e Bruno, due cani persi nell’apocalisse

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“È la notte più luminosa che abbia mai visto, eppure in cielo non c’è neanche una stella” Un viaggio di scoperta, attraverso difficili peripezie, che porti al superamento di un qualche grave problema esistenziale. Nella serie a fumetti animati creata dall’illustratrice dell’Idaho Jen Lee, c’è il classico seme narrativo di tutte le buone storie fantastiche,  in cui la stessa missione tende a diventare più chiara del contesto operativo. Che sarebbe poi: la fine di questo intero mondo. Bau. Ci sono due canidi tranquilli, stravolti loro malgrado dagli eventi: Ollie, l’eterno cucciolo detto strappalenzuoli (che avrebbe in realtà ben tre anni, corrispondenti ai nostri 21) e suo fratello maggiore, il ben più maturo e coraggioso Bruno. Quanto quest’apocalisse sia in effetti letterale, piuttosto che immaginata dai protagonisti, resta come questione da definire, possibilmente tramite la fantasia di chi legge. Di sicuro c’è soltanto Thunderpaw. Come, chi? L’oscura, torreggiante divinità quadrupede dei cieli, con tre distinti grugni, occhi a profusione, la barba nera tutto intorno e un esercito di corvi neri al suo servizio. Di nuovo loro. Quegli esseri associati a ogni tipo di maligno medievale, chiamati per assolvere, in questo caso, ad un compito ben preciso: trasportare delle… Noci, credo! Avvolte di fiamme, esplosive, gettate come bombe nella bocca di un vulcano. A questa visione, così astrusa e incomprensibile, fa seguito l’introduzione ben più logica dei due cari cani, lasciati ad attendere i padroni dentro l’auto di famiglia. Che non torneranno mai. Il terrore irrazionale, fra tutti gli stati d’animo della mente antropica, o come in questo caso antropomorfizzata, è l’unico che può cancellare i confini tra la materia e l’illusione. Così, ben presto, una meteora si schianterà contro il familiare, vetusto veicolo, lasciando due fratelli, sperduti e spaventati, a ricercare l’essenziale via di casa. Niente di più facile, per cani come questi, capaci di aiutarsi e rassicurarsi l’un l’altro, secondo quanto dettato dai bisogni del momento. Niente di più difficile, in quel particolare giorno, durante il quale visioni, bande drughiche spietate, mefitici miasmi e schianti corvini s’inseguono l’un l’altro, ostacolandoli ad ogni voltar di pagina della spiacevole sventura. La speranza li spingerà fino all’ultimo, quando, (s)correndo verso destra, riusciranno a riveder la stella. Il caro sole, araldo di un momento di rinascita, l’attimo fuggente che in questo caso simboleggia la parola fine…Del primo episodio. Thunderpaw non dorme mai.

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Thunderpaw è una serie piuttosto eclettica, persino nel panorama eterogeneo dei fumetti disegnati apposta per il web. Sembra quasi che l’autrice, sfruttando magistralmente alcune delle possibilità offerte da questo moderno media, abbia voluto dare forma ad un sogno surreale, o per meglio dire l’incubo per eccellenza. Strano, è il regno della tristezza onirica, rispetto a tutte le altre forme di fantasticheria. Pur non potendo immaginare ciò che non si conosce, se ne può comunque aver paura: questo è lo stato critico di Ollie e Bruno, caratterizzati un po’ come dei cani, un po’ alla maniera di Hansel e Gretel, i soliti bambini della foresta delle streghe.
Nel recente secondo capitolo, attualmente non concluso, viene mostrata un’altra situazione, completamente slegata dalla precedente, con qualche disastro in meno e molti alberi incombenti. Torna lo stile quasi monocromatico, le pagine che scorrono infinite, il senso angoscioso dello smarrimento di una bussola interiore, oltre che del significato della parola “erba”…Grazie ad un paio di funghetti allucinogeni. Chissà se questa volta i due raminghi, in qualche modo, torneranno finalmente nell’ambito giardino con la cuccia.
I cani, pur non potendo comprendere gli abissi della filosofia nichilista, la sperimentano su di loro ad un livello puramente istintivo, per questo tanto più nitido e sconvolgente. Per esseri come loro, non importa l’intelligenza, la forza d’animo; perdersi, anche metaforicamente, può essere la fine del mondo. E forse questa potrebbe costituire la morale della storia: tenete vicini i vostri amici. E ancor più vicino il bianco biscotto a forma d’osso, possibile pegno per creature diavolesche indefinite, indefinibili, dalle zampe intrise di una tremenda furia distruttiva.

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