Militari mostrano il sistema più rapido per costruire una muraglia

Uno dei più antichi e universali assiomi del conflitto bellico è che non esiste fortificazione, non importa quanto impervia e invalicabile, che possa risultare maggiormente resistente di coloro che ricevono l’incarico di sorvegliarne i confini. Il che diventa tanto maggiormente vero nella guerra moderna, in cui la naturale progressione di armi, mezzi e addestramento sono giunti a realizzare l’ideale di trovarsi in ogni luogo in qualsiasi momento, senza nessun tipo di preavviso. Quando il nemico si trova alle porte, dunque, con i suoi pick-up Toyota armati fino ai denti, le sue autobombe, i colpi dell’artiglieria ormai desueta ma non per questo meno efficace, è davvero importante quale sia l’altezza dei propri bastioni, quante feritoie sono disponibili e la precisione della sovrastante merlatura? Quanto piuttosto, poter contare su un perimetro non facilmente scavalcabile, pronto in poco meno di un pomeriggio mediante l’applicazione di un sistema attentamente calibrato? Hesco è il commerciale della pratica risposta a un simile quesito, e sebbene tutti sembrino pensare possa trattarsi di un acronimo è piuttosto acclarata la sua corrispondenza a una particolare azienda britannica, fondata nel remoto 1989 per riuscire a realizzare la visione originaria del suo fondatore: la creazione di un sistema di fortificazioni portatili dalla più semplice, nonché rapida modalità d’impiego. Collocabile e rimuovibile con estrema facilità procedurale, la stessa in grado di permettergli di rimanere, invece, in posizione per interi mesi, anni o generazioni. Così come sapevano riuscivano a operare gli antichi, fin da quando nell’Egitto dei faraoni un simile approccio veniva utilizzato per instradare e contenere la piena del fiume Nilo. Stiamo parlando, in effetti, di quello che in gergo tecnico è il “gabbione” che poi rappresenterebbe un contenitore molto stabile di forma cubica, a parallelepipedo o a losanga, da riempire con copiose quantità di terra, ghiaia e pietre affinché niente o nessuno, senza un qualche tipo di sforzo notevole, possa aspirare a spostarlo dalla posizione designata. Pratico. Inamovibile. Conveniente.
La versione contemporanea di una simile risorsa logistica d’innegabile e continuativo valore, perfezionata mediante la capacità di ripiegarsi su se stessa a fisarmonica prima e successivamente all’uso, è stata quindi soprannominata nel corso degli ultimi due conflitti del Novecento, Iraq ed Afghanistan, con il portmanteu di concertainer, dalle due parole concertina e container; la prima delle quali riferita chiaramente alla forma e funzionalità dell’oggetto, mentre la seconda in senso maggiormente metaforico allo strumento musicale, simile alla fisarmonica, già utilizzato per il filo spinato confezionato con la forma di spirale, la più basilare, rapida e temporanea delle fortificazioni. Laddove una barriera Hesco, una volta adeguatamente installata, risulta essere l’esatto opposto dimostrandosi perfettamente capace di ostacolare, oltre a uomini e veicoli, anche la traiettoria di munizioni o schegge d’esplosivo indirizzate verso le aree maggiormente dense del campo militare. Ed in tal senso più di un veterano, nel corso di entrambi i conflitti citati, avrebbe potuto fare affidamento sulla sicurezza garantita di un perimetro costituito da questi blocchi assai versatili, disposti in fila singola o persino sovrapposte, con l’unico sistema di giunzione garantito dalla stessa forza di gravità. Ciò che colpisce maggiormente, nell’impiego dei modelli della serie MIL con altezza variabile tra 1,37 e 2,74 metri, è la maniera in cui possono venire preventivamente stipati molti metri di recinzione all’interno di un autocarro con rimorchio ribaltabile. Per poi procedere nello scaricamento progressivo e dislocazione sulla base del progetto nel semplice tempo necessario a guidare tra un punto A e B. Lasciando alla squadra di genieri il solo compito di collegare e bloccare in posizioni le giunzioni ai vertici dei cubi, prima di procedere al riempimento tramite l’impiego di copiose quantità di materiale. Un passaggio non meno semplificato, d’altronde, rispetto alla preparazione degli ormai superati sacchetti di sabbia, grazie alla possibilità d’impiego di un singolo mezzo pesante dotato di benna, mediante il quale spostarsi lungo l’intero estendersi del muro e provvedendo in questo modo a completarne l’effettiva funzionalità operativa. Qualcosa in grado di riuscire utile, allo stesso modo, sia in tempo di guerra che durante i brevi e più pacifici periodi dell’articolata vicenda umana…

Uno degli aspetti più interessanti della barriera Hesco è la facilità con cui può essere riempita. Non che in assenza di attrezzatura idonea, una squadra di marines debba rinunciare a perseguire lo stesso obiettivo in tempi relativamente brevi, previa dotazione della vanga d’ordinanza, forse il principale attrezzo della guerra moderna.

Sarebbe in effetti corretto affermare come l’originale inventore e fondatore della compagnia Jimi Heselden (1948-2010) di Leeds, Inghilterra non avesse affatto l’utilizzo militare al centro della sua mente, quando abbandonando il campo minerario in cui aveva costruito la sua prima professionalità, fino ai grandi scioperi e licenziamenti della meta degli anni ’80, si era poi messo in proprio aprendo un laboratorio di sabbiatura. Finché l’elaborazione di una semplice idea innovativa, seguita da un visita all’ufficio brevetti, non avrebbe finito per fare la sua fortuna. E quale miglior modo poteva esserci, in quel particolare periodo storico, per irrobustire e rendere permanenti le barriere costiere dello Yorkshire… Che proporre al governo britannico la produzione in serie e l’acquisto di grandi quantità di quella che sarebbe presto diventata celebre come barriera Hesco, in grado di resistere alle più selvagge sollecitazioni da parte dell’uomo e della natura. Così come aveva fatto all’inizio dell’epoca moderna lo stesso ingegnere Egidio Pelvis a Bologna, riprendendo nel XIX secolo un progetto originariamente concepito da Leonardo da Vinci al fine di proteggere i quartieri cittadini dagli straripamenti del Reno tosco-emiliano. Un parallelismo che non sarebbe di certo sfuggito ai più colti capi dell’esercito statunitense, pronti a istituire la stretta e ormai inscindibile interconnessione tra le forze armate d’oltreoceano e la pratica invenzione “riscoperta” a Leeds, già più volte utilizzata con successo in occasione delle grandi tempeste e inondazioni al seguito degli uragani atlantici del Texas e della Louisiana. Non dovrebbe perciò sorprenderci come allo stesso Heselden sarebbe stata concessa nel 2006 la medaglia e qualifica dell’Ordine dell’Impero Britannico al cospetto della regina in persona, anche in funzione delle molte opere caritatevoli compiute a vantaggio dei veterani inglesi a partire dal 2008. Eppure se a questo mondo esiste una legge capace di ricompensare il karma positivo, nel caso dell’ex-minatore questo non sarebbe di certo avvenuto nella vita presente, visto l’incidente che avrebbe finito per portare alla sua improvvida e imprevista dipartita. Come punto d’arrivo di una serie di sfortunati eventi cominciati a Natale del 2009, quando investendo una parte del suo considerevole capitale pari a oltre 3340 milioni di sterline acquistò la compagnia produttrice di monopattini a motore Segway, iniziando ad andare in giro ovunque con uno dei loro sistemi di trasporto personale. Tutto questo fino a quando, il 26 settembre del 2010, si trovò a percorrere un sentiero pedonale presso i pendii scoscesi a ridosso del fiume Wharfe, molti metri sopra il villaggio di Thor Arch, proprio mentre in senso contrario arrivavano alcune persone a piedi. Per far passare la quali, egli decise di farsi da parte, se non che perse inaspettatamente il controllo del suo veicolo, precipitando giù dalla scarpata. Quale sconvolgente, terribile ironia: proprio quando un guard-rail o altro tipo di barriera avrebbe potuto salvargli la vita, nulla di simile era stato posizionato preventivamente nel luogo in cui sarebbe andato incontro al suo destino.
Poiché c’è molto poco che un muro invalicabile come quelli della Hesco, al giorno d’oggi, non possano riuscire a fare, definendo e racchiudendo, provvedendo ad interdire tutto quel che può soltanto condurre a perdizione. Così come in uno dei timori del fantastico più significativamente popolari e rappresentativi di questi ultimi decenni, gabbioni come questi potrebbero interdire facilmente l’assalto da parte delle armate instancabili dei morti viventi, mancando proprio per questo di fare la loro comparsa nella cinematografia e gli altri racconti di genere. In quanto risulterebbero eccessivamente funzionali a risolvere il pericolo inerente della vicenda, in un tipo di narrazione in cui il senso di suspense riesce ad essere inversamente proporzionale alla prudenza e ragionevolezza delle persone che si trovano ad affrontare la crisi. Il che può essere forse interpretato come l’effettiva morale di fondo, perfettamente applicabile alle dure realtà del mondo materiale.

L’inamovibile natura di questi blocchi, una volta installati correttamente, non può essere facilmente sopravvalutata. Vedi la maniera in cui soltanto quattro elementi, in questo impressionante test, riescono a fermare un mezzo lanciato a gran velocità.

In un’epoca come la nostra, in cui il bisogno di congiungere ed allineare le diverse aspirazioni di una collettività divisa appare sempre maggiormente determinante, non è d’altronde possibile pensare di vivere un idillio ed assoluta comunione d’intenti, soprattutto nello stato attuale delle circostanze. Con i recenti eventi su scala globale, che in tante dolorose maniere hanno contribuito alla disuguaglianza, il conflitto e la mancanza d’integrazione tra visioni del mondo non del tutto compatibili. Ponendo al centro della narrazione mediatica internazionale la presunta necessità dei ponti, così come quella dei muri, barriere che contribuiscano a ispessire i presupposti difendibili di quello che è, o dovrebbe rappresentare, un’istituzione pubblica riunita sotto l’alto simbolo di una bandiera.
Ma come affermato in apertura a questa trattazione, nessuna fortificazione può essere in effetti maggiormente resistente di coloro che vengono stazionati con armi e bagagli dal suo lato, per così dire, “sicuro”. E siamo a questo punto giunti a un’epoca in cui la cara vecchia analogia dei cosiddetti morti viventi, ex-alieni, ex-androidi ribellati ai loro costruttori, non può più soprassedere l’effettiva osservazione della verità. Che esistono diritti basilari indipendenti dalla propria storia personale e luogo di provenienza. Ed ogni barriera, per quanto indispensabile nel preservare persone, risorse e condizioni in essere, dovrebbe anche possedere un cancello. Poiché non sempre il karma può riuscire ad aggiustarsi da solo, prima che abbia termine un singolo capitolo dell’esistenza tra i viventi. Ed abbia luogo l’ennesima, del tutto incontrollabile reincarnazione.

Lascia un commento