Scoperta l’infallibile mimetizzazione idrostatica della rana di vetro

Attraverso l’intero repertorio narrativo della fiction militarizzata, racconti speculativi ed altre storie ambientati ai limiti dell’era moderna, una semplice frase riecheggia prima di un migliaio di determinanti battaglie: “Camuffamento ottico: attivazione”. È una fantasia universalmente perseguita, ed oggi non più così distante, come iniziò ad esserla verso la fine del diciannovesimo secolo la ricerca sempre al centro dei pensieri di un sistema per agevolare il volo umano. E così come gli uccelli, l’idea comunitaria del camaleonte, benché sia ormai largamente noto che quest’ultimo animale non possiede affatto il dono cromatico del mimetismo, che deriva non soltanto dalla capacità di cambiar colore, bensì anche quella di osservare, analizzare e riprodurre l’ambiente in cui ci si trova a sostare. La stessa percezione che il mutamento di pigmentazione finalizzato alla furtività sia dotato di una sorta di interruttore biologico, che permette ai loro utilizzatori nel presente novero delle vita terrestre (primariamente cefalopodi i marini) può d’altronde essere sfidato, dati alla mano, dalla storia esistenziale di una famiglia di piccoli batraci. Tra i 19 e 28 millimetri di lunghezza, se prendiamo come rappresentante la sua specie più diffusa della Hyalinobatrachium fleischmanni o rana di vetro, diffusa primariamente in America Centrale tra Guatemala, Nicaragua, Panama ed Ecuador. Creatura abituata a vivere sui rami bassi e mediani degli alberi in prossimità di fiumi o paludi, dove si arrampica cercando un tipo di grande foglia, capace al tempo stesso di proteggerla ed amplificare il richiamo della propria voce, nel tentativo di chiamare a se le attenzioni di una beneamata compagna. Attività più che lievemente perigliosa, per il maschio, vista l’attenzione riservatagli da serpenti, uccelli e piccoli mammiferi, più che transitoriamente interessati a scoprire quale possa essere il suo sapore. Dal che l’idea intrigante dell’Evoluzione, di fornire il fondamento per il nome comune di questo gruppo d’insettivori omettendo d’includere alcun tipo di pigmento nella pelle esterna della sua creazione, rendendola sotto ogni punto rilevante trasparente come il cellophane, fatta eccezione per l’aspetto necessariamente opaco dei suoi organi interni. Dal che la strana impressione per gli osservatori d’occasione, non propriamente conduttiva ad alcuna razionalizzazione pratica, che un sotto-dimensionato “set” di cuore, polmoni, intestino e fegato si trovi momentaneamente immobile sopra la propria foglia di appartenenza, come soltanto gli animali spaventati sono inclini talvolta a fare. Naturalisti come Jesse Delia e Carlos Taboada della Duke University di Durham, Carolina del Nord, trovatosi per una strana coincidenza a notare nel corso degli scorsi mesi la stessa cosa, nella stessa maniera: ovvero il modo, notevolmente inaspettato a dir poco, in cui fosse più facile fotografare i loro campioni di tale specie durante le ore notturne in cui le rane erano sveglie ed attive, piuttosto che durante i giorni in cui sostavano nei loro terrari mettendosi finalmente a dormire. Quasi come se nel secondo dei due casi, in qualche modo, esse diventassero persino più trasparenti, mentre una quantità preponderante della loro capacità di assorbire o riflettere la luce tendeva celermente a passare in secondo piano. Le rane, in altri termini, diventavano una sagoma verdastra dai contorni indistinti, perdendo ogni apparente vascolarità interna…

Il perfetto mimetismo della rana addormentata non può d’altra parte riuscire a proteggerla dai pericoli ambientali. Con casi documentati in cui una singola goccia di pioggia è bastata a sbalzare un esemplare dalla sua foglia, o persino ucciderlo sul colpo nei casi più sfortunati.

Il sangue, fluido che ci dà la vita, apporto liquido impiegato da ogni sorta d’organismo vivente al fine di trasferire le sostanze nutritive, e l’ossigeno, da un lato all’altro del nostro corpo. Una sostanza tanto necessaria, in ogni tipo di essere vertebrato, che praticamente siamo in grado di ritrovarne un qualche tipo di versione in ciascuno di essi e molti altri, inclusi quelli vegetali che catturano e veicolano le sostanze nutritive contenute nel sostrato terreno. Parte di un sistema tanto sofisticato e complesso, che nel nostro caso basta un passo falso funzionale, l’attimo di sosta dovuto a intasamenti o restringimenti del reticolo di vene situate all’interno, perché inizi pericolosamente a coagularsi, con conseguenze niente meno che deleterie. Ma volendo a questo punto ritornare all’inerente problematica del sopracitato anuro, la sostanza dei suddetti organi è anche alle origini di un diverso ostacolo alla sopravvivenza; proprio perché rossa e in alcun modo trasparente, come si potrebbe essere indotti a desiderare nel caso di una creatura che tenta costantemente di fare il possibile per passare inosservata. Da qui l’osservazione inizialmente teorizzata separatamente dai due scienziati della Duke, poi documentata ed analizzata in laboratorio, che in qualche modo l’intero contenuto ematico della rana venisse fatto scomparire nei suoi momenti di maggiore vulnerabilità, venendo risucchiato e mantenuto immobile all’interno della struttura opaca del suo organo più grande. Ovvero il fegato, nella particolare circostanza in essere, senza subire alcun tipo di degradazione per l’intero trascorrere del tempo necessario. Una mera teoria inizialmente, per provare la quale gli iniziatori del progetto di ricerca hanno dovuto fare uso di una speciale tecnica di cattura delle immagini, la fotografia fonoacustica, capace d’immortalare i loro soggetti senza il passaggio preventivo d’iniettare alcun liquido di contrasto, che oltre a nuocergli avrebbe compromesso quel camuffamento tendente all’invisibilità e situato a fondamento della trattazione stessa. Verso l’acquisizione di risultati utili a fornire validi spunti di approfondimento perché se la rana può fermare temporaneamente la propria circolazione ogni notte soltanto per nascondersi meglio, come riesce ad allontanarne le più perigliose conseguenze? Ed in quale modo, in un futuro ancora ragionevolmente remoto, potremo fare affidamento su un approccio simile per agevolare un’ampia selezione di procedure mediche, tutte finalizzate ad allungare e in qualche modo preservare la preziosissima vita umana?
Ogni tipo di pressione evolutiva, di suo conto, comporta una reazione uguale e contraria da parte della preda, che progressivamente giunge ad elaborare il più vasto e immaginifico repertorio di contromisure. E gli esemplari maschili di rane come queste, per riuscire a riprodursi, devono varcare un letterale corso del fiume Flegetonte, mentre abbandonano ripetutamente la relativa sicurezza garantita dall’immobilità provvedendo a difendere le uova attaccate sotto la propria foglia, mentre le femmine si recano alla ricerca del prossimo compagno. Una prassi che prevede l’utilizzo dell’urina al fine di mantenerle adeguatamente umide, nonché il costante impegno a renderle inaccessibili ai predatori più piccoli, scalciando via letteralmente vari tipi d’imenotteri e vespe parassite, finché i girini non sono sufficientemente sviluppati a guisa di girini da riuscire a balzare via verso la relativa sicurezza dell’acquitrino sottostante. Un primo passo, ma effettivamente significativo, per il prototipico raggiungimento dell’età adulta, quando potranno finalmente fare affidamento sulla strategia più caratterizzante dei propri gracchianti genitori, che potremmo definire come una vera e propria tecnica segreta del ninjutsu animale.

Questo esemplare di rana di vetro dalla livrea marezzata (potrebbe trattarsi della recentemente classificata Hyalinobatrachium mashpi) dimostra l’attaccamento parentale del padre ai propri piccoli, che egli si prodiga a difendere senza alcun tipo di timore verso insetti che raggiungono quasi la metà della sua lunghezza.

Creature prive di particolari tratti distintivi, proprio perché hanno il massimo interesse ad essere per quanto possibile sostituite come soggetti principali dell’attenzione di chi è più grande. Il che include, in modo largamente apprezzabile, gli intelligentissimi possessori di un cervello anche troppo ingombrante, sostanziale fondamento di ogni approccio a comprendere ed in qualche modo replicare le intenzioni programmatiche e le linee guida originarie dei propri coabitanti terrestri. Rane senza nome finché non giungiamo noi nel tentativo d’incapsularle ed in qualche modo definirne i ragionevoli confini, all’interno dell’inviolabile repertorio delle nostre idee e preconcetti acquisiti. Ma una rana trasparente non possiede, di per se, alcun tipo d’intento. Essa meramente esiste, più o meno visibile a seconda dell’ora della notte o del giorno. Ed è proprio questo a renderla magnifica sotto i nostri occhi affascinanti, a patto che vi riesca prima di riuscire a trovarla.

Lascia un commento