L’incidente più piccolo del mondo

RC Live Action

…Non è per questo meno orribile, né spaventoso. Qualcuno chiami i pompieri, il soccorso medico, la polizia! Un camion cisterna è precipitato dal ponte della cava di granito e adesso, sotto lo sguardo distratto dei presenti, divampa sotto i fumi di un pesante incendio. Fonti non confermate dicono che le fiamme raggiungano all’incirca i 36 cm. Minuscoli pompieri, come stoccafissi, innafiano l’orribile catastrofe, in attesa dell’arrivo dei mezzi pesanti. Ma l’aspetto peggiore, senz’ombra di dubbio, è il modo in cui nessuno pare stia reagendo in modo naturale. Non c’è traffico in fermento. Non c’è elicottero della TV, oppure folla che si adopera per aiutare. Anzi, a guardarsi meglio attorno, tra gli astanti troneggiano individui silenziosi ed enormi, che neanche tengono il telefonino pronto, nella speranza di fare un sollecito alle autorità: ma piuttosto paiono rapiti, quasi ipnotizzati. Tra le loro mani dei dispositivi angolosi, scuri, con una lunga antenna che si orienta verso il cielo. Sono in realtà tali sinistri arnesi, telecomandi. Ed è tutto un folle gioco.
Sul canale di YouTube RC Live Action, componente multimediale del sito di settore Modellkran.de, ormai da tempo vengono inscenati dei disastri di variabile entità. Ce n’è un po’ per tutti i gusti, dai cantieri alle autostrade, dagli ambienti urbani alle pericolose valli della Foresta Nera, e ciascun video viene realizzato, molto appropriatamente, nella contemplazione più totale, con l’unico accompagnamento di una varietà di suoni e musica di sottofondo. Il risultato è appassionante ed al tempo stesso, tutto considerato, rasenta il mondo inquietante del sovrannaturale. Sarebbe una scena non dissimile da quella di moderni giocatori, che muoviamo le pedine virtuali su altrettante scacchiere fatte in pixel e vettori colorati, eppure si dimostra arricchita di connotazioni nuove. Fra tutte spicca l’inimmaginabile materia. Ché mentre regole precise, a loro modo, sono pur sempre fondamento di qualsiasi forma d’intrattenimento digitale, gli elementi della vita vera si comportano secondo differenti presupposti. C’è pur sempre la scintilla del caso, a far da base alla subime narrazione degli eventi. Riusciranno, questa volta, nello spegnimento, i nostri eroi di plastica e speranza? Di sicuro, la tecnologia è dalla loro parte. Siamo pur sempre di fronte ad uno degli intrattenimenti principi della nazione tedesca, la simulazione modellistica. Che in quanto tale, quando inscenata secondo i severi crismi di genere, può contare sui migliori mezzi disponibili presso i rivenditori del settore: un’intera formazione di autopompe, e qui cito, delle fenomali serie GTLF Rosenbauer e Flugfeldlöschfahrzeug Panther 6×6, ciascuna dotata di un potente getto meccanico comandato a distanza (assai da lontano, va detto, nel qui presente caso). Il loro getto schiumoso, composto di vere sostanze ignifughe industriali, potrà ben presto vincere sulla tremenda virulenza fiammeggiante. Almeno quest’oggi, la nazione è salva.
Mentre il pubblico osserva e ne trae le relative conclusioni: il senso e la ragione, il presupposto dello sforzo operativo. I drammi del quotidiano sono molteplici, e possono richiedere interventi di ogni tipo. Tanto meglio essere preparati, dunque, se pur soltanto nella rigida teoria. Pochi professionisti possono salvarci dalle opprimenti tenebre del fato. Ma comprendere il richiamo del dovere, a difesa del futuro, è un’utile ragione per giocare.

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L’incastro geomantico dei cubi e dei granelli

Hypercubes

La Terra è tonda per un ottimo motivo. Perche altrimenti, visto il modo in cui viene illuminata dalla luce unidirezionale di una sola stella, sarebbe priva di albe o di tramonti. Niente vie di mezzo. Al vorticar dell’orbita, di un tale ipotetico pianeta-cubo, l’umanità si troverebbe alternativamente in due diversi stati, entrambi spiacevoli, altrettanto privi di riposo: il buio totale, oppure l’agghiacciante calor bianco di una torrida distesa, del tutto piatta e priva di rimpianti. Meglio una sfera che sei di facce, per andare avanti con il calendario. Non a caso, anche il cervello umano è fatto a questo modo: sferoidale. Nessun limite netto tra geometriche funzioni, bensì villi e ripidi cavilli, mille piegature. Un serpeggiante rincorrersi di fertile materia grigia. Con un taglio proprio in mezzo, che divida nettamente i due emisferi. Il che ci porta alla questione odierna. Perché si diceva una volta, non senza una congrua ingenuità, che da una parte specifica risiedesse la coscienza artistica e creativa, mentre dall’altra quella dedita alla scienza; una credenza che nasceva dall’umana voglia di spiegare tutto, come spesso avviene. Vanità. L’applicazione delle tecniche di misurazione dei campi elettrici in ambito neurologico, ha ormai largamente dimostrato che qualsiasi pensiero illumina, allo stesso tempo, neuroni ben disseminati tra gli spazi contrapposti. Sia dall’una che dall’altra parte. Del resto, altrimenti sarebbe impossibile spiegare la resistenza dimostrata dalla zucca umana ad ogni tipo di trauma, purché questo coinvolga solo la metà di essa. Eppure persiste questa ipotesi di una linea di confine funzionale, assieme a un altro luogo comune, assai peggiore: che l’artista, in quanto tale, debba rifiutare il mondo della scienza esatta. O di qua o di la. Quante volte l’abbiamo temuto! Che scrutando troppo a lungo la matematica, in qualche maniera, se ne venga contaminati nel profondo, perdendo la voglia di creare cose imprevedibili o prive di una valida funzione. Senza più espressione tranne l’aritmetica.
Tanto meglio, dunque, prendere esempio da questo creativo di origini tedesche, nato a Monaco ma residente a Los Angeles nell’assolata California. Da dove si applica, in diversi campi, per un interessante sincretismo: quello fra geometria e stravanganza visuale. Racconta nella sua pagina, Andreas Markus Hoenigschmid, di come la sua vita abbia tre pilastri, ciascuno importante quanto gli altri due. Il primo viene dalla gioventù. È il firedancing, ovvero la tecnica di ballo e intrattenimento che preve l’uso di fiamme vive a coronamento dei diversi movimenti. Roba da grandi mangiafuoco, benché poco rilevante per l’analisi corrente. Il secondo pilastro è quello del suo presente. Trasferitosi negli Stati Uniti, forse per amore (sulla sua biografia, una foto con signora) egli ha scoperto una passione nuova – disegnare titanici mandala nella sabbia. Ma cominciamo dalla fine! Il futuro, ovvero il cubo. Reinventato: quello che lui chiama, con sagace scelta di marketing, HyperQBS dall’ipotetico solido che si estende nella quarta dimensione. Cosa che la versione materiale dello stesso, ahimé, ancora non sa fare…Benché gli manchi solo quello. Infatti questi straordinari oggetti sono giocattoli, o rompicapo che dir si voglia, dalle moltelici risorse. Poliedrici, persino. Si trasformano, si uniscono tra loro. L’inclusione di un sistema di magneti, inseriti in modo invisibile nella struttura cartonata, gli permette di costituire forme multiple o persino grandi arredi, vere e proprie torri del soggiorno e del salotto. L’idea non è del tutto nuova (quale mai lo è stata?) Eppure è molto interessante, nel suo caso, perché rientra in un filo conduttore ben preciso. Per capire quale, basta alzarsi la mattina assieme a lui, seguendolo verso l’onde e la risacca…

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Un ragno rotolante, il suo robot

Rechenbergi

Sandali e calzoni corti. Quest’uomo dall’eccentrico cappello di paglia, sperduto in mezzo alle dune del Sahara, è l’esperto di bionica Dr. Ingo Rechenberg, professore della Technical University di Berlino. Costruire sistemi meccanici ispirati alle soluzioni naturali dell’evoluzione, metterli alla prova: non sono imprese adatte a chi si muove in camice tra impeccabili laboratori, tenendo il blocco per gli appunti saldamente stretto tra le mani. Occorre vivere nel mondo più selvatico e inurbano, sporcarsi della sabbia che, senza controllo, vortica nel vento. Sono oltre 60 anni che i paesi dell’Africa nord-orientale, in particolare le regioni aride del Marocco, ricevono le visite sperimentali di questo scienziato multicanale, conoscitore altrettanto preparato della tecnica applicata e della teoria della natura, il puro darwinismo delle forme. L’entusiasmo bambinesco nello sguardo attento, mentre lancia la sua ultima invenzione, nonché la genialità dei gesti, nascondono una buona parte dei suoi venerabili 80 anni di età.
Lo troviamo, costui, sulla cima di una duna. L’immobilità apparente di simili regioni spoglie di vegetazione, dove piove molto raramente, è un illusione attentamente costruita. Il deserto, come adesso ben sappiamo, brulica di vita. Scorpioni e lucertole, serpenti e scarabei, nascosti tra le sabbie senza fine, attenti a non costituire il pasto dei nemici sempre molto attenti. Ciò che resta, sono gli imprudenti, oppure i troppo orgogliosi: lo stercorario, Sisifo della pietruzza puzzolente, sospingeva ogni mattina il sole degli egizi, risorgendo all’occorrenza dal suo nucleo di escrementi arrotondati. Cose tonde, queste qui: piccoli tesori circolari che ricordano il Tabbot, chiassoso essere robotizzato, che in questo frangente anima la duna del visitatore umano. Spostandosi rapidamente con tre zampe articolate, simili a quelle del trinacria siciliano, l’arnese brilla col suo corpo arancio e trasparente. Non è telecomandato né dotato di particolari meccanismi, come un drone; dovrebbe costituire, piuttosto, il proof of concept di artifici futuri, che potrebbero dimostrarsi utili nel campo dell’agricoltura o dell’esplorazione spaziale. Del resto, si sa: lo spettro di Marte, con i suoi deserti interminabili, aleggia sulla maggior parte dei sistemi artificiali di locomozione. Certo, immaginarsi l’astronauta del futuro, dentro ad una tale ruota, che discende sobbalzando da un vulcano a scudo pluri-chilometrico, lascia alquanto perplessi. Possibile che un organismo possa sopravvivere a tali sollecitazioni? Ebbene… Il Dr. Prof. Rechenberg pensa di si. In effetti, lui ha tratto questa idea da un vero essere vivente, nostro zamputo compagno sulle strade evolutive della Terra. Un ragno che rotola frenetico. Solo quando si spaventa, però!

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Un grattacielo per le carpe koi

Koi Tower

Kinginrin, kinginrin. Se avessi un esemplare della mirabile carpa giapponese, nella variante dalle scaglie colorate in oro e argento, di sicuro non lo metterei dentro a una celata cassaforte, patria dell’apatico metallo.  Sopra un piedistallo, nella più splendida vetrina lei risiederebbe, in piena vista e sotto il sole, possibilmente in luoghi non battuti dagli uccelli pescatori… E tutti, tranne loro, dovrebbero vedere la mia beneamata nishikigoi. Argento-vivo detta pure, per gli amici: carpa koi. Finalmente! Dopo un secolo e mezzo di complesso allevamento selettivo, iniziato in pieno Bakumatsu (1853-1867) ovvero giusto mentre si esauriva l’epoca dei samurai, siamo giunti a questo celestiale punto. Di mettere dei pesci dentro ad una polla, eppure, nello stesso tempo, con dell’aria tutto intorno?!  Il video di oggi viene dalla Germania, perché la passione per l’Oriente, ormai si sa, è diventata veramente internazionale. Guardatelo, fatevi un’idea, traetene una conclusione. Il qui presente TCHelmut ci  sta proponendo un modo straordinario per dare la meritata importanza al silenzioso, ultra-costoso sovrano del giardino sommerso, sommo maestro delle bestie da laghetto. Sarebbe, tale arnese sopraffino, un po’ come un palazzo torreggiante, però per chi ha le pinne, appunto.
La scena è alquanto surreale. Venti carpe (non le ho contate, il numero è scritto nella descrizione) fluttuano al di sopra della superficie acquatica, come sospese per un qualche tipo di magia. Archimede stesso, tenendo a mente il familiare principio dei vasi comunicanti, sarebbe ammaliato da una tale vista, più ateniese che spartana, niente affatto semplice da interpretare. Soltanto due secondi, ovviamente, perché alla fine, il fenomeno è piuttosto chiaro. Siamo, in effetti, di fronte ad un’applicazione del sifonamento. Si mette un recipiente in mezzo allo stagno, si risucchia tutta l’aria intrappolata al suo interno. L’acqua, quindi, sale spontaneamente verso l’alto, finché trova spazio. Come, perché non affonda tutto quanto? Ah, questa è veramente bella!

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