Dispiega le sue ali l’astronave che traghetta nel 2024 la cultura di Zhuhai

Venne così fatto presente all’inizio del 2017, con estrema sorpresa dei rappresentanti del partito, le autorità cittadine e il gotha degli addetti ai lavori, che nell’intera area del delta del fiume delle Perle, situata a sud-ovest di Canton, mancava un significativo esempio di teatro internazionale. Inteso come centro di arti performative ad alta capienza, con l’acustica, caratteristiche e prerogative di un’installazione moderna sotto tutti i punti di vista che potessero dirsi effettivamente rilevanti. Un problema di sicuro non semplice da risolvere, per la maggior parte dei paesi sviluppati del primo mondo inclusa la Cina, benché quest’ultima potesse beneficiare oltre alle risorse finanziarie di un importante vantaggio in tutto ciò che riguarda l’architettura: la maniera in cui il governo a partire dagli anni ’70, con l’apertura del paese dall’invalicabile recinto dei bureau con partecipazioni statali, letterali dinosauri dell’epoca maoista, aveva coltivato un rapporto privilegiato con un ampio novero d’importanti nomi dalla larga fama all’interno di questo complesso, nonché dinamico ambito creativo. Tra cui l’ormai scomparsa Zaha Hadid, architetta irachena naturalizzata britannica, famosa per la sua disanima della corrente post-moderna trasformata in un risvolto del decostruttivismo futuribile, inteso come sovrapposizione delle forme pure, tralasciando il rispetto di qualsiasi canone direttamente o indirettamente ereditato. Sarebbe perciò interessante conoscere la sua opinione, in merito all’ultimo lavoro dello studio che aveva fondato nel 1980, e che tutt’ora mantiene intatta la sua splendida reputazione grazie all’opera dell’originale Senior Designer, Patrik Schumacher. Nome degno di supervisionare cose come… Questa. Sotto ogni punto di vista tranne quello biologico, un Leviatano d’acciaio supportato da colonne di cemento, 22 per la precisione, dislocate in uno spazio di 170 per 270 metri in mezzo ad un affascinante lago artificiale. Struttura parametrica creata con abbondante utilizzo del calcolo digitalizzato, verso l’adozione ed efficientamento di una serie di prerogative estetiche del tutto prive di precedenti. Perché il Zhuhai Jinwan Civic Art Centre, che prende il nome dalla città da 1,23 milioni di abitanti e l’area che la circonda, risulta essere dichiaratamente ed apprezzabilmente ispirato al volo in formazione a losanga degli uccelli migratori del sud della Cina, qui trasformati in quattro edifici romboidali, strettamente posti in relazione tra di loro grazie ad un cortile centrale, ma anche ponti sospesi, passerelle, solarium e passaggi nascosti. Recentemente inaugurati, guarda caso, nel recente 13 di dicembre alla presenza d’importanti dignitari e con una rappresentazione del celebre musical del 1959 The Sound of Music da cui fu tratta anni dopo la pellicola di Robert Wise, Tutti insieme appassionatamente.
Impossibile non andare nel frattempo, con la mente, alle astute e imprevedibili allusioni architettoniche a creature o trasformazioni in oggetti di uso quotidiano di un autore come Frank Gehry, benché ad un analisi e un momento d’introspezione successivo, il vero significato del volatile cinese paia portare tali aspetti analitici ad ulteriori conseguenze, grazie all’utilizzo di un diverso paio di ali…

Figlio di una concezione polifunzionale degli spazi pubblici tipicamente asiatica e ragionevolmente priva di corrispondenze pratiche nel vasto mondo occidentale, il Centro Civico rappresenta dunque ben più di un “semplice” palcoscenico per la drammaturgia teatrale. Con il suo spazio-auditorium dal 1.200 posti situato in una delle due strutture di maggiori dimensioni così come il Museo dell’Arte, destinato ad essere impiegato in futuro per un’ampia gamma di mostre ed esposizioni sia storiche contemporanee. Due istituzioni differenti ma concettualmente non dissimili, così come quelle ospitate nelle due “punte” inferiori del complesso, il Black Box Theatre da 500 posti con sedili ritraibili a scomparsa (presumibilmente, al fine di dare più spazio ad eventuali artisti di turno) ed il Centro Scientifico interattivo, una dotazione ultramoderna niente meno che appropriata per l’intera Aviation City, una zona da 4,78 milioni di metri quadrati e 100.000 abitanti edificata nel corso dell’ultima decade lungo il distretto costiero di Jinwan, che significa per l’appunto “Baia Dorata”. L’intero complesso interconnesso in modo fluido ed apparentemente spontaneo, con tanto d’interessante contrapposizione cromatica tra gli interni con pareti chiare delle struttura più grandi e quelli scuri delle loro rispettive e geometriche controparti. Ma mai privi di luce, grazie all’impiego di ampi lucernari incorporati nelle forme spigolose preformate ed auto-stabilizzanti del tetto vagamente affine a una pagoda tradizionalista, attentamente calibrate in modo tale da semplificare la costruzione ed integrazione di un edificio dalle caratteristiche tanto insolite, di per se stesso concepito con un ampio rispetto dell’ecologia e riduzione dell’impronta carbonifera implicata dal suo completamento ed utilizzo continuativo nel tempo. Tanto da essersi guadagnato la catalogazione con la rara doppia stella delle certificazioni ecologiche cinesi, rendendolo uno degli edifici maggiormente sostenibili nella sua categoria. Senza, tuttavia, sacrificare in alcun modo le funzionalità, proprio grazie all’ingegnosa angolazione delle suddette componenti metalliche, angolate in modo tale da riuscire a riflettere il suono verso gli spalti come palesemente necessario per tale tipologia di palcoscenici pensati per il beneficio di spalti altrettanto gremiti. Completa l’offerta nel prato antistante della principale isola artificiale di Jinwan un piccolo anfiteatro per esibizioni all’esterno, prenotabile con breve preavviso da parte di coloro che intendessero impiegare il nuovo ed eccezionale punto di riferimento come scenario.

Con un importante valore aggiunto per l’ambiente urbano, proprio grazie alla funzione del lago artificiale stesso, attraversato da un doppio ponte che sembra propagarsi dalla forma asteriscale del Centro per le Arti e mostra un significativo distacco dalla superficie piatta del bacino in questione. Ciò per la doppia valenza estetica e funzionale che esso riveste, nella concezione dell’intera Zhuhai come una vera e propria “città spugna”, in grado di assorbire il flusso delle frequenti alluvioni e conseguenti inondazioni della zona, senza doverne pagare immediatamente le gravose e ineluttabili conseguenze.
Chi ha davvero mai pensato, fondamentalmente, che il funzionamento di un’architettura basata sui calcoli digitalizzati debba essere per sua implicita predisposizione contrapposta ed incapace d’integrarsi con il complesso sistema della natura? Laddove il principio di funzionamento dell’evoluzione, assieme alle leggi fisiche che governano il mondo dei fenomeni evidenti, rispondono alla stessa matematica impiegata come il principale punto di sostegno al servizio del pensiero umano. Assieme ai computer, che traducono il pensiero creativo in qualcosa di effettivamente realizzabile da parte di coloro che ne hanno l’inclinazione e la capacità evidenti. Un “ritorno delle gru migratorie” altrettanto valido, capace di sfruttare al massimo gli spazio e il tempo che ci sono stati concessi. In Occidente, Oriente e ciascun altro luogo cosmico ove potremmo un giorno erigere pareti immanenti.

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