Tra la fine del 2022 e i primi mesi dell’anno corrente, un grido di sdegno si è alzato gradualmente da un particolare angolo di Internet, riecheggiando tra le aule degli animalisti e chiunque altro abbia mai sentito prossimo il supremo Spirito del veganismo: gli abitanti della Cina, quel popolo pragmatico, industrioso, spregiudicato… L’avevano fatto di nuovo. Superando i crismi della tradizione, ribaltando il paradigma ereditato, un periglioso tuffo verticale fuori dall’immenso oceano dell’umanità. Così tramando, con gli empi gesti, contro il nostro beneamato quasi-fratello, pasto rosa con le zampe al centro della dieta di una grande maggioranza dei paesi, salvo fondamentali e ben radicate eccezioni. Un panino con le zampe, la salsiccia in grado di pensare, l’animale amico unicamente dal supremo attimo del suo decesso, quando si trasforma nella pratica sostanza che conduce verso la spietata sopravvivenza. Trasportato come nulla fosse dentro un cubo di crudele ferro e cemento!
Infernale d’altra parte non può fare a meno di apparirci, almeno in linea di principio, quel concetto dimostrato in modo tanto esaustivo dallo Hubei Zhongxin Kaiwei Modern Husbandry di Ezhou, nell’area centrale del paese, un colossale pseudo-condominio alto 26 piani al cui interno si sono già esaurite, nel giro di appena 12 mesi, svariate centinaia di migliaia di esistenze. Dal trogolo alla tomba, per così dire, dove il secondo di questi due luoghi si trova temporaneamente rappresentato nel caso specifico dal punto di passaggio dello stomaco umano. Ovvero la risposta pratica, ben presto destinata ad essere seguita da una pluralità di ulteriori esempi, al decreto del Ministro delle Risorse Naturali promulgato nel dicembre del 2019, su “Questioni relative alla gestione del territorio per l’agricoltura strutturale” un’apparente ossimoro effettivamente calibrato al fine d’introdurre, già nel titolo, l’inusitata congiunzione dell’allevamento zootecnico alla costruzione di strutture architettoniche complesse. Per allevare, come commentato enfaticamente da una certa quantità di testate approvate dallo stringente sistema mediatico del Regno di Mezzo, il maiale al piano di sopra. Una visione propedeutica al guadagno, di spazi, denaro e convenienza, in direzione inversamente proporzionale alla tremenda immagine che rappresenta. Vediamo, un po’ più nei dettagli, perché…
È quasi surreale da un certo punto di vista la quantità di studi di settore e perizie fatte circolare nel rapido tentativo di soddisfare l’opinione pubblica da parte di un certo numero e tipologia di testate internazionali online, al fine di screditare un sistema totalmente nuovo e mai posto in essere prima dell’iniziativa cinese. Molti articoli basati sull’idea oggettivamente plausibile che un luogo simile potesse risultare conduttivo a un trattamento inclemente delle malcapitate creature all’interno, oltre a costituire il focolaio ideale per la diffusione di pericolosi focolai virali. Come se “questioni” simili fossero inerentemente allontanate dalla soluzione tipica dei cavernosi capannoni orizzontali utilizzati nell’industria alimentare dei nostri giorni. La congeniale visione apocalittica, in altri termini, di ciò che viene normalmente etichettato come proveniente dal grande Oriente e proprio per questo frutto di una visione del mondo Diversa, una cultura Aliena e per certi versi Preoccupante. Laddove il tono dei materiali di supporto e divulgativi sanzionati dal governo centrale di Pechino non hanno fatto molto per allontanare il senso di disagio latente, con descrizioni bucoliche di allegri maialini nati all’ultimo piano, cresciuti con l’aria condizionata e un clima attentamente controllato, quindi fatti scendere con l’ascensore fino a recinti progressivamente più stretti ed infine i camion destinati alle dorate porte del mattatoio. Poiché la verità oltre la fiaba è che nessuno ama pensare all’effettiva origine di queste particolari fonti di nutrimento utilizzate dall’odierna società carnivora, preferendo la pacifica mancanza di nozioni all’acquisizione dell’insoddisfacente realtà. Da un punto di vista della sicurezza e funzionalità, a voler proseguire l’ufficiale narrazione, appare ad ogni modo molto difficile dubitare di come questi allevamenti rappresentino l’implementazione di tecnologie ed accorgimenti particolarmente moderni. Vedi l’utilizzo, orgogliosamente dimostrato nei video pubblicitari, di sistemi informatizzati per la raccolta d’informazioni in merito alle condizioni degli occupanti, mediante algoritmi di monitoraggio con margini d’errore inferiori a quelli di qualsiasi veterinario umano. Nonché nastri trasportatori di approvvigionamento del mangime attentamente calibrati al fine di garantire la nutrizione ideale di questi esseri venuti al mondo con un singolo scopo nella vita, in maniera totalmente paragonabile a quella di qualsiasi altro allevamento intensivo dei nostri ingrati giorni. Pare inoltre, a quanto si racconta, che l’odore dell’allevamento venga totalmente contenuto e riciclato all’interno, senza diffondersi nella ridente cittadina dedita all’industria del cemento di Ezhou. Che convenienza!
Poiché non è forse vero che l’uomo, nella sua accezione successiva all’esistenza nelle ripide regioni della Preistoria, ingegnerizza e plasma a piacimento l’andamento della natura? Nessun altro essere di cui possiamo vantare la conoscenza (fino ad ora) è riuscito parimenti a massimizzare la crescita della propria biomassa complessiva fino a punti estremi come quello rappresentato della grande Cina, che ospita all’incirca il 20% delle persone viventi pur avendo appena il 10% della terra coltivabile all’interno dei propri confini. Grazie allo strumento, suonato come uno Stradivari nelle ultime due o tre generazioni, del commercio internazionale globalizzato. Nell’ultimo ventennio progressivamente sottoposto a restrizioni e varie tipologie di embargo univoco da parte dei paesi stranieri inclini al protezionismo. Poiché non ci può essere un’economia condivisa se qualcuno riesce ad acquisire multipli vantaggi sopra tutti gli altri. Il che può riportare ad individuare, da parte di quest’ultimo, i meriti fondamentali dell’indipendenza.
Se le grandi fabbriche di carne suina, con tutto il loro carico implicito di rischi, riusciranno dunque a funzionare è oggi un’ipotesi eccessivamente dibattuta anche in maniera impropria. Mentre a questo punto della storia già riecheggiano gli allarmi sulla falsariga di: “Controllate da dove arriva la vostra carne!” Ancorché maggiormente ragionevole o risolutiva, da un simile punto di vista, risulterebbe l’esortazione: “Controllate il vostro consumo di carne!” Ovvero null’altro che una semplice utopia per molti membri della collettività corrente, almeno finché non avremo superato l’imprescindibile paradigma della scarsità. Sopportando per quanto possibile gli esperimenti funzionali e le immancabili proteste più o meno ragionevoli, come la nostra memoria storica ci ha, ormai da quasi un secolo, preparato a fare.