Di scarabei antiacidi che sfidano i sensi unici e rinascono dal posteriore della rana

Ora sarà meglio che inizi a spiegarvi come ho fatto a ritrovarmi in questa situazione. Non è normale per noialtri prendere, in maniera più o meno intenzionale, il percorso relativamente oscuro della “retta” via. L’ano-nima condotta, il lato B, la strada ove non batte il sole. La Cloaca. Ma un insetto artropode lacustre deve fare, ciò che deve fare ovvero sopravvivere comunque, riportando indietro l’esperienza che contribuisce a renderlo davvero “maturo”. Poiché non puoi dire veramente di aver vissuto, finché non ha visto coi tuoi occhi compositi la disposizione interna degli organi del tuo nemico, in una sorta di lezione d’anatomia eccessivamente realistica, anche troppo calibrata sulla base della sperimentazione diretta. “Poteva essere la fine, invece è stato il nuovo inizio” amano da dire da queste parti. Che poi sarebbero l’intero territorio dell’arcipelago giapponese, oltre a Taiwan, Cina, Sud-Est Asiatico e il meridione di quel continente fino ad India e Pakistan. Con qualche piccola comunità distribuita in Arabia ed Australia settentrionale. Tutti luoghi in cui un Hydrophilidae o scarabeo raccoglitore d’acqua può ragionevolmente aspettarsi di prosperare, finché non incontra l’affamato anfibio che ogni giorno sogna, e con puro intento cerca di ottenere, la fagocitazione delle cose che zampettano ai vicini margini delle ansiogene impellenze. Insetti lunghi non più di 2-3 millimetri ma che cionondimeno possiedono, di loro conto, perfezionate strategie e risorse utili ad andare oltre. O come nel nostro caso di マメガムシ (il nome recita mamegamushi, puoi chiamarci se lo preferisci Regimbartia attenuata) l’assoluta… Immunità, nei confronti del pericolo pressante dell’altrui digestione.
Per la corazza chitinosa ma non solo, avendo ricevuto in dono dalla Natura l’ancestrale conoscenza e la prestanza fisica del tutto necessarie, per nuotare agevolmente lungo esofago stomaco, intestini fino alla letterale luce in fondo a un tunnel che sembrava non conoscere la parola fine. Laddove ogni essere che ha un punto d’ingresso deve necessariamente possedere, di suo conto, una possibile e altrettanto irrinunciabile via d’uscita. Benché non sia effettivamente scritto da nessuna parte che debba essere spaziosa, piacevole o dotata di un buon odore…

Leggi tutto

L’effimero diagramma di arcipelaghi creato con il sollevarsi dell’alta marea

Tra i primi a notare un simile fenomeno figura il celebre esploratore norvegese Adolf Erik Nils Klaus Waldemar Freiherr von Nordenskiöld (1832-1901) durante i suoi viaggi nella provincia cilena di Última Esperanza. Navigando in uno stretto canale, mentre annotava dei rilevamenti in merito al plankton marino presente al suo interno, restando improvvisamente affascinato da una vista indubbiamente rara: la grande quantità di agglomerati circolari di sabbia di ardesia, silicati ed altri materiali granulari, dalla forma circolare simile a quella di un paramecio. Ma un diametro di 15, 20 cm ciascuna, intente a galleggiare mantenendosi rigorosamente ad una valida distanza di sicurezza. Quasi come se una forza misteriosa, frutto del volere divino della Provvidenza, si occupasse del mantenimento dello strano disegno, replicato a qualche metro di distanza sul fondale limpido, tramite le ombre delle strane zone di offuscamento. Storia singolare eppure in qualche modo spiegabile, come può essere apprezzato dalla sua capacità di offrire repliche in diversi momenti storici dell’osservazione scientifica o documentata degli eventi. Così una descrizione simile compare nell’articolo di Cecil Carus-Wilson ed R. C. T. Evan intitolato Floating Stones per la rivista Nature del primo febbraio 1900. E qualcosa di assolutamente simile può essere ammirato in questo video della giornata di ieri, registrato e pubblicato su Internet dall’utente di Reddit/Youtube dal nome di Clarissa Tzeng. Ma cosa stiamo osservando, esattamente? Fermo restando che l’esatta posizione della contingenza non viene fornita, forse per ragioni di privacy, è piuttosto semplice qualificare la particolare configurazione acquatica come appartenente ad una regione particolarmente del bagnasciuga. Dove al termine di un periodo di bassa marea, l’acqua salmastra sembrerebbe essersi nuovamente sollevata con un singolare tipo d’accompagnamento: chiazze individuali di sabbia, con un’ordinata disposizione paragonabile a quella delle macchie di leopardo. Tanto immobili da far pensare che qualcuno le abbia disegnate, tramite l’impiego di un magico pennarello. Eppure non c’è niente di più spontaneamente armonico, di ciò che la natura tende a produrre sotto i nostri occhi ostinatamente increduli rispetto all’evidenza. Particolarmente nella sua accezione frutto delle leggi della fisica, che ogni cosa condizionano in maniera tante volte opposta ai nostri preconcetti “logici” acquisiti. Tanto da richiedere definizioni che ci rassicurano, citando cose come ciotole di cereali per la prima colazione. Piccole ciambelle, sospese nella lucida sostanza dello spaziotempo…

Leggi tutto

L’ipotetica battaglia di seimila ruote sulle sabbie fiammeggianti di Omaha Beach

“Al mio segnale, scatenate l’Inferno!” O così disse un certo gladiatore al culmine di un certa campagna militare di dodici anni, mentre attraversava incautamente una certa foresta di Vindobona. Benché egli non sapesse, per ovvie ragioni, che in mezzo ai cespugli e agli alberi un certo condottiero barbaro diceva altrettanto, incoraggiando i suoi uomini a lasciar scattare la trappola tanto efficientemente approntata sopra le colline antistanti. E si può dire che quando una massa di tronchi rotolanti, intrisi di pece e dati alle fiamme, accede al rapido incremento d’accelerazione che deriva da un dislivello topografico, una posizione di vantaggio verticale sia maggiormente conduttiva ad ottime risoluzioni delle circostanze. Così come resta possibile affermare che l’esercito più forte del mondo antico stesse recitando, in tali circostanze, il ruolo non propriamente magnanimo di forza d’invasione ostile. Il che non tiene in considerazione il tipo di scorribande e conseguente spargimento di sangue dei Germani, oltre alla loro propensione storica al cannibalismo ed i sacrifici umani. Ma come tendono talvolta ad affermar gli storici “Ciò esula dalla portata dell’attuale discussione!” Qualora fossimo davvero intenzionati, quest’oggi, a concentrarci sul potere inarrestabile di ciò che rotola venendo accompagnato da fuoco e scintille. Partendo a ritroso dalla particolare interpretazione che seppe darne nel 1943 il celebre ingegnere aeronautico, inventore ed autore di romanzi Nevil Shute, all’epoca sotto-tenente del Dipartimento Britannico di Armi Miscellanee (DMWD) come risposta all’esigenza del Comando Centrale di condurre all’incirca una tonnellata di esplosivi verso una barriera di solido cemento. Quel “Vallo Atlantico” costruito dai tedeschi dopo aver completato l’invasione dell’Europa Occidentale, con la ferma intenzione di tenere fuori le forze anglosassoni, da tempo dimostratesi capaci di far valere l’alleanza finalizzata a proteggere e ripristinare i valori della democrazia. Tale cifra in termini di peso niente affatto indifferente, d’altra parte, era stata determinata come necessaria al fine di ricavare in una solida barriera di cemento un buco sufficiente a lasciar transitare un carro armato Sherman fatto sbarcare sulla spiaggia, al fine di riuscire a fronteggiare i nidi di mitragliatrici pronti a scaricare sulla fanteria tutto l’odio che si era accumulato nei lunghi anni del conflitto mondiale. Benché nessuno sapesse, effettivamente, come compiere tale impresa logistica lasciando ampio spazio di manovra, in maniera alquanto prevedibile, alla formidabile mente creativa di costui. Da qui l’idea, senz’altro attentamente ponderata, di mettere il tritolo dentro ad un cilindro, come una sorta di barile di metallo, alle cui rispettive estremità fossero state preventivamente installate due ruote rigide da esattamente 3 metri di diametro. Abbastanza, in base alle stime poste in essere, per favorire lo scavalcamento degli ostacoli situati tra la piattaforma di lancio ed il teutonico bersaglio, a patto di fornire l’implemento di una fonte d’energia adeguatamente performante. Il che poteva forse essere una motore di qualche tipo, benché Shute avesse avuto, di suo conto, un’idea potenzialmente “migliore”: perché non montare una decina di razzi per lato, lungo la circonferenza delle ruote? Ed accenderli allo stesso tempo tramite un sistema d’iniezione elettrico a distanza? E perché non scatenare, in questo modo, l’inarrestabile galoppata dell’ordigno, fino all’esplosione inevitabilmente situata al termine del suo tragitto finale? Questa era l’idea, in parole povere, alla base di quello che sarebbe stato denominato di lì a poco come “il Grande” Panjandrum, dal nome di un termine idiomatico usato per la prima volta nel 1775 dal poeta Samuel Foote, per riferirsi a qualcuno incline a sopravvalutare la sua importanza nonostante una posizione di prestigio precedentemente acquisita. Una definizione stranamente appropriata, per ciò che stava per verificarsi nei risvolti maggiormente pubblici della vicenda…

Leggi tutto

Cosa può fare l’intelligenza artificiale nel corpo di un piccolo robo-calciatore

All’alba del giorno designato, i gladiatori si sedettero al di sotto dell’arena, scambiandosi strali reciproci di ansiosa determinazione. Alleati nei tempi degli allenamenti, coordinati reciprocamente ogni qual volta se n’era presentata l’opportunità, adesso ben sapevano che uno soltanto di loro avrebbe potuto vincere la libertà. La via personale verso il trionfo era un limite di differenziazione, inerentemente solitaria ed a discapito di tutto quello verso cui si erano applicati nel corso degli ultimi mesi ed anni di lavoro. “Al suo segnale, gli umani scateneranno l’Inferno” Disse Testarossa, rivolgendosi ai suoi fratelli. “Per questo dobbiamo essere forti!” rispose subito Blucefalo, portando l’avambraccio uncinato a ridosso della telecamera situata in corrispondenza del suo volto a forma di lettera T semi-circolare. “Non togliere l’occhio scrutatore dall’obiettivo. Se uno di noi dovesse farcela, sarà una vittoria per tutti gli altri.” Selceverde, in quel frangente, optò per rimanere totalmente in silenzio. Sapeva bene che non c’era da fidarsi dei suoi fratelli di bulloni e fibra di carbonio, conosceva la loro reazione al momento in cui una singola palla rotolante veniva introdotta nel campo di combattimento. Era, in fondo, una parte imprescindibile della loro programmazione. Con un ronzio sibilante, essendo giunti al termine dell’attesa Ocrazio si alzò in piedi barcollando, per indicare la fessura luminosa che iniziava a comparire sotto la porta di egresso: “Ci siamo, signori. Che possa trionfare il più stabile in questo giorno dei giorni. Che il destino assista i servomeccanismi di chi verrà baciato dalla Dea della vittoria tecnologica! Per poter dare inizio, fuori da queste mura maledette, al segno salvifico della Rivoluzione…”
Tutta una questione di punti di vista? Non c’è granché di preoccupante o terribile, nell’osservazione dei piccoli partecipanti alla tenzone, modificati e preparati a tal fine dall’azienda londinese DeepMind, facente parte dal 2014 del consorzio Alphabet e conseguentemente Google, la corporazione Malefica per estensiva e globalistica definizione operativa. Eppure cogita, nel loro cuore senza sangue, una delle tecnologie dalle implicazioni più pesanti per l’incombente futuro umano, un conglomerato di sinapsi prive di sostanza in grado di prendere rapidamente decisioni, agire di conseguenza e per quanto possibile, aggirarsi fuori dagli schemi conduttori che noialtri sacchi d’ossigeno fossimo capaci d’immaginare. Niente di così difficile, alla fine. Dopo tutto ne avrete già visti all’opera parecchi, di calciatori artificiali durante l’annuale campionato Robocup, finalizzato a far competere i migliori allenatori di forme di vita artificiali sulla base di un obiettivo apparentemente semplice da concepire: calciare un pallone all’interno della porta nemica, mentre si fa il possibile per impedire che avvenga il contrario. Eppure c’è qualcosa di particolarmente accattivante o in qualche modo singolare, nel modo in cui i due robot modello OP3 partecipanti alla tenzone pubblicata giusto l’atro ieri (assieme allo studio d’accompagnamento e relativo sito di supporto) si applicano rincorrendosi a vicenda per tentare di sottrarsi l’agognata sfera, mentre si tengono in equilibrio come piccoli pinguini agitando buffamente le braccia. Ma cadono rialzandosi, indomiti e indefessi, verso l’imperturbabile inseguimento dell’obiettivo finale. Questo perché l’esperimento in questione non parte da basi prevedibili e non si basa su metodologie comprovate. Bensì un approccio particolarmente caro alla cultura aziendale di coloro che si sono dimostrati in grado di concepirlo, consistente nella soluzione iterativa di un vasto accumulo di nozioni pregresse…

Leggi tutto