Il Re Scorpione dell’allevamento, aspirante miliardario dei nostri giorni

In un mondo ideale, i prestigiosi laboratori scientifici utilizzano i tesori della natura con sincera attenzione nei confronti della loro provenienza. In un risvolto collaterale della sostenibilità operativa, nessun allevamento di animali viene praticato fuori dai propri contesti geografici, praticando la cattura irragionevole di grandi quantità di esemplari appartenenti a specie dal varabile stato di conservazione. In quel particolare scenario, piccoli imprenditori locali, con un sincero interesse nei confronti della tutela ambientale, esportano direttamente tale nettare, reinvestendo parte dei guadagni nella reintroduzione in natura delle successive generazioni. Ma di cosa, esattamente? La risposta generica è che, a dire il vero, può variare benché nel caso specifico e per dirla tutta, stiamo parlando di scorpioni. L’aracnide carnivoro e comunemente notturno, dalle chele concepite per ghermire a fare a pezzi la preda, la cui arma maggiormente temibile resta d’altronde il pungiglione sulla coda: vettore di veleni non del tutto esplorate dalla scienza, la cui funzione a discapito degli esseri viventi appare per lo più deleteria o persino letale. “Perfetto!” Appare a questo punto sulla spalla uno scienziato, come il piccolo demonio della perversione, immaginando le possibili e redditizie applicazioni delle circostanze. Poiché ogni sostanza che una volta assunta in grandi quantità è dannosa, non ha forse sempre il merito di assolvere a uno scopo se trattata o utilizzata nella giusta quantità individuale? E più piccola risulta essere tale misurazione, maggiore tende ad esserne di conseguenza il valore. Ora trasferite quel pensiero dal punto di vista di uno degli sperimentatori commerciali, che palesemente si sono trovati ad operare in un settore nuovo, particolarmente in Medio Oriente, India e Cina. Coloro che pensando ad una nuova corsa all’oro dei peptidi tossici prodotti dagli ottuplici deambulatori, hanno investito nel corso dell’ultima decade considerevoli risorse nell’allevamento di questi piccoli, possibili benefattori. Guidati dal miraggio economico, formalmente non lontano dalla verità, secondo cui il veleno di determinati scorpioni “in condizioni ideali” potesse valere anche più di 10 milioni di dollari a litro, per la sua efficacia nei test clinici relativi a cure o diagnosi tumorali, la creazione di antidolorifici sperimentali ed altre applicazioni future. Molto più del sangue umano e ALMENO il doppio dell’inchiostro di una stampante per uso non-commerciale! Dal che la nascita, tanto per fare un esempio estremamente pregno, di una realtà come la Scuola di Scorpioni Iraniana, istituzione mirata a preparare gli esponenti della nascente aristocrazia economica locale ai compiti ricorrenti legati a questo tipo di attività. Come… Catturare gli aracnidi, nutrirli, farli riprodurre, accudire i nuovi nati e naturalmente… Mungerne la preziosissima sostanza. Che l’istituzione stessa prometteva di acquistare nuovamente per rivendere nei numerosi centri di ricerca all’estero interessati ad acquisirla, permettendo ad ogni punto della filiera di beneficiare largamente della conseguente opportunità Se non che gli eventi, in base agli ultimi dati reperibili online, avrebbero finito per prendere una piega considerevolmente diversa…

Principalmente interessati alla riproduzione sistematica e sfruttamento di due specie di scorpioni al di sopra di ogni altra, il coda-grassa arabo (Androctonus crassicauda) ed il temuto deathstalker del deserto del Naqab (Leiurus quinquestriatus) questi allevatori sembrerebbero averli scelti per la rapidità significativa delle loro ghiandole velenifere, capaci di ripristinare una quantità completa del tremendo fluido in un periodo massimo di un paio di giorni. Il che, unito alla rapidità di proliferazione di simili creature renderà idealmente possibile l’istituzione di un processo produttivo in cui fidate maestranze, rigorosamente appartenenti alla famiglia o una cerchia di fedeli sostenitori del visionario di turno avrebbe proceduto ad estrarre sistematicamente il veleno con manovre ben collaudate o leggere scosse elettriche, visto e considerato come ci troviamo pur sempre di fronte a due delle specie più letali al mondo. Il che, volendo applicare un calcolo matematico alla quantità individualmente prodotta da ciascun aracnide di due milligrammi al giorno per scorpione, dovrebbe idealmente permettere l’ottenimento di un grammo al giorno con l’impiego di “appena” 500 esemplari. Con un guadagno netto stimato di 1.000 euro l’ora. Questo almeno, a patto che ogni promessa a ciascun livello di quest’industria nascente possa effettivamente essere condotto fino alle sue estreme conseguenze. Laddove sarà giusto, a questo punto, raggiungere il nocciolo effettivo dell’intera questione: assolutamente nessuno, allo stato dei fatti attuali, parrebbe essere effettivamente interessato ad acquistare il veleno prodotto da queste persone. Visto come, ne hanno largamente parlato svariate pubblicazioni scientifiche e testate divulgative internazionali, non esista al momento alcun medicinale supportato da completi test clinici basato sul veleno di alcun tipo di scorpione. Il che non significa che debba necessariamente continuare ad essere così: numerosi sono i contesti, in diversi paesi del mondo, ove risultati visibili in luce positiva sono stati ottenuti nei contesti di laboratorio mediante l’utilizzo di questo approccio. Così come hanno prosperato, in luoghi eticamente meno responsabili, le possibili “cure miracolose” dove la scienza accademica sta da tempo ritardando nell’individuazione di contromisure realmente efficaci. Ma la quantità di veleno necessario è comunque molto limitata, permettendo nella maggior parte dei casi ai ricercatori di gestirne direttamente l’approvvigionamento dal produttore al consumatore. Mentre anche nei casi limiti, esistono cooperative come la francese Latoxan o l’inglese Venomtech capaci di far fronte agevolmente a una percentuale molto alta del fabbisogno globale. Senza mancare di riservare l’opportuna attenzione, è importante sottolinearlo, alla purezza e composizione chimica del proprio prodotto, mediante l’utilizzo di strumentazione scientifica semplicemente non disponibile nei contesti per lo più rurali dei loro aspiranti competitors dei paesi orientali. Il che non sembrerebbe del resto aver impedito ad almeno una manciata di aziende di emergere fino alla capacità di sostenersi autonomamente. Tra cui vengono citate spesso quella di Metin Örenler, operativa nella regione turca di Şanlıurfa e l’allevamento di Pir Mohammed nella città Lashkargah in Afghanistan, apparentemente capace di costruirsi un portafoglio di clienti nonostante la difficile situazione politica del suo paese nel corso degli ultimi anni. Riuscendo a dimostrare, almeno in parte, il notevole potenziale di questo ambiente.

La questione latente resta dunque quella in merito a dove preferiranno rivolgersi le compagnie farmaceutiche, una volta lanciati i prodotti destinati ad essere basati sull’ultimo “oro del secolo” una volta portata a termine una o più delle ricerche attualmente in corso sull’argomento? Tutto dipende dal tipo di medicinali che andranno a produrre, onnipresenti e democratici, piuttosto che facilmente disponibili per ciascuno di noi. Architettando il tipo di contesto in cui un mercato di approvvigionamento libero, meno soggetto a regolamenti, potrebbe garantire la proliferazione di rimedi frutto della controcultura, non sempre o necessariamente privi di un certo livello di efficacia. Il che appartiene, nuovamente, alle speculazioni di un “mondo ideale” non necessariamente o frequentemente rispondente alla realtà. Mentre coloro che hanno investito nell’allevamento sistematico di scorpioni, allo stato attuale dei fatti, sembrerebbero riuscire a sostenersi primariamente lavorando con l’industria dei cosmetici e quella della gastronomia. Visto come, che ci crediate o meno, simili esseri una volta cotti a puntino rappresentano una vera delicatezza in particolari ambiti del nostro vasto e imprevedibile pianeta. Riuscendo ad offrire un sentiero di possibile guarigione, se non altro, dai morsi raramente milionari della fame. Ancorché almeno questo rappresenti un merito collaterale, se non altro, al loro nobile ma involontario sacrificio. Mentre come in ogni corsa all’oro che si rispetti nel corso della storia pregressa dell’umanità, coloro che si arricchiscono per primi ed in modo maggiormente duraturo, ancora una volta, sembrerebbero essere i venditori di batee e pale.

Due Androctonus crassicauda intenti a combattersi, in un’analogia metaforica del conflitto tra responsabilità e guadagno. Chi mai potrà emergere alla fine, vincitore dell’epoca presente e quella futura?

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