Oscure ali e la dimostrazione che che un becco aperto non significa benevolenza. Per i molluschi…

Era una giornata come tutte le altre nella parte settentrionale del parco Kruger, la più grande riserva naturale sudafricana. Un gruppo di turisti, appena scesi dal veicolo fuoristrada, si guardavano attorno con fare perplesso, mentre la guida sorrideva con intento benevolo ma carico di aspettativa. “Ed ecco dunque, come avevo annunciato” spiegò in inglese: “La pozza dove vengono a nutrirsi le cicogne nere. Anche se non riuscite a vederle, in questo preciso momento centinaia, se non migliaia di lumache acquatiche si muovono lentamente sotto la superficie.” Il vento mattutino soffiava lieve, e nessun segno di esseri viventi agitava la rada vegetazione della savana. Mentre l’uomo si produceva dunque in una pausa ad effetto, un ruggito distante tradì la presenza di un grande felino. 7 uomini e 3 donne, praticamente all’unisono, si voltarono nella stessa direzione. Un soffio di bassa pressione proveniente da est, all’improvviso, portò aria calda sulle loro guance sinistre. Accompagnato da un rumore rutilante, come il battito di una grande quantità d’ali. Uno alla volta, i viaggiatori portarono di nuovo il proprio sguardo in direzione della guida, che ora si era voltata nella direzione opposta, con le braccia saldamente piantate sui fianchi. Dinnanzi a lui, sulla riva scoscesa, tra i cespugli, sopra uno scarno albero di acacia che palesemente aveva visto giorni migliori, almeno una dozzina di fedeli imitazioni dell’angelo della morte. I poderosi uccelli, di circa un metro di altezza e una colorazione nera iridescente tendente al blu e marrone, sembravano ignorare totalmente gli intrusi. Alcuni già intenti a muovere la testa da una parte all’altra, immergendola ritmicamente in profondità nell’acqua fangosa. Altri avevano spalancato le ali, con l’evidente intento di scaldarsi al sole. Un paio di esemplari, affrontandosi con fare guardingo, facevano battere ripetutamente lo strano becco. Ma per ogni volta in cui le punte superiore ed inferiore si toccavano, la parte centrale rimaneva palesemente aperta. Lasciando penetrare, come niente fosse, la minacciosa luce dell’avvenire…
Ecco a voi, signori e signore, l’anastomo o “becco aperto” alias A. lamelligerus (…Avrebbe potuto spiegare il guardaparco) una creatura perfettamente adattata alla sua nicchia e che potremmo definirne, in un certo senso, l’assoluto dominatrice. Che campeggia sopra gli ippopotami mentre osserva il suo terreno di pesca, nonostante possa giungere a pesare 1,3 Kg. Ed ha fatto della ricerca subacquea di molluschi del genere Pila ed altri mitili una vera e propria arte, calibrata sulla base dei propri fenotipi dall’elevato grado di competenza. Non ci credete? Guardatelo al lavoro, mentre cerca tra il sostrato le conchiglie a forma di spirale, per poi mettersi a girarle da una parte all’altra senza neanche tirarle fuori dall’acqua. Potendo fare a meno, effettivamente, del senso della vista per trovare in modo tattile l’opercolo, o piede rigido che protegge il tenero animale all’interno. Procedendo allora ad inserire, come forbici infernali, la preminente arma lunga fino 196 mm e più alta che larga, praticando un abile strattone in direzione sinistra. Al che il tenero abitante viene espulso e sollevato, mentre il guscio resta integro in mezzo alla sabbia. E il collo si ribalta verso l’alto, mentre l’occhio immagina l’iconico rumore: SLURP!

Immaginate dunque questo stesso gesto ripetuto, molte decine di volte ogni giorno, dalle colonie itineranti di svariate centinaia, se non migliaia di esemplari. Il che giustifica ampiamente la straordinaria capacità di proliferazione delle lumache Pila, benché i becchi aperti possano nutrirsi con eguale voracità di altri tipi di conchiglie bivalvi, che generalmente tirano semplicemente fuori dall’acqua e lasciano morire sotto l’arsura di mezzogiorno. Per non parlare degli occasionali piccoli pesci, mammiferi o insetti imponenti, usati per lo più come spunti o aperitivi. Un quadro sufficiente a fare di questo carnivoro volante la perfetta equivalenza di uno pterodattilo o tiranno dei cieli, dal punto di vista di ogni potenziale innocente creatura più piccola di lui. Diffuso in tutta l’Africa subsahariana incluse le regioni occidentali del Madagascar, l’anastomo deve preoccuparsi grazie alle sue notevoli dimensioni di una quantità piuttosto limitata di predatori, che includono alcuni rapaci interessati primariamente agli esemplari giovani e l’occasionale, furtivo e fortunato varano. Il che ne fa per la fortuna di tutti un’animale piuttosto comune, non minacciato in entrambi i casi delle due sotto-specie riconosciute, così come avviene per il cugino asiatico di colore bianco, l’A. oscitans. Questo nonostante il pericolo confermato dei pesticidi e altre sostanze chimiche inquinanti spesso filtrate dalle sue prede acquatiche, poi assunti come veleni con conseguenze deleterie e il possibile avvelenamento degli esemplari in età riproduttiva. Non che questo tenda a scoraggiarne la notevole tendenza a socializzare nella stagione degli accoppiamenti, con chiassoso starnazzare e scontro territoriale da parte dei maschi, che normalmente s’interessano da soli alla preparazione del nido, una piattaforma di bastoni in mezzo ai rami bassi di un albero, oppure galleggiante tra le acque fangose. Per poi procedere a mettersi in mostra, spalancando ed agitando le ali, chiamando a gran voce finché una femmina proverà ad avvicinarsi, senza nessuna garanzia di venire accettata. Contrariamente a quanto avviene infatti normalmente nella classe degli uccelli, saranno i futuri padri a scegliere di volta in volta la loro consorte, procedendo spesso a rifiutare almeno un paio di pretendenti. Il che rende, paradossalmente, le operazioni più complesse, permettendo in media la deposizione di un singolo uovo a stagione, se non addirittura il fallimento del progetto nuziale, con un tentativo rimandato all’anno successivo. Questo perché i mesi adatti per mettere al mondo un piccolo, che resterà dipendente dai genitori per un periodo di ben 55 giorni, sono fortemente limitati dall’occorrenza della stagione delle piogge ed il conseguente aumento di numero delle lumache, di gran lunga la più sostanziosa e desiderabile fonte di cibo per questa specie. I nuovi nati quindi, una volta che inizieranno a crescere mettendo le piume, mostreranno un colore inizialmente tendente al marrone, che progressivamente tenderà a scurirsi col passaggio dei mesi fino all’assunzione delle cupe tonalità degli esemplari adulti.

Magnifico ed elegante, oggetto di numerosi studi scientifici a partire dalla sua classificazione nel 1823 ad opera del naturalista e zoologo olandese C. J. Temminck, l’anastomo africano fu dunque inizialmente al centro di un significativo fraintendimento. Proprio il suo becco dalla forma simile a uno schiaccianoci per l’impiego umano portò infatti ad immaginare gli esponenti del mondo accademico che questi potesse utilizzarlo nello stessa identica maniera, spaccando letteralmente e sonoramente il guscio delle lumache da cui traeva il proprio nutrimento. Questo almeno finché con la semplificazione dei viaggi intercontinentali ed un maggior numero di escursioni sul campo, la testimonianza diretta non permise agli scienziati di conoscere l’ingegno ed abilità di cui la natura l’aveva dotato. Perché usare la violenza, d’altra parte, quando può essere abbastanza dedicare qualche attimo a precise manovre di acquisizione del boccone da mandar giù entusiasticamente? Perché cercare prede usando gli occhi, quando si può trarre giovamento dalla mera propensione tattile a frugare in mezzo al fango? Verrà sempre l’occasione qualche ora, di fermarsi ed asciugarsi sotto il solleone diurno. Defecando lietamente sulle proprie stesse zampe, per meglio controllare la temperatura del proprio corpo (urohidrosi)

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