Nella grande capanna, regnava il silenzio. Con un lungo sospiro, l’autorevole individuo prese finalmente posto al tavolo delle trattative, dopo che l’accordo era stato già concluso verbalmente innanzi ai capi tribù, gli anziani ed il rappresentante del Concilio Tradizionale di Gbi. Dopo tutto, sembrava che la sua città nativa di Hohoe avrebbe avuto una nuova scuola elementare, anche se il prezzo avrebbe superato lievemente le aspettative. Sistemandosi la pesante corona d’oro sulla testa, Togbe Ngoryifia Céphas Kosi Bansah tirò allora fuori il suo libretto degli assegni, da una tasca nascosta nel variopinto mantello kente, tradizionale simbolo degli abitanti dell’intera regione di Volta e in modo particolare degli Ewe, l’etnia a vantaggio della quale, dalla morte del suo nonno e predecessore, egli aveva scelto di essere una guida spirituale, amministratore sociale e benefattore part-time. Il sovrano impugnò la sua penna stilografica, rigorosamente dello stesso colore dei suoi molti aurei ornamenti, per iniziare la breve quanto significativa lezione. Mentre tracciava le complesse linee, quindi, sollevò più volte lo sguardo verso l’appaltatore al fine di osservare la sua reazione: “Vedi, questo sono io…” Esordì, tracciando le due stanghette diagonali che sembravano l’inizio di una lettera A piuttosto elaborata, “Con le gambe poggiate a terra, così che possa restare stabile e affrontare ogni possibile avversità.” Allora procedette nell’aggiungere, sul lato destro, una serie di asole inanellate: “La mia responsabilità include i popoli di 10 tribù. E QUESTA…” Affermò con una pausa ad effetto, “è la mia famiglia!” Mentre tracciava, tutto attorno al suo disegno, una larga spirale a quattro cerchi: “Io, mia moglie ed i miei due figli.” Qui rallentò l’opera, osservando gli occhi spalancati della controparte. “Perché devo sempre ricordarlo, tutti loro mi sostengono attraverso gli alti e bassi della vita.” Proseguì, mentre a partire dal centro di un tale ponderoso grafema, dava inizio ad una linea complessa e arzigogolata. “Che si estendono fino all’ultimo dei giorni. La lunghezza di questo ultimo tratto corrisponde all’ottimismo che provo ogni qualvolta approvo un progetto futuro.” Enunciò, mentre appoggiava la penna di lato con la mano pesantemente inanellata, mimando il gesto di strappare l’assegno. Direi che la linea… Sembra piuttosto lunga, pensò tra se e se l’appaltatore. E aprendo finalmente la sua bocca, sembrò finalmente pronto a rispondere all’implicita domanda della situazione…
Cittadino naturalizzato tedesco, abitante del paesino di Ludwigshafen nella Renania-Palatinato da quando fu inviato lì nel 1970 durante un programma di studio dai suoi genitori, l’uomo noto alla nascita semplicemente come Céphas Bansah aveva fatto una scelta in gioventù, che avrebbe indubbiamente percorso fino alle sue ultime e più soddisfacenti conseguenze: vivere in Europa, facendo l’onesto lavoro del meccanico agricolo e automobilistico, mentre metteva in pratica quelle virtù di precisione e affidabilità che tanto aveva scelto di ammirare nell’intero popolo tedesco. Se non che 17 anni dopo, poco prima che convolasse a matrimonio con la sua spasimante, la futura regina Gabriele Bansah di Hohoe, fosse destinato a ricevere il fax che lo avrebbe prepotentemente riportato ai propri doveri ereditari. Suo nonno, lo stimato Ngoryifia (un titolo che significa, letteralmente “Capo degli sviluppi civili”) era passato a miglior vita e per un crudele scherzo del destino, sia suo padre che il fratello maggiore erano mancini, una condizione impura che gli avrebbe impedito di succedere all’importante posizione amministrativa per il bene delle 10 tribù. Dopo un breve periodo per abituarsi all’idea, quindi, il sommo Bansah prese l’importante decisione. Egli avrebbe fatto il possibile per non deludere il suo popolo, pur mantenendo l’attuale stile e tenore di vita. Un’idea capace, senz’altro, di sfidare i limiti di quelli che erano i mezzi di comunicazione internazionali prima dell’anno 2000…

Il sovrano in volontario e discontinuo esilio iniziò il periodo che avrebbe definito i ritmi della sua esistenza adulta. Facendo avanti e indietro fino a 6 volte l’anno presso la patria della sua famiglia, mentre continuava a costruirsi una rigorosa vita in Germania. Abbandonando la carriera giovanile come pugile della categoria leggera, intraprese nel frattempo il sentiero divergente di cantante di musica Pop contemporanea, un genere da lui impiegato per far conoscere la cultura, lo stile ed i costumi del suo paese. Avendo ricevuto in eredità i preziosi cimeli della sua famiglia, Bansah prese in quegli anni l’abitudine d’indossare per la maggior parte del tempo una tenuta che potesse rendere evidente la sua importante qualifica regale: corone, bracciali e collane, in quantità notevole e tutti realizzati rigorosamente in oro, il metallo simbolo della rinomata ricchezza mineraria del Ghana. Degni di particolare menzione, tra questi, gli otto stravaganti ed enormi anelli raffiguranti svariati animali africani, tra cui il coccodrillo, l’ippopotamo e una tartaruga pacificatrice, che porta via i fucili dalla genìa guerrafondaia degli umani. Con i soldi raccolti dalle molte trasmissioni Tv ed eventi a cui aveva l’occasione di prendere parte, oltre all’ente benefico gestito assieme alla sua consorte, fece voto d’aiutare il suo popolo, in ogni maniera ciò gli fosse possibile mediante lo strumento finanziario, che più di ogni altro nella società moderna appiana le divergenze e risolve i problemi. Progressivamente, i traguardi raggiunti iniziarono ad accumularsi: quattro scuole, cinque ponti, una prigione (per la detenzione separata di donne e bambini) ed un numero imprecisato di pozzi, per facilitare l’accesso all’acqua potabile, da sempre una delle esigenze maggiormente problematiche per i popoli africani. Curò inoltre, sempre lavorando per lo più a distanza, l’apertura di un grande ospedale con personale tedesco, destinato ad incrementare significativamente il benessere e l’aspettativa di vita della popolazione di Hohoe. Attraverso la sua lunga carriera di personaggio pubblico, in parallelo al mestiere di meccanico che non avrebbe mai abbandonato, Bansah avrebbe ricevuto per l’intero estendersi degli anni ’90 numerosi riconoscimenti e una certa considerazione internazionale, tale da farne una sorta di rappresentante diplomatico ufficioso della nazione ghanese. Uno status che del resto, inevitabilmente, ha fatto sollevare più di qualche sopracciglio in patria, arrivando a motivare la pubblicazione nel 2015 di una rettifica da parte del Concilio Tradizionale sulla testata digitale GhanaWeb, nel quale si chiarisce al grande pubblico come le tribù della regione di Volta non abbiano un re in quanto tale fin dall’epoca remota del XVIII secolo quando venne posto fine alla dinastia militarista dei Mole-Dagbani, iniziando il percorso che avrebbe condotto il paese fino al contesto democratico, con il raggiungimento dell’indipendenza coloniale dall’Impero Britannico nel 1957. E che le insegne e la tenuta del sovrano con la cittadinanza tedesca non abbiano in realtà particolare aderenza ad alcuna tradizione specifica, né lui appartenga, nei fatti, ad una delle famiglie discendenti da linee ereditarie acclarate, che comunque continuano a detenere un certo potere al livello delle singole tribù. Pur ammettendo, nella fervente critica, che Bansah sia certamente degno di ricevere la sua qualifica ad honorem, in virtù dei molti sforzi compiuti per il benessere dei suoi beneamati sudditi ghanesi.
Una vita piena di peripezie come disegnato nella sua firma, dunque, tra cui l’ultima pubblicata dalla stampa internazionale avrebbe incluso il furto nel 2015 di una parte dei suoi cimeli d’oro presso la residenza in Germania, per un valore dichiarato di circa 20.000 euro. Una storia il cui epilogo non sembrerebbe noto alle cronache, benché non sembri aver smorzato in alcun modo il suo entusiasmo comunicativo e l’intento che ha costituito l’incrollabile missione della sua carriera di rappresentanza.

All’età di oltre 70 anni, per quanto è possibile apprezzare dal suo sito web ufficiale con annessa raccolta fondi permanente, il re Bansah continua quindi ad operare secondo quella che dovrebbe essere la principale funzione di un monarca dedito alla sua funzione primaria: assistere e guidare il suo popolo attraverso le tribolazioni dell’esistenza. E sebbene alcuni dei resoconti scritti sul suo conto, che parlano di effettive mansioni di governo “Amministrate con cadenza quotidiana mediante l’utilizzo di Skype” sembrino esagerare sotto molti punti di vista, anche l’importante ruolo di fare da tramite, in diverse situazioni, tra gli enti benefici tedeschi e la cultura certe volte complessa di una cultura ragionevolmente inaccessibile e remota. Un importante ruolo destinato ad essere raccolto, a quanto possiamo apprezzare su Internet, anche dal figlio Carlo Bansah, già nominato a partire dal settembre scorso come direttore amministrativo della DRK (Deutsches Rotes Kreuz) la sezione tedesca della Croce Rossa internazionale. Posizione dalla quale, sfruttando le sue molte conoscenze e connessioni in Ghana, potrà guidare al meglio la distribuzione di aiuti e personale medico attraverso il territorio dell’intera regione di Volta. Un’opera significativa e degna di nota, in questo mondo affetto da una crisi sanitaria da Covid-19, ancor più che mai prima d’adesso. Ed una scusa certamente valida per acquisire, magari più in là con gli anni, le appropriate affettazioni e magari anche il monogramma di una monarchia mai davvero dimenticata. A patto, s’intende, di non essere mancini.