Buca un palloncino da 914 metri di distanza

Jerry Miculek

La sfida all’O.K. Corral non fu nulla rispetto a questo miracolo del mezzogiorno fiammeggiante: l’uomo è Jerry Miculek, esperto di armi da fuoco, addestratore delle forze speciali, già detentore di ben sei primati, oltre a questo, nel suo campo di fermezza e precisione pressoché assolute. Tutt’altro che pensionato, nonostante la significativa età. Una personalità di spicco della tv americana (c’era bisogno di dirlo?) E di Internet, dove pubblica i migliori video dei suoi ultimi exploit sparatòri. Tra cui questa, la prima volta in assoluto in cui un essere umano, con le sue proprie mani, ha impugnato una pistola. Ha mirato contro il nulla assoluto, di una distesa erbosa e senza vento. Ha sparato. E dopo tre secondi ha colpito, senza neanche avere modo di vedere esattamente cosa.
Ma non sembrava possibile, un simile successo. La maggior parte dei nuovi record del mondo, di questi tempi televisivi e appariscenti, sono estremamente specifici: una persona con il cranio particolarmente duro, ad esempio, piuttosto che competere in una specialità valida in senso universale, tenterà di frantumare a testate, sulla base delle preferenze personali: zucche, cocomeri o  noci di cocco. Una volta esaurite le alternative troppo accessibili ed inflazionate, si dedicherà quindi a qualcosa di inimmaginabile o mai visto prima. Come il massimo numero di pezzetti di asteroide polverizzati fra i denti o i ferri da stiro frantumati con la fronte. E così via. Non c’è limite alla creatività; tutto il contrario, all’apparenza, dello sport del tiro a segno. Dove che tu impieghi dei bersagli di metallo, oppure in carta, tondi o quadrati, c’è ben poca differenza procedurale. I punti chiave sono “solo” la distanza e l’arma. Ciò che non ha più un’entità massima misurabile, dunque, diventa la difficoltà.
Esistono, a questo mondo, determinate postazioni per chi voglia cimentarsi nell’uso eccellente di pistola o fucile. La prima categoria, come ampiamente documentato al cinema e in televisione, opera generalmente all’interno di un cupo edificio, magari nel seminterrato, ben ventilato per portare via gli scarichi venefici del piombo appena esploso. Sono luoghi estremamente fragorosi, dove in pochi metri attentamente misurati si realizza il senso quotidiano dell’addestramento delle forze armate o della polizia. Per chi dovesse preferire una più lunga canna, invece, si consiglia l’aria aperta. E qui davvero, i limiti svaniscono nell’orizzonte. Nel tiro a lunga gettata contro bersagli fissi, ciò che conta è la precisione: il comitato olimpico valuta, allo stato attuale delle cose, tre possibili distanze: 300 metri, 600 metri e queste fatidiche 1000 yarde, che corrispondono alla cifra di cui sopra (914 ca.) Nel campo agonistico, per tale ardua prova, si prevede che il tiratore si distenda a terra, nella migliore posizione possibil, ben sfruttando l’appoggio immobile del suolo. Ah, troppo facile per lui! Palloncino rosso, non avrai il suo scalpo, ne oggi ne domani…

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Caposcuola dello sminamento cambogiano

Aki Ra

Se si dovesse realizzare una classifica dei peggiori cinque incubi notturni, assai probabilmente includeremmo questo: noi che avvistiamo tra la terra smossa un’invitante noce di cocco. Noi che la strappiamo dal groviglio di radici del selvaggio sottobosco, a colpi di feroce zappa, poi la solleviamo sulla punta di una lama di coltello. Per percuoterla, squarciare la sua scorza e farla a pezzi, prima di renderci conto… Che quello non è un frutto. Ma una bomba, il presupposto della fine! C’è un paladino che tale precisa sequenza di gesti la ripete giorno dopo giorno, dal 1991. Non per obbligo costituito, bensì per scelta e senso di profonda responsabilità.
Aki Ra, il suo nome di battaglia. Quello vero, non ci è noto. Tale appellativo andrebbe detto almeno per due volte, come le contrapposte vite che ha vissuto l’uomo. Se Aki Ra avesse del semplice ghiaccio nelle vene, probabilmente proverebbe molto caldo. Il suo sangue, infatti, dimostra poco meno della temperatura di Plutone, moltiplicata per l’inverso della radice cubica di una cometa. Eppure la sua mano, lungi da tremare per il freddo, è precisa come il tocco del chirurgo volontario, che rimetta in sesto l’innocente vittima di un esplosione. Il suo operato personale, del resto, è assolutamente comparabile nella difficoltà. Dal punto di vista dell’utilità. Nonché della funzione. E molto superiore per il rischio! Visto come si realizza sotto il fuoco potenziale di un nemico subdolo, ormai defunto eppure ancora pronto a far del male incalcolabile, per decreto delle tristi leggi di un conflitto universale. Quello che ci porta spesso e volentieri, come bipedi territoriali, a bersagliarci vicendevolmente con pallottole perforanti, usando razzi esplosivi, con missili a ricerca e bombe distruttive. Nel tentativo di raggiungere il terribile Nirvana della morte, un sistema finale per decidere chi ha meno torto. Ah, l’adempimento dell’eterna sofferenza! Aki Ra conosce bene questa problematica. Lui, che nacque, già quasi lavorando tra le risaie della sua terra, in un periodo veramente sfortunato: tra il 1970 e 1973, all’incirca. Non lo ricorda, né potrà mai saperlo. La sua biografia imprecisa, per il modo in cui appare su diversi siti web, assume il formato singolare di una serie d’episodi, come varie immagini di una vicenda travagliata, brevemente illuminate dal bagliore d’esplosioni rivelatorie. Primo lampo: la sua gioventù, quando entrambi i genitori, per motivi poco chiari, furono uccisi dagli Khmer Rouge. Secondo lampo e scoppio del minuto: lo ritroviamo a 10 anni, con un fucile di provenienza russo tra le mani, che viene addestrato, suo malgrado, in qualità di bambino del regime. Suo, del resto, fu il destino di un’intera generazione nazionale, coinvolta dai conflitti che servirono a ridefinire, più e più volte, il bordo impenetrabile tra le sfere d’influenza. Un concetto tanto pericoloso quanto deleterio, così inutile da non manifestarsi neanche nelle mappe del futuro. Ma che richiedeva, nonostante questo, sangue, piombo e terra di nessuno. La quale, generalmente o preferibilmente, impraticabile. Terzo scoppio… Aki Ra, preso prigioniero dall’esercito vietnamita, viene messo a lavorare. Piazzerà, negli anni dell’adolescenza, un imprecisato numero di mine. Chissà quante sono ripassate, ad anni di distanza, tra le stesse ferme mani!

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Wolverine e Batman fatti in casa

Wolverine Colin Furze

Tre tagli orizzontali, con un sibilo sinistro. Ah, l’oscuro fato dei cocomeri, gli ovali deliziosi, sempre fatti a pezzi nei programmi dedicati al libero commercio! Ad esempio, quando i protagonisti astuti dell’eterno Affari di Famiglia, gli sparvieri di Las Vegas, maneggiano un’arma di metallo procurata da uno scambio vantaggioso, tutte le volte devono provarla. Non si sfugge alla carneficina. Poco importa che quel filo abbia 400 anni, sia un pezzo unico che vale 10.000 pezzi di pecunia. Oculatezza nel gestire il proprio businness? Viene dopo lo show-businness. Violenza chiama virulenza. Però non è chiara la ragione, per cui stanchi di polistiroli e fogli di cartone, tutti debbano finire a torturare il citrullone a strisce verdi, la splendida primizia dell’estate. L’anguria, che dovrebbero chiamare: calamita per alabarde. Filettata a katanate, compuntata di stiletti medievali o coltellacci dei marines, cubettata a colpi di machete. Triturata con la sega elettrica, oppure sforacchiata grazie alla lupara. Ahimé! Quasi nessuno, si direbbe, mangia frutti in quel del Nord America. Li uccidono soltanto, per purissimo divertimento. Con buona pace dei vegani. Attitudine che a quanto pare, in questo periodo, sarebbe giunta all’altro lato dell’Atlantico. Ecco qui la prova: Colin Furze, supereroe britannico di YouTube, mentre sperimenta la sua ultima creazione. Sarebbe uno zaino pieno d’aria compressa, con due tubi che raggiungono le mani. Sulle quali, mirabilmente, l’inventore indossa una struttura in rigido metallo. Che non è adamantio ma potrebbe, visto l’uso che riesce a farne. Caspita! Con la pressione di un pulsante a valvola, SSWIIIISSSSHH! (Onomatopea fumettistica) scaturiscono i duplici e feroci artigli. Sei punte che trafiggono i malvagi. Le avrete già riconosciute: Wolverine è sicuramente diventato, grazie al cinema e per largo margine, il più amato e conosciuto degli X-Men.
Status di grazia che meriterebbe anche questo suo emulo, tra i molti produttori di follie meccaniche sul web. Furze, con il suo entusiasmo contagioso, ha messo insieme negli ultimi anni ogni sorta di accozzaglia diavolesca. Nel marzo del 2010 è stato arrestato per il possesso di un motorino-lanciafiamme. A ottobre dello stesso anno ha potenziato uno scooter per disabili, irrompendo con i suoi 112 Km/h dritto nel Guinness World Record. Nella primavera del 2013 ha battuto un altro primato mondiale: quello di velocità su tazza del WC, grazie a un motore da 140cc, con quattro marce e tubo di scappamento/portarotolo di carta igienica. E adesso, eccolo qui. Gli occhi spiritati, la gestualità teatrale, mentre massacra angurie senza colpa, tranne quella di rassomigliare al cranio umano. Da un grande potere deriva una grande macedonia. Spero almeno che abbia un cane o gatto, per pulire slinguazzando il pavimento.

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Strane sparatorie per pulirsi i denti

Airsoft toothbrush kid

Il giovane protagonista di questo video giapponese aveva un’aspirazione assai condivisibile: faticare poco per l’igiene orale. Ci sono in effetti delle volte in cui quel movimento ripetuto, del far muovere lo spazzolino avanti e indietro, su e giù, destra e… mette alla prova le già stanche membra di chi ha poco tempo libero a disposizione. Cos’è, in fondo, il divertimento? Qualcosa di superfluo, che le persone impiegano per far passare le ore prive di significato? O piuttosto il nettare che ci colora la giornata, irrinunciabile all’incirca quanto l’ora di merenda? Ecco che, per l’appunto tokioFN [sic] questo il suo nome di battaglia, aveva uno di quegli hobby che ti offrono una sorta di glass ceiling, ovvero il “soffitto di vetro” della teoria professionale anglofona e statunitense. Sarebbe a dire che, per quanto ci dai dentro e ti applichi nel campo specifico della questione, inevitabilmente scorgerai la condizione più totalizzante, maggiormente impegnativa. Così è la vita, per chi è dedito allo scopo. Così è pur,e per chi la propria realizzazione sa trovarla insieme alle pistole ad aria compressa, nelle carabine e in tutto il resto.
Spari due colpi tanto per provare, presto ti ritrovi appassionato, quanto lui. Naturalmente, stiamo ipotizzando. Però come spiegare, altrimenti, una tale scena! Quest’uomo, un eroe della serendipità digitale, non si limita a riempirsi casa con i modellini delle armi più diffuse nei comuni videogames. Superata l’ora di cena, se le porta in bagno e le usa finalmente in modo utile, facendone un tutt’uno con lo spazzolino e il caro scotch. C’è un certo senso di giustizia universale, in una tale surreale attività. Pensate alla costante guerra combattuta dagli umani contro l’entropia. Qualunque essere biologico, alla sua nascita, dispone di una certa quantità di anni, per lasciare ai posteri la traccia della sua trascorsa materializzazione (molto spesso basta riprodursi, dando adito a una sorta di metempsicosi). Tale tempo limite, a quanto ne sappiamo, non può essere quantificato, tranne a posteriori. Perché ci sono guerre, incidenti, malattie. Sappiamo questo, solamente: i denti sono 32, non contando quelli destinati alla maliarda del cuscino. E non avremo altri, se non tramite l’apposizione di posticce installazioni mascellari, quasi mai paragonabili agli originali. Questi bianchi pezzettini, dallo smalto destinato a consumarsi, sono il timer del giudizio, la sostanza della vulnerabile sopravvivenza. Occorre dunque preservarli ad ogni costo, con la forza massima della tecnologia.

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