Tutti gli udenti si guardano intorno. È il grido potente dell’uccello unicorno

“ALMENO due chilometri” decretò il responsabile del progetto, rivolgendosi all’avanzato istituto cosmico che si era guadagnato l’appellativo prestigioso di Evoluzione. “Altrimenti, come farebbe a trovare la sua compagna?” Poiché il tragitto di quella marcia, simbolo propedeutico al trascorrere delle epoche, non è necessariamente lineare o fondato su percezioni pratiche delle circostanze. Ed in funzione di questo, tende occasionalmente a sovracompensare, piuttosto che uscire dalle linee della mera deriva immanente. “Ah! Un’altra cosa. Voglio che abbia un lungo rostro che gli cresce in testa. Praticamente un’antenna, come simbolo e fiera prerogativa della sua stirpe.” Il che non significa che le illogiche aspirazioni possano trovare sempre, o imprescindibilmente, il sentiero verso l’effettiva realizzazione durante le ore della storia del mondo. Un cavallo col dente del narvalo sulla fronte, ad esempio, avrebbe avuto non proprio problemi a galoppare in un bosco. E i pennuti che devono essere per forza leggeri, al fine di sollevarsi grazie alla forza delle proprie ali, non potrebbero certo portare un simile peso superfluo. Ecco perché l’eponima parte del corpo dell’Anhima cornuta o uccello urlatore sudamericano lungo fino a 95 cm e di un peso massimo di 3,5 Kg, piuttosto che sporgere perpendicolare dalla sua fronte, oscilla semi-rigido, si piega e si spezza frequentemente. Essendo sorprendentemente formato da cheratina e ricrescendo di continuo fino alla dimensione considerata ottimale, il che lo rende in effetti più simile ad un unghia umana. Al che sorgerebbe spontanea l’immediata domanda su quale, effettivamente, possa essere la sua funzione. E da qui la risposta breve: nessuno la sa esattamente. O quella più elaborata: nessuno lo sa esattamente, ma probabilmente si tratta di uno strumento di seduzione. Benché sia d’altronde presenta, in maniera relativamente atipica, nel caso di entrambi i sessi di questo distintivo uccello. Che risulta per l’appunto privo di alcun significativo dimorfismo sessuale, fatta eccezione per le dimensioni leggermente superiori del maschio, nonostante l’appartenenza di questa specie al vasto ordine degli Anseriformi così come anatre, oche e cigni. Da cui si discosta sotto diversi aspetti esteriori e comportamentali, a partire dalla piccola testa ed il becco triangolari, che lo fanno piuttosto assomigliare ad un pollo. Ed un legame con l’acqua meno totalizzante, che vede questa creatura associata preferibilmente a paludi piuttosto che veri e propri laghetti, entro le quali si aggira in cerca di cibo sfruttando la stabilità offerta dai suoi piedi non palmati ma sproporzionatamente grandi. Il che fa di questo sonoro abitante un erbivoro opportunista, capace di nutrirsi di semi, fogliame, alghe o mucillagine. Oltre all’occasionale insetto che passava da quelle parti, soprattutto in età giovanile. Momento al prolungarsi del quale, il nostro amico dimostra l’effettiva appartenenza alla sua principale categoria tassonomica, assomigliando sotto ogni aspetto ad un vero e proprio anatroccolo giallo delle circostanze…

Distanziatosi dal corso principale degli Anseriformi non prima del periodo Cenozoico, l’uccello urlatore mantiene ancora dei tratti appartenuti ad un antenato comune, possibilmente sopravvissuto al meteorite che aveva causato l’estinzione dei dinosauri. Come? Nascondendosi nelle buche sulle rive dei fiumi…

E se qui avrete notato l’identificativo associato al presente video, di urlatore CRESTATO ecco spiegato l’arcano: di esponenti del genere Anhima rispondenti per sommi capi alla nostra descrizione “corno” escluso, ne esistono tre varianti, le rimanenti due inserite all’interno del genere separato del Chauna, a sua volta diviso tra Settentrionale (C. chavaria) e Meridionale (C. torquata). Entrambe specie protagoniste di una storia biologica non dissimile dal cugino più grande dell’area brasiliana, inclusa l’inclinazione a formare coppie monogame destinate a durare per tutta la vita. Opportunità di suo conto non scevra d’occasionali conflitti tra i simili per proteggere il territorio e la famiglia, portati avanti con il secondo tipo d’escrescenza cheratinosa posseduta da queste creature, la coppia di rostri appuntiti o speroni presenti sulla parte sporgente delle proprie ali, abbastanza minacciosi in effetti da aver motivato l’appellativo in lingua tedesca di Wehrvögel o “uccelli da combattimento”. Ed utilizzati ciononostante raramente nella protezione dai predatori, vista l’assenza di nemici acclarati fatta eccezione per quello maggiormente irriducibile e famelico dell’inquieta civiltà umana. Rimanendo perciò nell’argomento dell’insolito scheletro di questi pennuti, possiamo anche menzionare l’ingegneristica presenza all’interno delle suddette ossa di grandi sacche d’aria diverticolari valide a massimizzarne l’alleggerimento, tali da farne l’uccello maggiormente “pneumatico” conosciuto dalla scienza. Verso la produzione, semplicemente inconfondibile, di un notevole rumore scricchiolante nel momento in cui compie movimenti veloci o si solleva in volo, per i brevi tratti con cui è solito inframezzare la marcia da un sito di foraggiamento all’altro. Al sopraggiungere della stagione degli amori quindi, priva di una collocazione specifica nel corso dell’anno a causa dell’ambiente tropicale d’appartenenza, gli urlatori maschi applicheranno considerevoli energie nell’emissione ripetuta del proprio verso penetrante dalla cima degli alberi, per poi procedere alle sopra menzionate battaglie e dei precisi rituali finalizzati ad attirare l’attenzione della possibile compagna: scuotimenti, sistemazione ripetuta delle penne, sollevamento ritmico della testa. Cui farà seguito, una volta istituita la coppia, la costruzione di un grande nido di rami e sterpaglie, situato a terra e della profondità di 8-10 cm. All’interno del quale la femmina deporrà in genere due uova di color marroncino, che provvederà ad incubare dandosi occasionalmente il cambio col maschio per i successivi 40-50 giorni. Una volta venuti al mondo, già perfettamente in grado di correre e seguire la madre, i piccoli anatroccoli resteranno dipendenti dai genitori per circa un anno.

Gli altri urlatori dell’Amazzonia, pur essendo privi del corno superbo, vantano caratteristiche esteriori non meno distintive tra cui il collo nero ed il rosso caruncolo sopra il becco. Il frastuono prodotto dai loro insistenti richiami, inoltre, pare possa essere persino superiore a quello dell’Anhima.

Non considerati a rischio d’estinzione, neppure a medio o lungo termine nonostante il calo riscontrato della popolazione complessiva di almeno due specie su tre (soltanto l’urlatore meridionale appare stabile in tal senso) queste creature possono fare affidamento sulla particolare vastità del proprio areale e una reputazione nonostante tutto positiva tra gli esseri umani. Che storicamente hanno provveduto, nell’intera area limitrofa dell’Amazzonia, ad addomesticarne alcuni esemplari ponendoli all’interno del pollaio, per poter contare sulla loro indole notoriamente combattiva al fine di proteggere gli altri uccelli da eventuali aggressioni esterne. Una scelta indubbiamente coraggiosa dal punto di vista dell’allevatore, visto il grido assordante che risultano in grado di produrre, di gran lunga più fastidioso rispetto a quello di qualsiasi gallo.
E dopo tutto, perché mai non dovrebbe essere così? Le creature naturali sono il prodotto dei rispettivi ambiti di provenienza. Così come palesemente appariva logico, in un luogo dalla biodiversità tale, visto e considerato il livello non trascurabile del rumorìo di fondo. “Un uccello che non sfiguri nell’Amazzonia, null’altro che questo.” Ribadì la voce fuori campo, rivolta a colui o coloro che impugnavano lo scettro della Creazione. “…Che non sarà certo un club esclusivo. Ma piuttosto un intero quartiere della moda volatile, affine a quel di Tokyo o Parigi per i tuoi invadenti bipedi mangiatori di mele!”

Cantami, o Diva, del Pennuto Achille. “GULP-HOO, QULK-QUOO, QULK-QUOO, YOIK-YOK […]”

Lascia un commento