L’idea teoricamente realizzabile di trasportare pale eoliche con l’aeroplano più grande al mondo

Quante porte possono essere sbloccate, quanti favolosi traguardi avvicinati, mediante l’utilizzo di un ottimo rendering in tre dimensioni? Per vivere le nostre giornate all’interno di un mondo in cui le cose artificiali vengono subordinate a ciò che può esser visto e toccato con mano, siamo certamente inclini a farci affascinare da ciò che sembra “sufficientemente” vero. E non c’è alcuna idiosincrasia intellettuale, palese né latente, nel tentare di mettere a frutto la propria perizia nel visualizzare tutto questo: i progetti più o meno concreti, i sogni ingegneristici, le cose che potrebbero trovarsi in un futuro ad occupare il nostro stesso spazio materiale. Dopo tutto, scriveremo chiaramente che si tratta di un semplice concept. Ma quale committente, giornalista o comunicatore legge le didascalie, più velocemente di quanto la sua mente possa mettersi a sognare…
Mark Lundstrom della città di Boulder, Colorado è la figura cardine nonché fondatore della startup nata da un progetto rimasto segreto per 8 anni (questo è ciò che afferma) per la risoluzione di uno dei grandi problemi dei nostri giorni. Anche se non ci pensiamo tutti i giorni, differentemente da quanto avviene per l’Impero Romano; facciamolo adesso. Poiché non c’è veramente un modo funzionale, tra i molti disponibili, per trasportare i componenti di una pala eolica a destinazione. Quello strumento simbolo dell’energia pulita & sostenibile, tanto inviso ai paesaggisti benché possa allontanare l’incombente collasso ecologico su scala planetaria, che si compone di una parte divisibile (la torre) e diversi componenti monoblocco, tra i più massicci ed ingombranti che possano fuoriuscire da uno stabilimento metalmeccanico moderno (le pale/blades). E tutti abbiamo visto, a tal proposito, la scena entusiasmante ma precaria dei sistemi di movimentazione stradale per simili giganteschi orpelli, che possono includere autocarri, cingolati, piattaforme snodate con più pneumatici che metri di lunghezza. Dal che l’approccio inusitato del creatore della quasi-multinazionale Radia, Inc. mirato a eliminare totalmente questo problematico passaggio. Nessuno mai vorrebbe d’altra parte misurare la larghezza dell’asfalto, quando è disponibile l’intero spazio che si trova situato sopra e sotto l’arco della volta celeste.
A bordo di un velivolo, che altro? Il Windrunner (occasione persa di chiamarlo Bladerunner) opera di lunghe perequazioni ingegneristiche, mirate a riaprire un profilo di progresso tecnologico che sembra ormai da tempo essere passato in secondo piano: la costruzione di un aereo cargo per carichi sovradimensionati. Come il C-17 della Boeing o il russo Antonov An-124, per non parlare del titano andato distrutto nel primo giorno di guerra in Ucraina, l’immenso e mai realmente sostituito An-225 Mriya. Che di suo conto non avrebbe mai potuto assolvere allo stesso compito per cui l’oggetto di quei rendering è stato creato, avendo uno spazio nella stiva relativamente piccolo in proporzione al carico trasportabile dai suoi sei potenti motori. Essendo stato concepito per portare la nave spaziale Buran agganciata sopra la fusoliera, d’altra parte lunga “appena” 84 metri, contro i 108 del suo possibile erede dell’imminente domani…

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In partenza sul binario di Taishun, l’unica monorotaia concepita per nutrire il pollame

Perfettamente carico, pienamente in orario, sempre al centro della festa per un pubblico di migliaia di utilizzatori nel quotidiano. Il treno più efficiente dell’intero paese degli Han è stato identificato e si trova nella contea di Taishun presso Wenzhou City, all’interno della prefettura dello Zhejiang. Dove dentro al terreno di una fattoria che si sviluppa verticalmente, dal ritorno nel paese natìo di un membro della generazione degli anni ’90 di nome Dong Quanlikou, le operazioni sono state riorganizzate in base al metodo di una macchina ben oliata. O per meglio dire, la carrozza da trasporto, facente parte di un sistema dei trasporti che già conosciamo molto bene, pur non avendolo mai visto applicato in questo particolare contesto. Siamo qui al cospetto, in effetti, di un allevamento da circa 10.000 galli e galline della razza Ayam Cemani, anche noti come polli neri per la colorazione che caratterizza la loro pelle, piume e bargigli. Esseri dalla sublime dignità ed eleganza, tranne che in un ricorrente attimo, quello della nutrizione sistematica mediante consegna di becchime per intercessione dei loro padroni umani. Un tipo di rituale capace di richiedere in origine, per un luogo come questo, diverse ore di lavoro spacca-schiena nel trasporto di pesanti sacchi su e giù per la montagna. Dal che l’idea di ricercare un margine migliorativo, non soltanto un mero efficientamento dei metodi, bensì una vera e propria rivoluzione del sistema di ascesa verticale del tragitto fino ai 700 metri sommitali sul livello del mare. Si dice a tal proposito che soltanto con la costruzione della via ferrata, il Vecchio West sia stato reso effettivamente democratico, permettendo a tutti di raggiungere le fertili sponde della California e gli altri stati adiacenti. Così come qui all’interno della vecchia Europa, la distanza tra Roma, Parigi, Berlino etc. è stata virtualmente ridotta anche senza l’uso degli aerei, grazie all’uso di vetture ferroviarie super-veloci. Mentre di per se questo luogo ameno, noto come 冬瓜的高山农场 (Dōngguā de gāoshān nóngchǎng – “Fattoria del Melone d’Inverno”) sta cercando di far scuola grazie al social cinese Douyin (TikTok) dove Mr. Dong risulta essere, al conteggio attuale, un utente da oltre 400.000 follower. Con diverse trattazioni televisive e da parte dei quotidiani nazionali nel suo pregresso…

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Orsetti robotici del tutto commestibili, batterie incluse. Serve altro?

In una conversazione radiofonica del 2021 giudicata abbastanza rilevante da costituire l’unico contenuto pubblicato sul canale YouTube di un progetto scientifico internazionale, il responsabile del Laboratorio dei Sistemi Intelligenti dell’Istituto Scientifico di Losanna, Dario Floreano, racconta di essersi ad un certo punto interrogato su cosa potesse servire davvero per riuscire a replicare in modo artificiale un essere vivente. Giungendo all’improvvisa realizzazione: una delle principali caratteristiche delle creature biologiche, è la loro capacità di mangiarsi a vicenda. Siamo davvero certi che tale priorità risulti totalmente irraggiungibile, sulla base delle soluzioni tecnologiche di cui attualmente siamo dotati? Avendo identificato un simile pensiero come ben più che mera elucubrazione, anche data la sua posizione accademica di rilievo, lo scienziato ed ingegnere avrebbe quindi avviato la proposta del piano Robofood, iniziativa con finanziamenti a livello europeo per la creazione di un automa commestibile, in un certo senso l’incontro impossibile tra il settore gastronomico e quello della creatività ingegneristica finalizzata allo scopo di migliorare le nostre vita. Il che ci porta, paradossalmente, fuori strada e su settori più o meno in linea con tale obiettivo, fino all’epocale presentazione nel padiglione svizzero all’Expo di Osaka, in collaborazione con L’Istituto di Tecnologia di Genova, di quella che potremmo definire come la più insolita torta di matrimonio della corrente decade. Tre livelli di pan di spagna sovrapposti con sopra la piattaforma sommitale la caratteristica coppia di figure “lui & lei” (in questo caso, orsetti) intenti a muovere ritmicamente le braccia in una sorta di rudimentale danza. E fin qui nulla di troppo strano, finché non si viene a conoscenza della fonte d’energia che alimenta i loro muscoli pneumatici, assieme ai LED contenuti nella coppia di candeline del piano sottostante. Stiamo qui parlando, in parole povere, della prima batteria prodotta con un misto di carboni attivi e rivestita di cioccolata, dal potenziale elettrolitico fornito da riboflavina/vitamina B2 ed il flavonolo di origine vegetale chiamato quercetina. La cui autonomia non è del tutto chiara benché una cosa possa essere, inaspettatamente, sicura: ogni singolo elemento costituente di questa insolita creazione culinaria, candeline escluse, può essere completamente fagocitata dall’uomo. Risultando avere, a quanto ci viene spiegato, anche un buon sapore. A partire dagli orsetti stessi che sarebbero dotati di un gradevole gusto di melograno…

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Il prototipo autocostruito di un motoscafo in grado di sfruttare l’interfaccia tra cielo e mare

La ben collaudata capacità di far convergere una forma funzionale ed un aspetto accattivante del prodotto finale rientrano rispettivamente nelle competenze del progettista ingegneristico e del designer industriale. Il che non toglie che in determinate circostanze, queste figure contrapposte solamente in linea teorica possano convergere in qualcuna o qualcuno di adeguatamente preparato in entrambi i campi, così da dare forma al miglior tipo di creazioni tecnologiche, dispostivi che si mostrano perfettamente realizzati da ciascuna angolazione si scelga di guardarli. Essendo giunti a costituire la perfetta manipolazione da parte della mano umana, di quelli che sono i princìpi d’armonia ed integrità espressi normalmente dalla natura. Non è un pesce e nemmeno un insetto pattinatore, d’altra parte, questa sfuggente imbarcazione radiocomandata Hydrajet 701, mostrata con contegno al tempo stesso espressivo e professionale dalla sua creatrice Tamara Ivancova, giovane ingegnere di Southampton, Regno Unito. La cui velleità procedurale in questo campo, lei stessa ama raccontare, nacque negli anni del Covid successivamente al concludersi di un’esperienza lavorativa presso il team di sviluppo aerodinamico della scuderia di Formula 1 AlphaTauri, rimasta per tre anni parte del vasto repertorio di RedBull. Espressione di un’idea nata per caso, dall’effettiva qualità dei componenti di cui ella poteva disporre in quel particolare frangente. E la domanda che poteva derivarne: che cosa potrebbe mai succedere in senso pratico, se un battello radiocomandato non fosse più dotato di un comune propulsore idrico, bensì un’elica intubata situata totalmente fuori dall’acqua? In maniera non dissimile da quanto avviene in determinate incarnazioni del classico hovercraft, il mezzo anfibio per eccellenza. Soluzione qui abbinata tuttavia non a un cuscino d’aria galleggiante, bensì un corpo sagomato in grado di sfruttare il principio dell’aquaplaning, così come fatto dalle thunderboat ed altri motoscafi ad alte prestazioni utilizzati a partire dall’inizio del secolo scorso in alcune delle più veloci, pericolose gare acquatiche mai sperimentate nella storia. Questo per l’annullamento pressoché totale dell’attrito nei confronti del fluido sottostante, trasformando come unico limite di resistenza quello costituito dalla capacità di deviare il flusso dell’aria attorno al cuneo della carenatura in pieno stato di emersione. Da qui l’iniziativa, da parte di Tamara, di utilizzare come configurazione per il suo progetto una particolare linea aggressiva, che non sfigurerebbe di sicuro nel parco veicoli di Batman o altri supereroi del fumetto post-modernista…

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