I pony delle Shetland si mettono il golfino

Cardigan Pony

Baruk Khazâd! Khazâd aimênu! Asce dei Nani! I Nani vi assaltano! Tra tutte le civiltà tolkienane, quella più legata al corpus leggendario vichingo rientra anche tra le meno alte o amanti dei rasoi. Magnifici fabbri, abitanti delle miniere, costruttori di fortezze e guerrieri senza pari. Ma i Nani della Terra di Mezzo avevano un punto debole: andare a cavallo. Perché il piú delle volte non disponevano di quello giusto. Peccato vivessero a grande distanza dal Nord della Scozia, sulle isole delle Orcadi e delle Shetland, dove c’è una razza di pony che, come loro, è tra le più piccole e resistenti del suo genere. Cavallini coraggiosi, barbuti, un pò tarchiati, che anticamente trasportavano i materiali di scavo delle miniere e oggi insegnano ai bambini a cavalcare, approfittando talvolta dell’occasione per rendersi famosi. Come avviene in questo video, realizzato dal maneggio Thordale Shetland Stud Centre, in cui i due pony Vitamin e Fivla agiscono da ambasciatori per il turismo della Scozia, vestiti in un certo senso alla maniera di guerrieri d’altri tempi. Quale armatura avrebbero forgiato i Nani per questa nobile bestia? Placche articolate di metallo, maglia di ferro sotto la sella, ginocchiere…

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Due burloni si trasformano in statue d’arte moderna

Doug and Michael

Nella Saatchi Gallery e nel Tate Modern di Londra sono state recentemente esposte, almeno fino all’intervento della sicurezza, due opere d’arte nate da un raro tipo di processo creativo, del tutto accidentale: intitolate ufficiosamente “Doug” e “Michael”, si presentavano con l’aspetto di individui in camicia e cravatta, dagli occhi chiusi e con pallina gialla in bocca. Persone vere piuttosto che sculture iperrealistiche, all’insaputa dei molti visitatori presenti in quel momento nelle due gallerie, sono stati trasformati nel soggetto principale di innumerevoli fotografie e approfondite discussioni. Cosa avranno detto su di loro? Ma soprattutto, che avremmo pensato noi?
Perché al principio l’arte è movimento, dinamismo, vitalità. Nasce con un sentimento fantasioso che esplode dalla mente e scorre nelle mani del creativo, assumendo attraverso i suoi gesti forma materiale, affinché altri possano trarne giovamento e goderne a un qualche livello intellettuale. Ma al termine del lungo attimo della sua generazione, posato il pennello o gli strumenti da scultore, l’opera d’arte resta immobile e stazionaria, preservata in eterno come un fossile pietrificato o il manoscritto di un’irripetibile dottrina, soggetta da quel giorno allo scrutinio della sua posterità. Più di una persona è stata trascinata a sua insaputa dal vortice variopinto dell’arte: se non vuoi essere il creatore, diventi tu la creazione. Non potete renderla ridicola senza commentarla in un qualche modo, belle statuine. Ora fermi che vi faccio anch’io la foto.

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Demolendo torri di raffreddamento in bullet time

The Slow Mo Guys

“Non avere paura. L’isola è piena di rumori, di suoni e dolci arie che danno gioia e non fanno male.” così si aprivano a fine luglio i giochi olimpici di questo 2012, citando un brano shakespeariano sul colonialismo e l’industrializzazione. Perché a seguire, tra i fuochi d’artificio e le fiamme scenografiche, sorgevano dal suolo dello stadio le alte ciminiere delle fabbriche, antico emblema di rinnovamento così strettamente legato alla storia e al paesaggio dell’intera Gran Bretagna. Elemento architettonico che, purtroppo o per fortuna, ogni giorno che passa diventerà sempre più insolito e superfluo. Con la progressiva crescita dei paesi emergenti, infatti, fautori di una nuova e più moderna Rivoluzione Industriale, fatta di transistor e servomeccanismi, il governo e le aziende inglesi hanno intrapreso da circa un anno il mega-progetto finalizzato alla demolizione di tutte le vecchie e ormai inutili centrali elettriche a petrolio e carbone, disattivate da tempo, annientando con esse ogni singolo esemplare della loro struttura più caratteristica e riconoscibile: la torre di raffreddamento iperboloide (quella della centrale atomica di Springfield, per intenderci).  Di certo le dolci arie della nuova Inghilterra, dotata di un più sincero e profondo senso di attenzione per la natura, danno gioia e non fanno male. Tranne che alle arcaiche ciminiere, vittime inconsapevoli del cambiamento.

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I grandi cavalli bronzei di Nic Fiddian Green

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A Londra, vicino Hyde Park, c’è una testa di cavallo alta 10 metri. La sua figura tranquilla ed imperturbabile sembra quasi sospesa nel tempo mentre si abbevera in una polla invisibile, ma non per questo appare statica nella sua essenza o in qualche misura priva di movimento: come fosse la perfetta rappresentazione di un’idea, questo scorcio del nobile quadrupede pare pronto a sollevarsi da un momento all’altro, ritrovare un corpo e scattare in velocità verso l’orizzonte, in cerca di un un eroe o un condottiero ancora privo di cavalcatura. Questa scultura di bronzo è opera di Nic Fiddian Green, artista originario dell’Hampshire e laureato a Wimbledon che ha sempre vissuto con i cavalli, scegliendo di renderli soggetto principale della sua arte dopo aver visto le celebri sculture del Partenone in mostra al British Museum. I suoi materiali preferiti sono il bronzo ed il piombo, che lavora con l’antica tecnica della cera persa nelle grandi fonderie della regione di Liverpool, mentre il suo modello preferito è ormai da anni l’amato corsiero George. Le sue opere più famose si trovano nelle campagne del Sussex, a Dublino ed anche in Italia, di fronte Castello di Reschio in Umbria. Le espressioni non monumentali della sua produzione scultorea vengono frequentemente richieste per importanti mostre a Londra, New York e Sydney.

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