È un’astrazione di matrice fondamentalmente moderna, l’idea che il viaggio possa costituire un’attività di svago, piacevole e divertente. Avventuroso, impegnativo, illuminante e spesso fonte di pericoli inaspettati, un tempo muoversi dal proprio luogo di nascita costituiva l’impresa di coloro che, pronti a rischiare la propria incolumità, avevano soppesato i pro ed i contro di una vita sedentaria, scegliendo per se stessi un destino alternativo. E d’altra parte non tutte le destinazioni potevano essere raggiunte via mare, a bordo di scafi dotati di cabine e almeno la parvenza di opportuna confortevolezza e praticità abitativa. Per quanto nobili o potenti, così come persone benestanti appartenenti al mondo della cultura, potessero dotarsi di carrozze imponenti, la loro dotazione a bordo non era mai paragonabile a quella di un salone costruito su solide fondamenta. Le cose cominciarono a cambiare, fondamentalmente, grazie all’invenzione dei primi motori: così il Duca Costantino Petrovich di Oldenburg, nei suoi spostamenti attraverso la Francia, si era fatto costruire nel 1896 una sofisticata diligenza, trainata non da un gruppo di cavalli bensì un veicolo a vapore. L’organizzazione degli spazi, completa di letti ribaltabili, armadi a scomparsa e spazi ove rilassarsi durante il tragitto, avrebbero fatto molto per mostrare il sentiero necessario a far progredire un tale campo tecnologico dalla sensibilità rinnovata. Soltanto 18 anni dopo, avremmo avuto questa: una letterale casa su quattro ruote, tutta in uno, dove l’eleganza era una parte integrante della funzionalità. Così come una coerenza progettuale in cui ogni singolo dettaglio, dai fari appesi esternamente alla buca per le lettere prevista per la “porta principale”, passando per le tende alle finestre rigorosamente quadrangolari, contribuivano a un’estetica quasi fiabesca nel suo complesso. Capace di apparire, al giorno d’oggi, piacevolmente retro-futuristica, come un pezzo di tecnologia mostrata in un cartone animato sulla “comoda” vita degli Antenati. Si tratta di CR 4134 del 1914, come viene chiamato in funzione della propria targa (non è chiaro se possa essere ancora omologato) il camper one-off costruito dalla compagnia britannica Baico a partire dall’umile ed ubiqua Ford Model T, con un corpo in legno di pino assemblato dalla Dunton di Reading. Il tutto su specifica commissione della facoltosa famiglia Bentall, proprietaria dell’omonima catena di grandi magazzini di lusso. Una letterale capsula temporale motorizzata dunque, vecchia un secolo e venduta con grande rilevanza mediatica un paio di estati a questa parte durante una grande asta indetta dalla Bonhams, ad un compratore anonimo che giunse ad investire la cifra di 63.250 sterline per possederla. Troppo? Troppo poco? Ai posteri l’ardua sentenza. Ah, i posteri siamo noi! Vorrà dire che dovremo, a questo punto, Contestualizzare…
Per comprendere il concetto di mezzo abitabile dal punto di vista anglosassone, occorre in primo luogo rimuovere un distinguo che nel meridione europeo non potremmo fare a meno di considerare fondamentale. Quando in lingua inglese si parla di RV o Recreational Vehicle ci si sta riferendo, in effetti, indifferentemente a camper o roulotte, quasi come se il distacco possibile del motore trainante con la sua vettura sia nient’altro che un fattore secondario, nello schema generico delle cose stradali. In tal senso, l’inizio pratico di tale approccio al portarsi le comodità di casa nelle proprie trasferte può essere individuato nei cosiddetti rimorchi da campeggio, carrelli carichi dell’opportunità di trasportare ulteriori bagagli e dotati di rifugi pre-assemblati, da erigere direttamente in-situ ogni qual volta si ritenesse di esser giunti a destinazione. Ma la vita dei raminghi, agli albori dell’automobile, non era tra le più semplici e ben presto una compagnia riuscì a intravedere lo spiraglio di un nuovo segmento di mercato: si trattava della Pierce-Arrow statunitense, con la sua Touring Landau del 1910, comunemente riconosciuta come primo “camper” nella storia dei motori. Una vettura con spazio addizionale, brande incorporate e persino un rudimentale “bagno” (in realtà più simile ad un vaso da notte) dotata per lo più della predisposizione inerente a quei tempi di poter lasciare le poche strade asfaltate extra-urbane, inoltrandosi verso sentieri dove solamente i carri avevano osato spingersi, fino ad allora. L’idea commissionata dai Bentall, soltanto quattro anni dopo, poteva dunque definirsi diametralmente all’opposto, traendo l’origine da un tipo di veicolo decisamente più familiare, profondamente modificato nella sua forma e funzione di riferimento. Il che non era certo inusuale per la Model T, capolavoro di ottimizzazione industriale della vecchia volpe Henry Ford, automobile pubblicizzata come “Semplice, ben costruita, economica. Perché nessun uomo che lavora duramente debba rinunciare alla libertà che rappresentano gli spostamenti a motore.” Ma il compatto veicolo, fin dagli albori della sua commercializzazione nel 1908, venne ben presto individuato come la maniera più accessibile per l’uomo della strada al fine di procurarsi un motore completo. Motivandone la frequente conversione autogestita in dispositivi di tutt’altra tipologia, da macchine agricole a nastri trasportatori, pompe dell’aria, acqua o altri fluidi, generatori elettrici. In seguito dei kit ottimizzati a tal fine sarebbero stati venduti per corrispondenza, soprattutto negli Stati Uniti, e compagnie specializzate avrebbero iniziato a lavorare alacremente su dozzine di automobili, ancor prima che potesse esser completata la loro produzione. Un criterio chiaramente applicato anche dalla britannica Baico, guidato in questo caso dalla ricerca operativa della configurazione più lussuosa possibile, per la gioia d’utilizzo da parte dei propri facoltosi committenti. Eppure a quanto ci è dato di comprendere, l’eccezionale CR 4134 non fu lungamente o molto piacevolmente utilizzato da costoro, se è vero come ci spiega la stessa Bonham che venne messo in vendita all’inizio degli anni Venti, per poi finire inspiegabilmente abbandonato all’interno di un granaio a Shepperton. Dove integralmente restaurato (ricostruito?) negli anni ’70 da Mr. Leo Smith ed il suo amico carpentiere Robin Tanner, ebbe l’occasione di partecipare alla sfilata e concorso di bellezza della Historical Commercial Vehicle Society di Londra, occasione in cui gli vennero conferiti una quantità importante di riconoscimenti. Quanti altri camper, d’altronde, possono vantare un divano ricoperto di bottoni e girevole come postazione di guida, un intero “armadio in stile gallese” per i cambi d’abito e persino un piccolo balcone che si affaccia dalla porta secondaria, sul retro…
Il mondo, chiaramente, stava cambiando e la produzione in serie ben presto avrebbe spostato in secondo piano bizzarri prototipi e scintillanti fuoriserie. Il che includeva anche cose come questa, benché molto più affascinanti ed originali degli RV pensati per l’impiego da parte dell’uomo medio. Prima che ciò potesse accadere, in questo particolare settore, sarebbe occorsa tuttavia un’ulteriore spinta dell’opinione e percezione collettiva delle persone. Quella che avrebbe finito per essere fornita negli Stati Uniti dalla famosa famiglia Conklin, con il loro Gipsy Van del 2015, un letterale autobus riconvertito in “yacht stradale” come lo chiamarono i giornali, mentre costoro l’impiegavano in un iconico viaggio da New York a San Francisco, tra l’incredulità di tutti coloro che li vedevano accamparsi di volta in volta dispiegando i loro tendaggi ed approntando il “primo piano” temporaneo per i più giovani membri della piccola comunità itinerante. Difficile a tal proposito immaginare se costoro potessero aver visto, o in qualche misura essersi ispirati, a veicoli concepiti come il camper dei Bentall, che dovevano pur guadagnarsi un seguito in qualità di approcci al semplice e non sempre praticabile approccio dei campeggiatori. Entro una mezza decade, d’altronde, il mondo degli RV sarebbe radicalmente cambiato, con l’introduzione d’innovazioni tecnologiche come il corpo in masonite (legno pressato) al tempo stesso leggero e impenetrabile agli elementi, capace finalmente di liberare i membri delle spedizioni dal bisogno di assemblare rifugi temporanei nel corso di piogge battenti o vere e proprie tempeste. E tutto grazie all’inventiva di coloro che per primi, vedendo una macchina, pensarono a una casa. Quanto spesso l’avanzamento del benessere collettivo è la risultanza, più o meno diretta, di quell’espressione pronunciata che universalmente recita “Vorrei…”