La precaria soluzione dell’aereo che decolla e atterra sul filo

Con il progredire della guerra nel Pacifico, le sofferte battaglie contro le armate del Giappone imperiale cominciarono a cambiare dal profondo l’impostazione seria e anonima delle istituzioni marine statunitensi. Così che diverse navi, nelle flotte sottoposte alla disciplina del comando centrale, guadagnarono una sorta di reputazione, come un valore imponderabile capace di connotare e caratterizzare il proprio ruolo in battaglia. Vedi quello della USS City of Dalhart (IX-156) un semplice mercantile commissionato nel giugno del 1944, soltanto per diventare in seguito il quartier generale mobile del 301° Battaglione di Costruzione alias i Seabees, cosiddette “api operose” incaricate di approntare i porti ed alti punti di approdo sulle isole e gli atolli oggetto del conflitto, mentre ancora infuriava la battaglia per la loro conquista. Famoso per la ricca dotazione logistica, inclusiva di sala mensa e persino una moderna macchina per fare il gelato. Nonché il lungo cavo attaccato a due braccia estensibili, dalla funzione tutt’altro che evidente e destinata, per molti dei suoi marinai, a restare largamente uno strumento teorico dall’utilizzo per lo più misterioso. Così come quelli di quattro delle LST (Landing Ship, Tank) facenti parti del corpo di spedizione attrezzati con lo stesso meccanismo, vascelli dalle dimensioni relativamente contenuti utili a sbarcare uomini e carri armati all’inizio dei suddetti conflitti armati; ma non la quinta. Quando il 26 marzo del 1945, infatti l’LST-776 si trovava ad accompagnare le forze d’invasione che avevano già compiuto gli sbarchi ad Iwo Jima ed Okinawa, venne dato l’ordine di attraversare una serie di stretti situati tra le isole del vicino arcipelago di Kerama. Uno spazio per lo più trascurato durante i pattugliamenti, date le loro dimensioni troppo contenute per poter ospitare dei campi d’atterraggio di qualsiasi natura. Fu perciò soltanto uno scrupolo, quando al tenente e pilota John Kriegsman venne dato l’ordine tanto atteso, di mettere in atto col suo Piper L-4 la manovra per cui si era tanto lungamente addestrato. Gli addetti della nave da sbarco, quindi, attivarono i servomeccanismi incaricati di estendere le due braccia di metallo rotanti verso il mare. Lasciando che un lungo e resistente cavo d’acciaio raggiungesse nel giro di pochi minuti la sua massima estensione. Mentre sul ponte principale, lavorando alacremente, il piccolo aereo veniva attaccato al gancio di una gru, per essere sollevato gradualmente all’altitudine approssimativa di un palo della luce. Pratico, ingegnoso, funzionale ma NON prudente: questo e molte altre cose rappresentava, per ciascuno degli uomini incaricati del suo utilizzo, l’ormai quasi leggendario Sistema Brodie, una sorta d’aeroporto in scatola, pronto ad essere approntato non appena si palesavano le condizioni funzionali al suo utilizzo. Del tipo capace di salvare, in determinate condizioni, l’intera collettività di una flotta, nella sussistenza di condizioni tutt’altro che pianificate…
James H. Brodie compare per la prima volta nelle cronache come tenente d’artiglieria imbarcato a largo delle coste americane, nel quadro strategico delle missioni incaricate di liberare dall’incombente minaccia dei sommergibili tedeschi la consegna di materie prime e provviste provenienti dagli alleati europei. Quando nel 1942, d’un tratto, gli capitò di assistere al drammatico siluramento di un mercantile per mano di un U-Boat che aveva scelto di rischiare l’emersione in pieno giorno, confidando nel fatto che nessuno avrebbe mai potuto avvistarlo in tempo. Ed in effetti, andò esattamente in quel modo. Ma le menti creative, come è noto, traggono spesso ispirazioni dai momenti di crisi. E fu proprio in quel momento, in base a quanto avrebbe raccontato in seguito, che Brodie elaborò l’idea destinata a immortalare a pieno titolo la sua figura nella lunga e spesso travagliata storia dell’aviazione…

Le operazioni di preparazione al lancio dovevano essere effettuate manualmente, con il motore già accesso che costituiva un pericolo non indifferente per gli operatori incaricati di agganciare l’aereo al cavo. Proprio per questo, successivamente, i piloti cominciarono a far girare l’elica soltanto poco prima della partenza, sporgendosi per raggiungerla mentre si trovavano già in posizione a svariati metri da terra.

La prima presentazione ufficiale del Sistema Brodie avvenne quindi nel corso del National Inventors Council, un periodico think tank concettualmente non dissimile da una versione militarizzata dei sondaggi sui suggerimenti implementati occasionalmente dalle grandi aziende tra i loro molteplici impiegati. Sebbene la proposta dell’ingegnoso ufficiale, che nel frattempo era stato promosso a capitano, non piacque inizialmente al Comando Centrale, a causa dell’eccessivo numero di fattori ancora tutt’altro che definiti. D’altra parte la gravosa necessità di proteggere i mercantili dall’assalto subacqueo dei tedeschi era ben noto, avendo giustificato l’impiego di soluzioni come quella britannica delle imbarcazioni dotate di CAM, catapulte di sola andata per i loro caccia Hurricane monouso, incaricati d’ingaggiare e qualche volta addirittura distruggere il nemico, così che nel momento in cui Brodie contattò con la stessa idea il comandante del Corpo dei Trasporti, ebbe da lui una risposta di tutt’altra ed opposta natura. Con un finanziamento a sua disposizione di 10.000 dollari, grosso modo equivalenti a 171.000 dei nostri giorni, l’intraprendente capitano fece quindi costruire quattro torri metalliche nelle vicinanze di New Orleans, ciascuna delle quali utile a formare una lettera “Y” tra le due estremità del cavo principale lungo 150 metri. Era l’aprile del 1943 quando, finalmente, un annuncio per i piloti interessati a partecipare ad una prima sessione di test attirò sul posto una considerevole serie di professionisti. Ciascuno dei quali, di fronte alla presa di coscienza di quello che gli si stava chiedendo, tendeva a fare una rapida marcia indietro. Immaginate voi come avreste reagito, d’altra parte, dinnanzi all’entusiastica spiegazione di come decollare appesi a un gancio inserito nella ragionevole approssimazione di un filo per il bucato, per poi atterrare agganciandosi di nuovo ad un trapezio simile a quello utilizzato nel corso di un’esibizione circense. Soltanto il 3 settembre di quell’anno, finalmente, fu possibile convincere della fattibilità dell’idea il maggiore James D. Kemp, capitano di B-25 in attesa di trasferimento che dinnanzi a un pubblico col fiato sospeso completò il primo volo dimostrativo con partenza e rientro dal surreale meccanismo, utilizzando un leggero aereo da ricognizione Taylorcraft L-2. Era il 3 settembre del 1943. Seguì una febbrile serie di dimostrazioni con diversi colleghi sulla terra ferma, durante una delle quali un aereo con a bordo lo stesso Brodie come passeggero finì per colpire il cavo con l’elica, trovandosi costretto ad un atterraggio d’emergenza. Che si rivelò fortunatamente privo di conseguenze, facendo fede al soprannome di questi resilienti aeroplanini: grasshopper (“cavalletta”). Ma fu la serie di prove successive, condotte nel Golfo del Messico a bordo della City of Dalhart non ancora diventata il quartier generale dei Seabees, a convincere i vertici del teatro di guerra nel Pacifico che non soltanto il sistema Brodie poteva avere una funzione pratica ed efficace, ma sarebbe stato opportuno piazzare un’ordine per 25 esemplari immediatamente pronti all’utilizzo sulla linea del fronte, secondo precise indicazioni dell’agente dei Servizi Segreti e diretto ufficiale di collegamento presidenziale William Joseph Donovan.

L’aereo più imponente ad essere decollato ed atterrato sul cavo di Brodie sarebbe stato lo Stinson L-5 Sentinel, con i suoi 1.054 Kg di peso. Il capitano aveva tuttavia dei validi progetti per rafforzare il meccanismo, adottandolo all’impiego con velivoli di fino a 3 volte quel peso.

Delle navi da sbarco equipaggiate con il lungo cavo entro la fine della guerra, pensato per essere impiegato come ausilio di avvistamento in tutte quelle situazioni in cui le portaerei non facevano parte di un gruppo di vascelli, ne conosciamo tuttavia le 5 già citate in aggiunta alla City, che comunque avrebbe preso parte alla stessa serie di operazioni in qualità d’importante risorsa di supporto tecnico ed ingegneristico.
Delle quali soltanto una avrebbe avuto un’importante ruolo in combattimento. In quel fatidico giorno tra le isole Kerama nel ’45, quando Kriegsman si sganciò dal cavo decollando alla ricerca di possibili strutture nemiche, riuscendo abilmente ad individuare dal cielo alcune rotaie che sporgevano da grotte a strapiombo sull’oceano. Soltanto successivamente, con il bombardamento d’artiglieria e sbarco messi in atto grazie al suo rapporto, si sarebbe scoperta l’effettiva natura di quelle strutture: letterali rampe di lancio per alcuni motoscafi, carichi di esplosivo, che avrebbero colpito i timoni della flotta durante il passaggio paralizzandole in attesa che aerei kamikaze giungessero per completare il lavoro. Operazione con la quale, pur non potendo cambiare il corso degli eventi ormai segnati, l’arrivo sulle coste del Divino arcipelago avrebbe finito per costare un numero molto più alto di vite umane. È la crudele frenesia della guerra, che giunti agli ultimi capitoli del proprio svolgimento, non ammette esitazioni né alcun tipo di ritirata. Rendendo ancor più importante poter disporre di risorse tecnologicamente valide a ridurre i rischi, possibilmente preparati in un’epoca dai ritmi più cadenzati.
L’ultima notazione che abbiamo in merito alla carriera di James H. Brodie è relativa ai tre brevetti che avrebbe fatto registrare, tra la fine della guerra e il 1947, per l’implementazione civile del suo meccanismo. In un’ideale utopia futura, in cui le città sarebbero state sovrastate da una pluralità di cavi che la gente avrebbe usato per decollare, al fine di spostarsi rapidamente tra la casa e il posto di lavoro. E poco importava (in teoria) il livello di abilità superiore necessario nell’utilizzo dei comandi di volo per riuscire ripetutamente nell’impresa. Se non che di lì a poco, come noi ben sappiamo, avrebbe preso piede il cambio di paradigma tecnologico comunemente noto come “elicottero”. Attrezzo per certi versi non meno diabolico, ma dotato di un ancor più significativo grado di versatilità in mare. Fu quello l’inizio di una nuova Era. Mentre i sommergibili dell’incipiente guerra fredda diventavano dei veri e propri sottomarini. E nessuno, da quel momento in poi, avrebbe mai potuto pensare di riuscire ad avvistarli!

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