Durante il primo terzo degli anni ’30, il giovane ingegnere elettrico del Kansas Charles H. Zimmerman con già una carriera alle spalle nella progettazione di tunnel del vento per il National Advisory Committee for Aeronautics (quella che sarebbe diventata, un giorno, la NASA) era un uomo con una visione ben precisa, e questa visione era rappresentata dal prototipico disco volante. Non che fosse provenuto da un diverso pianeta, tuttavia, bensì controllato da un pilota di nazionalità rigorosamente americana, intento a proteggere, o in qualche modo espandere, i confini del possibile immanente. E sebbene tale oggetto del pensiero fosse destinato ad attirare qualche sguardo di perplessità, giungendo a guadagnarsi l’appellativo di pancake (frittella) o flapjack (barretta/galletta ai cereali) volante, tale insolito aeromobile sarebbe stato un giorno non troppo distante realmente costruito, complice l’inasprirsi di un conflitto globale che avrebbe reso i più alti vertici militari aperti ad ogni idea & suggerimento, non importa quanto folli potessero sembrare inizialmente. Ed almeno sulla carta, il futuro Vought V-173, inserito non a caso nel sistema di numerazione della stessa compagnia responsabile per il caccia di grande successo F4U Corsair, di stranezze ne aveva molte: prima fra tutte, la completa assenza di ali in senso letterale, dato che nei fatti, l’intera struttura del velivolo sarebbe stata responsabile di generare l’essenziale portanza. Grazie a un’intuizione assolutamente geniale, avuta probabilmente da Zimmerman durante i suoi studi approfonditi del flusso aerodinamico latente, relativa al fatto che quest’ultimo venisse costantemente modificato, e di frequente compromesso, dall’inevitabile generarsi di vortici al di sotto delle carlinghe di tipo convenzionale. Che cosa sarebbe successo, dunque, egli si chiese, se la coppia di eliche di un aereo bimotore fosse stata disposta in maniera tale da spingere via un simile orpello, liberando in questo modo le più segrete potenzialità del mezzo? Giungere a scoprirlo e dimostrarlo, naturalmente, non fu facile e l’avrebbe infine condotto, nel 1937, a lasciare il suo posto sicuro nei laboratori di Langley per spostarsi a Long Island presso gli uffici della Vought Aircraft Division, dove finalmente, gradualmente, il suo sogno si sarebbe trasformato in incredibile realtà. Non prima di aver dimostrato, tuttavia, tramite la costruzione di un modellino a propulsione elettrica, come il fattore d’efficienza del suo velivolo potesse trarre un improbabile beneficio dal valore d’attrito sviluppato contro il passaggio dell’aria, dimostrato nelle prove matematiche come proporzionale al coefficiente di portanza e direttamente inverso alle proporzioni delle ali. Tale fattore venne quindi definito in gergo “FOO” ed avrebbe confermato come, in ultima analisi, l’assenza del più grande elemento ingegneristico ispirato dalla natura (degli uccelli) fosse dopotutto sopravvalutato, e addirittura superabile mediante l’applicazione di particolari artifici…
Si capì ben presto tuttavia come il pancake volante V-173 costruito in legno e ricoperto di tela, primo ed unico prototipo del futuro aeromobile (si sperava?) da costruire in serie, necessitasse in effetti di alcuni perfezionamenti. La versione originale progettata da Zimmerman, infatti, prevedeva l’impiego delle uniche superfici di controllo dei cosiddetti ailevators (combinazione inglese di alettoni ed elevatori) collocati in corrispondenza della coda al fine di massimizzare il profilo aerodinamico, i quali furono ben presto provati essere insufficienti a mantenerne il controllo in situazioni di pilotaggio al di fuori delle più semplici, inducendo il progettista a prevedere due ulteriori superfici mobili al termine di speciali appendici poste nei quarti di circonferenza posteriori del suo improbabile “disco” volante. Le due eliche poste in movimento dai motori del prototipo, dello stesso tipo usato dai Corsair ed appropriatamente sovradimensionate nel caso specifico al fine di massimizzare l’effetto FOO, avevano la problematica tendenza a generare vibrazioni potenzialmente disastrose, portando alla necessità d’impiegare delle alternative a passo variabile. Per quanto riguardava i motori invece, dei Continental A-80 capaci di sviluppare appena 80 cavalli ciascuno (sufficienti visto il peso di circa una tonnellata) si decise di sfruttare un sistema di trasmissione incrociato, affinché l’eventuale avaria dell’uno permettesse al secondo di beneficiare di un aumento di cavalli sufficiente, auspicabilmente, a riportare a terra l’aereo.
In questa versione riveduta e corretta, dunque, a novembre del 1942 (quasi un anno esatto dopo l’attacco di Pearl Harbor) al gastronomico rapace fu finalmente permesso di spiccare il volo, con ai comandi il pilota sperimentale della Vought Boone Guyton, convincendo subito quest’ultimo e lo stesso Zimmerman che la bizzarra idea, nei fatti, poteva vantare un ottimo potenziale: l’aereo infatti non soltanto risultò sorprendentemente manovrabile, ma soprattutto resistente allo stallo fino a limiti ritenuti precedentemente inimmaginabili. Vantando inoltre la caratteristica, senz’altro desiderabile, di riuscire a decollare in uno spazio di appena 30-40 metri o persino da fermo, in presenza di un vento contrario di almeno 25 nodi. L’idea colpì immediatamente il comando militare statunitense, in cerca di nuovi apparecchi da contrapporre ai formidabili strumenti per la guerra aerea giapponesi, portando a una lunga serie di prove tecniche che avrebbero permesso di accumulare al prototipo la cifra record di 131 ore di volo, con la partecipazione di numerosi piloti militari incluso il celebre Charles Lindberg, destinato a riconoscere le ottime caratteristiche di guidabilità del pancake. Il quale avrebbe portato, inevitabilmente, a una quantità spropositata di avvistamenti UFO sopra le spiagge di Long Island ed almeno due spettacolari atterraggi di emergenza, il primo in un campo da golf nei pressi di Stratford e il secondo sotto gli occhi allibiti di un bagnante di Long Island South, che vide l’aereo frenare bruscamente in spiaggia fino a fermarsi per evitare d’investirlo, per poi capovolgersi bruscamente in avanti; occasione in cui il V-173, fortunatamente, si dimostrò abbastanza resistente da non riportare danni significativi ed evitare il ferimento del suo pilota.
Nonostante tali piccoli incedenti di percorso, tuttavia, le potenzialità dell’aereo furono giudicate sufficienti a far procedere il progetto, verso la produzione di quelli che avrebbero dovuto costituire, in linea di principio, i due primi esemplari della sua versione militarizzata: nel 1943 il Vought XF5U si presentava essenzialmente come la stessa cosa, ma più grande (9,91 metri di larghezza contro i 7,11 del primo modello) e costruita interamente in metallo, con la dotazione due Pratt & Whitney R-2000-7 radiali da 1,350 hp cavalli ciascuno ed eliche lievemente inclinabili, secondo un principio simile a quello degli elicotteri. Durante lo studio di fattibilità operativo, dunque, fu dimostrato come l’aereo avrebbe posseduto un invidiabile spazio di operatività controllata tra le 40 e le 550 miglia orarie (corrispondenti a 765 Km orari) permettendogli quindi di prevalere in linea di principio in una vasta gamma di situazioni di combattimento aereo. I due prototipi, di cui uno solo effettivamente completato, vennero quindi usati in una lunga serie di prove tecniche preliminari, più simili a dei balzi che veri e propri decolli, che avrebbero portato il programma ad estendersi ben oltre la fine del conflitto mondiale. Con il Giappone ormai arreso, nel 1946, l’intera idea fu considerata ormai fuori tempo e largamente fuori budget, problemi ulteriormente aggravati dall’evidenza sempre più chiara che i motori a reazione, non più eliche rotanti, fossero ormai destinati a costituire il futuro dell’aviazione. Gli aerei di metallo furono quindi dichiarati non più necessari e dopo aver smontato ogni parte riutilizzabile, integralmente demoliti: un’operazione destinata a richiedere, data la loro estrema solidità, l’impiego di una sfera da demolizione.
Con soltanto il primo prototipo conservato nel Museo dell’Aviazione di Dallas allo scopo di dimostrare quanto, effettivamente, siamo stati prossimi a vedere realizzata una simile visione alternativa del volo a motore, l’eccezionale frittella da combattimento resta una visione surreale di quell’epoca in cui tutto sembrava lecito, pur di riuscire a superare in astuzia ed efficacia le forze aeree nemiche. Al termine della quale, come sappiamo fin troppo bene, il mondo intero ritornò a lavorare su un regime e con obiettivi di natura totalmente diversa (e radioattiva).
Tutti quanti tranne Zimmerman. Il quale, ritornato presso i laboratori di Langley, avrebbe dedicato l’intera decade degli anni ’50 alla progettazione di un sistema per il volo personale direzionabile, simile a una piattaforma inclinabile su cui far volare un singolo soldato, privo d’addestramento specifico acquisito. Nonostante i successi in fase preliminare, tuttavia, neanche questo apparecchio raggiunse mai la produzione in serie. Davvero, certi individui sembrano esser nati troppo in anticipo rispetto al corso della Storia….
1 commento su “L’unica ragione per cui non esistono i pancake volanti”